Omelia (27-06-2021) |
don Mario Simula |
Sovversivo per la vita Il mondo: creature, uomo e donna, sembrano vivere in un'atmosfera di gelo. Il freddo, segno della morte, aleggia come respiro, quasi fosse l'unico ambiente umano. Viviamo il senso continuo della catastrofe imminente. Sembrano chiudersi tutti gli orizzonti della speranza. Per Dio tutto è diverso. Per Dio c'è sempre una possibilità. La storia è sempre tutta da scrivere. E' il messaggio straripante del Libro della Sapienza: "Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Ha creato tutte le cose perché esistano. Le creature del mondo sono portatrici di salvezza. In esse non c'è veleno di morte. La giustizia è immortale. Dio ha creato l'uomo per l'incorruttibilità. L'ha fatto a sua immagine. Se il male esiste è causato dal maligno. Anche da noi se l'egoismo devasta il nostro cuore". La mia vita è avvelenata in molti momenti dalla paura. Dal senso della distruzione. Dall'angoscia che il declino della terra e della vita umana siano irreversibili. Mi chiudo in un fatalismo nero, cupo. Che si trasforma in parole negative. In atteggiamenti rinunciatari. Come se fossi colpito a morte ogni giorno. Il Libro ci urla alle orecchie e al cuore che "Dio è vita". Una vita che abbiamo toccato e visto. Della quale abbiamo sentito il sapore e il profumo di immortalità, contagiato anche a me. Dio dà la vita. Lotta per regalarci una qualità alta della vita. Lo sento cantare al mio essere questo canto universale, al quale sembro restio. Dio insiste. Dio non si dà pace. Dio non ci dà tregua. Gesù è il concertista sublime di questo canto di vita. La gente lo assale e lo stringe da tutte le parti. L'umanità lo avvolge con le sue sofferenze. Tra queste tante persone, cercatrici di vita, ci sono anche io. Con la lanterna fioca alla ricerca di uno spiraglio di luce. Faccio tanta difficoltà a vederne. In mezzo alla calca, un capo della sinagoga si rivolge con la voce rotta dal pianto a Gesù. E' buttato ai suoi piedi come un mendicante moribondo. Lo supplica. Non è una preghiera qualsiasi. E' la preghiera di un padre disperato che cerca speranza. Lo prega con insistenza. Finché Gesù non si accorge di lui, guarda i suoi occhi, registra il suo dramma. "La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva". Mille padri e infinite madri vorrebbero essere protagoniste di questo incontro. Vorrebbero gridare le stesse parole, piangere senza pudore, perché quel pianto è una tonalità dell'amore. Gesù "andò con lui". Così irrompe il Dio della vita nella nostra vita dolorosa e angosciata. Nel percorso popolato di bisogni, compare un "fuoriprogramma". Una donna che da tanto tempo soffriva perdite di sangue e si era dovuta scontrare con l'impotenza dei medici, si avvicina come può a Gesù. Tra sé e sé ragiona: "Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata. E da dietro, nascosta, come sfilata dalla folla, tocca il suo mantello. Subito la vita riprende a fiorire. E' guarita. Tutto è avvenuto nel segreto di un gesto, pensa. In realtà Gesù si è accorto che una forza irresistibile era uscita da lui. Si voltò alla folla dicendo: "Chi ha toccato le mie vesti?". La domanda era assurda, con tutta quella gente incontrollabile. Gesù guarda attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. Gesù cerca l'interlocutrice di un dialogo silenzioso, che passa attraverso la comunicazione del tatto. E del cuore. E della fiducia. La donna. Tremante e impaurita si manifesta, gettandosi ai piedi di Gesù e dice quanto le era capitato. "Figlia, non temere, la tua fede ti ha salvata. Va in pace e sii guarita dal tuo male". Mi immagino di andare verso Gesù con trepidazione e con un po' di paura. Ma con molta fiducia. Vorrei che nessuno sapesse della mia preghiera, del mio amore per Lui, della determinazione fragile con la quale lo seguo. Gesù ha sempre un dialogo aperto con me. Inatteso. Imprevedibile. Con qualsiasi linguaggio. Devo soltanto ascoltarlo. Devo soltanto lasciarmi raggiungere dalla sua "forza" e dal suo sguardo, tutto amore e misericordia. Dove era intanto il capo della sinagoga? Continuava a seguire Gesù in mezzo alla folla. D'improvviso gli arriva la notizia che sembra distruggere sia la speranza, come la vita: "Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il maestro?". Per me esistono queste assenze di battito e di respiro. Tutto è finito. Gesù è dentro un altro modo di pensare. Gesù è un sovversivo che non reclama diritti. Si schiera per la vita. La sua inarrestabile rivoluzione è per la vita. L'alito primordiale che ha dato a tutte le creature la meraviglia di