Se non ti scandalizza è motivo di gioia
Era per loro motivo di scandalo. Questo il centro del vangelo di oggi, questo l'impatto che Gesù ebbe, ha e avrà ancora su molti che a Lui si avvicinano. Perché Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre (Eb 13,8). Il Signore annunciò le sue beatitudini all'interno di un discorso che ne faceva l'elenco (cfr. Mt 5,1-12 e Lc 6,20-23). Ma ci furono altre 3 beatitudini che proclamò in momenti diversi della sua vita. Una di esse fu proclamata un giorno in cui improvvisamente, mentre spiegava alcune leggi spirituali, una donna esclamò ammirata: beato il grembo che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte! - Gesù subito replicò: beati piuttosto quelli che ascoltano la parola di Dio e la osservano! (Lc 11,27-28) Un'altra fu proclamata nella celebre 2a apparizione da risorto dentro il cenacolo quando, venendo in soccorso alla debolezza di Tommaso, alla sua professione di fede esclamò: perché mi hai veduto hai creduto; beati quelli che pur non avendo visto crederanno! (Gv 20,29) Un'altra ancora la troviamo alla fine della risposta che Gesù diede alla domanda dubbiosa di Giovanni Battista portatagli dai suoi emissari: beato colui che non si scandalizza di me (Mt 11,6). Dunque davanti a Gesù abbiamo persone che si scandalizzano e persone che non si scandalizzano. Ma per quale motivo ci si scandalizza e ci si scandalizzerà ancora di Gesù?
Il testo di Marco ci rivela che la sostanza dello scandalo consiste in un improbabile connubio tra la potenza/sapienza di Dio e l'umanità così semplice di Gesù. Nella testa e nel cuore dei nazareni queste due realtà non riescono ad unirsi: per loro non è possibile che stiano insieme. Una volta, alla fine di una celebrazione eucaristica un uomo mi si avvicinò dicendo: "bella la sua omelia padre, un esempio di capacità di comunicazione e di conoscenza delle sue leggi. Che master ha fatto? In quale università lo ha fatto?" - Gli risposi: "nessun master: se la mia omelia le ha fatto bene vuol dire che ha sperimentato l'azione dello Spirito Santo". Ma quell'uomo mi guardò perplesso e poi incredulo quando, alla sua insistenza, gli ribadii che non avevo fatto alcun percorso di specializzazione in materia. In paese Gesù era conosciuto come il figlio del falegname. Non c'erano su di Lui titoli di studio o credenziali particolari che lo precedessero. Anzi, lo scandalo è tutto lì, in una conoscenza approssimativa che si voleva ergere a conoscenza assoluta solo perché si viveva da tanto tempo a braccio, perché si conosceva con precisione l'intero entourage familiare e perché si sapeva cosa faceva nel suo lavoro (Mc 6,2b-3).
I suoi concittadini prima si meravigliano, poi sono scandalizzati perché la sapienza e la potenza di Dio si manifestano in un uomo che pensano di conoscere bene. Lo stupore investe inizialmente anche loro (Mc 6,2a), ma non riescono ad accogliere e lasciarsi afferrare dalla inaudita novità di Gesù. In fondo, se ne impossessano nel definirlo come qualcuno di noto. Il cristianesimo è una fede religiosamente scandalosa, perché si fonda sulla debole carne di Dio che, a parte il peccato, si è sottoposto a tutta la condizione umana fatta di fatica, bisogni, di lavoro, di riposo, di relazioni, di vita e di morte. Tertulliano lo disse con questa massima: caro salutis cardo, cioè, la carne umana è il cardine della salvezza, perché questa viene dal toccare con fede la carne di Gesù. Non ci salva essere semplicemente dei suoi, appartenere alla sua chiesa. Come i nazareni, anche i cristiani possono illudersi di sapere tutto su Gesù e rimanere invece in una conoscenza solo apparente. Affermare di credere che Gesù è Dio può essere facile, ma credere che Dio è l'uomo Gesù di Nazareth non è affatto ovvio.
Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua. Non solo a Nazareth ma ovunque, anche nella sua chiesa, Gesù è un Dio rifiutato perché la sua sapienza e azione continua ad essere solo quella dell'amore. È strano, ma è così. Noi lo vorremmo diverso, con prerogative che ci piace tanto ricamargli addosso come un vestito, ma che non gli appartengono. Il nostro "identikit" non ha niente a che fare con Lui. Ricordo quella volta a un corso di evangelizzazione per giovani preparato da giovani. Nella scenografia dell'ambiente i ragazzi allestirono una immagine di Gesù con le sembianze dell'eroe Superman: con un sacerdote gesuita ordinammo subito di rimuovere il disegno fuorviante. Fecero così anche alcuni writers con papa Francesco da poco eletto su alcuni muri del Vaticano. Li fece subito cancellare. Nello stesso tempo, non ci piace che Egli rivesta le nostre prerogative, quali la debolezza, la vulnerabilità, i limiti, la fallibilità, di cui faremmo volentieri a meno. Quello che di noi scartiamo e disprezziamo, proprio quello ha attirato e portato il Signore ad amarci fino alla croce. Non bisogna mai dimenticare che noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani (1Cor 1,23). Ma se non ci scandalizziamo di chi è veramente, il Signore ci proclama beati: vuol dire che per noi è diventato motivo di gioia.
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