Omelia (27-06-2021)
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COMMENTO ALLE LETTURE
Commento a cura di don Eduard Patrascu

Il Vangelo della scorsa domenica, quello della tempesta sedata, lasciava intravvedere una specie di disorientamento da parte dei discepoli per la capacità di Gesù di ordinare persino alle forze della natura - nella fattispecie il mare e il vento - e queste gli hanno obbedito, calmandosi. I discepoli, alquanto sbalorditi, si chiedevano: "chi è costui che il vento e il mare gli obbediscono?", e con questa domanda finiva il vangelo la scorsa domenica lasciando intravvedere della caratteristiche sovrumane, o meglio, divine di Gesù.
Il vangelo di questa domenica continua questa idea e ci dà l'occasione di ricordare ancora una volta il fatto che Gesù è uomo, ma è allo stesso tempo Dio. E in questa doppia identità, è padrone della vita e della morte.
Se i discepoli, durante la tempesta sul mare, si lasciano avvolgere solo dalla domanda su chi è Gesù, non trovando - sembra - una risposta, non può non colpire l'atteggiamento della donna malata e anche di Giairo. La donna nella sua disperazione non pretende nemmeno che Gesù le rivolga lo sguardo o l'attenzione, tanto meno di parlarle o farle qualcosa. É cosi tanto convinta che Gesù la può guarire che arriva a credere che le basta solo toccare la veste di Gesù per ottenere la guarigione, prima che questi faccia qualcosa per lei. Davvero una grande e autentica fede. Si riscontra in questa donna quello che Gesù dirà nel cap. 11: "tutto quello che chiedete nella preghiera, credete che lo avete ricevuto già e vi sarà dato". Ecco, questa donna ha attuato proprio questo. I medici ai quali la donna era andata non erano riusciti a guarirla, per cui magari nessuno dei suoi contemporanei credeva che Gesù poteva fare questa guarigione, lei invece sì. Andava controcorrente... ciò che una fede autentica incoraggia a fare.
In questo senso agisce anche Giairo. Possiamo immaginare che, in quanto capo di una sinagoga, aveva cercato i metodi classici per la guarigione di sua figlia. Pare che non ha trovato neppure lui alcuna soluzione medica. Deve aver vissuto un processo interno molto duro visto che lui, da capo della sinagoga, ricorre a Gesù. Avvolto anche lui probabilmente della disperazione, abbandona qualsiasi schema diplomatico e si rivolge a Gesù. Anche Giairo, quindi, va controcorrente. E va fino in fondo con questa fede controcorrente: quando alcuni gli vengono a dire che sua figlia è morta a aggiungono ironicamente di non disturbare più il Maestro (il colmo dell'ironia dispregiativa sarà quando arriveranno alla casa di Giairo) perché comunque Egli non può più fare nulla. All'invito di Gesù di non temere e di credere soltanto, Giairo sceglie di andare fino in fondo, nella sua intuizione che Gesù poteva fare ciò che nessun uomo poteva fare... e va con Gesù, nonostante tutto: i sorrisi ironici della gente che erano già alla casa di Giairo piangevano la morte della figlia. Giairo sembra non sentire e non vedere null'altro che Gesù. E quest'atteggiamento di fede profonda sarò ricompensato dall'azione straordinaria di Gesù che con due semplici e brevi parole fa ritornare alla vita la figlia. Non ci viene detto la reazione concreta né di Giairo, né dei discepoli, né della gente: semplicemente ci è dato sapere che "essi erano presi da grande stupore". Si può però immaginare che questo stupore non confluisce nella fede e magari ci si può domandare perché.
Forse è proprio questa la sfida del vangelo di questa domenica: cosa occorre fare per avere una fede autentica e non restare solo sulla soglia dello stupore o della domanda?