esistere, continua inarrestabile. E' inestinguibile. Quel padre è a pezzi. Cosa conta che sia capo della sinagoga. E' un padre. Ha appena perso un brandello essenziale di se stesso. Gli è stata strappata la figlia. Il suo futuro, la sua speranza. Gesù non conosce la schiavitù della morte. "Tu non temere. Soltanto abbi fede". La fede sfida ogni legge di gravità e ogni legge del limite. Gesù cammina verso quella casa nella quale aleggia l'odore della morte. Va come chi sta per compiere un segno dalle risonanze cosmiche. Il mio piccolo essere è portato in alto come fa l'aquila col suo aquilotto. La meraviglia della vita si coglie dall'alto. Prende con sé Pietro, Giacomo e Giovanni. Come il giorno della trasfigurazione gloriosa. Come nell'orto dell'agonia, tragico perché sa di sangue sudato, di angoscia, di preannuncio di morte. La casa è davanti agli occhi di tutti. Manda canti funebri, lamentazioni male auguranti, lacrime senza cuore e senza luce. Sono lì, nascosto in un angolo. Gesù mi ha scelto perché veda, perché creda, perché speri, perché mi unisca alla sua rivoluzione per la vita. Caccia fuori tutti. La vita non è clamore scomposto. E' mistero da contemplare. E' dono inatteso, ogni giorno. "Perché vi agitate e piangete?. La bambina non è morta. Ma dorme". Tutti lo deridono. Il sublime. L'inatteso. La sovversione radicale e inspiegabile fanno sorridere i "sapienti". Non gli umili. I poveri. Coloro che non hanno altra certezza se non Dio. Si crea l'intimità di un parto. Di una vita che nasce. Di occhi spalancati nello stupore. I protagonisti sono pochi: Gesù, mano tesa in un gesto potente a sfiorare il dito di Adamo. Il Padre della ragazza. I suoi amici. Anche una mamma abbandonata e sola, in balia di se stessa partorisce in un angolo riservato. Contemplando e piangendo. La rivincita della vita è davanti ai nostri occhi. Semplice e tenera nei gesti. Senza clamori. Senza occhi indiscreti. Gesù prende la mano della bambina e le dice: "Talità kum. Fanciulla, io ti dico: alzati!". Non sentite la soavità imperiosa della voce e della parlata di Gesù nella sua lingua materna e paterna? Subito la fanciulla si alzò. Tanti adolescenti, ragazze e ragazzi, aspettano Gesù di Nazareth che li prenda per mano e sussurri per loro: "Talità kum! Ragazza mia, ragazzo mio: alzati! Scuotiti di dosso la morte. Ama la vita entusiasmante che ti abita. Non ascoltare ogni portatore di morte che ti sorride addosso con sarcasmo, offrendoti promesse ingannevoli. Ama la vita. Dammi la mano. Alzati". La fanciulla camminava, camminava e camminava: una strada davanti a sé, senza orizzonti squallidi. Una strada aperta. Non l'ultima spiaggia. Una strada tra le molte possibili che Dio offre. Era una dodicenne. Ragazzi e ragazze del futuro, non permettete a nessuno che vi rubi il futuro. Insieme apriamo le porte a Cristo. L'unico sovversivo che può dirci: "Talità kum!". Gesù conclude il suo dono con la tenerezza di una madre: "Datele da mangiare!". Gesù, cosa conta che ormai abbia tanti anni e abbia lasciato l'adolescenza alle spalle. Sono stato adolescente. Ricordi? Ricordi quanto ero vivo, fino ad essere inopportuno? Mi perdevo per tanti grovigli, come chi stava cercando la sua vita, il senso della sua vocazione ad esistere. Mi avvicinavo e mi allontanavo da te, senza riguardo. In certi momenti con insolenza. Tu, Gesù, mi leggevi nell'anima con una delicata passione e con uno stupore così premuroso che certe volte rimanevo senza parole. Sono caduto a terra molte volte. Mi sono perso lungo i desideri più strani. Come ogni adolescente "fuori di testa", cioè normale. Non ti ho mai visto disperato sul letto delle mie morti. Ho potuto sempre sentire il calore della tua mano che stringeva la mia e mi sussurrava o mi gridava, adesso non ricordo, "Talità kum!". Come potevo rimanere su quel giaciglio funebre, quando la tua ribellione alla morte ricadeva su di me come un uragano, come un vento incontrollabile, come un fuoco inestinguibile? E' venuto il giorno, e non è mai passato, nel quale mi hai detto nella tua lingua: "Talità, kum?". Con un punto di domanda. Perché opponi resistenza al mio grido di vita? Alzati. Oggi, come ieri, il sangue dell'amore non conosce i rigurgiti dell'anarchia. Ha trovato le strade giuste del cuore. Tu, Gesù, mio primo e unico amore. Un amore che non conosce limiti di spazi e di tempo. Un amore popolato dal silenzio stupito dell'intimità di una casa, di una comunità. Mi alzo. Tu lo vuoi. Camminerò con te. Mangerò il pane semplice che mi offri. La vita è tutta davanti. E' la tua vita che della vita sei il Signore, il donatore sovversivo. |