Omelia (11-07-2021) |
diac. Vito Calella |
Insieme siamo missione L'essere "missione" in coppia «Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due» (Mc 6,7a). Il camminare in coppia è la prima testimonianza che i Dodici apostoli comunicarono nell'esordio della loro esperienza di missionari. L'andare a due a due incoraggia reciprocamente perché uno aiuta l'altro; ciò che uno annuncia può essere confermato dall'altro e si riduce il rischio che uno proponga un contenuto eterodosso. Ma la pratica missionaria di essere inviati in coppia ha soprattutto il valore di accompagnare l'annuncio verbale della predicazione con la testimonianza di comunione fraterna, cioè di quell'unità nella carità che c'è tra i due missionari. Tale comunione riflette il loro essere rappresentanti inviati di una famiglia più grande. Prima della morte e risurrezione di Gesù questa famiglia era costituita dal Maestro e dal gruppo istituito dei Dodici, attorniato da una cerchia più ampia di discepoli; dopo la morte e risurrezione di Gesù questa famiglia più grande viene chiamata "chiesa". Tale comunione, rappresentata dall'essere in coppia, riflette inoltre la testimonianza gioiosa del mettere in pratica, nelle relazioni interpersonali, i valori del regno del Padre, inaugurato dalla dall'agire potente in parole ed opere di Gesù, che possiamo sintetizzare nei termini di amore e pace. In questo senso è illuminante il salmo 85 (84), che abbiamo pregato oggi. Canta la promessa di «Verità [che] germoglierà dalla terra» e di «Giustizia [che] si affaccerà dal cielo» (Sal 85 [84],12). La coppia «Verità-Giustizia» preannuncia la realizzazione del mistero dell'incarnazione. Gesù è il Verbo eterno del Padre, venuto ad abitare in mezzo a noi, fattosi carne (Gv 1,14), veramente uomo («germogliato dalla terra»), giustamente di natura divina («affacciatosi dal cielo» sulla nostra umanità). Egli è venuto a proporre il regno del Padre, caratterizzato da relazioni umane di «amore e pace», fortemente correlate alla verità e alla giustizia che caratterizzano la sua identità di Figlio di Dio. "Insieme siamo missione" come testimoni del regno di Dio ma in atteggiamento di conversione Gesù aveva dato inizio alla sua missione pubblica con il seguente annuncio: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo» (Mc 1,15). Le sei coppie dei suoi apostoli, all'iniziare la loro attività missionaria seguirono l'esempio di Gesù, ma l'evangelista Marco fa notare che essi non annunciavano verbalmente, come Gesù, che «il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino»; ponevano l'accenno solo sulla proposta di conversione: «Essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse» (Mc 6,12). Perché questa omissione? Perché il loro essere stati scelti da Gesù e il loro stare con Lui (Mc 3,13-19) li rendeva testimoni del regno di Dio più con le loro azioni che con la loro predicazione. Cioè, ogni coppia di apostoli inviata a evangelizzare diventava umilmente la visibilità del regno del Padre annunciato da Gesù e che si stava realizzando nei villaggi di Galilea. Ma per essere questo segno visibile del regno di Dio con la loro testimonianza di vita condivisa, essi stessi dovettero imparare ad assumere un atteggiamento continuo di conversione. "Insieme siamo missione" convertendoci alla sobrietà per lasciar agire il potere di Cristo Le disposizioni a seguire del racconto evangelico possono indicarci cosa significhi concretamente "essere insieme missione" in costante atteggiamento di conversione. Non è scontato che il presentarsi alla gente come missionari due a due, o in èquipe, irradi nei destinatari la testimonianza dell'amore e della pace. Amore e pace si irradiano dall'agire sinodale di ogni coppia missionaria, a condizione che i discepoli di Gesù, insieme, scelgano la sobrietà per far prevalere in loro il potere conferitogli dal Maestro. In primo luogo: il potere di Cristo «Gesù dava loro potere sugli spiriti impuri» (Mc 6,7b). Prima di tutto viene il dono gratuito del conferimento del «potere sugli spiriti impuri», procedente da Gesù stesso. Nel contesto culturale dell'epoca di Gesù e in quello di tanti popoli tuttora esistenti ogni tipo di infermità era ed è ancora oggi considerata "possessione di qualche spirito immondo". Molti fenomeni che un tempo erano interpretati come "possessioni demoniache" oggi trovano spiegazione e possibilità di soluzione grazie al sapere scientifico. Ciò non diminuisce l'incidenza del male nella nostra esistenza e l'agire divino per sconfiggerlo. Noi, pur condizionati dalla fragilità della nostra condizione umana, possiamo collaborare dando tutto il nostro contributo di capacità individuali e conoscenze scientifiche. Ma solo Dio ha il potere di scrivere dritto sulle righe storte dei mali causati da noi, umanità. Noi cristiani, illuminati dall'evento centrale della morte e risurrezione di Gesù, oggi crediamo che il «potere sugli spiriti immondi» corrisponde al dono gratuito dello Spirito Santo offerto dal Cristo risuscitato a tutta l'umanità, ed è la forza unitiva e liberante della gratuità dell'amore divino. Si tratta di scoprirla in ciascuno di noi riconoscendo la signoria di Cristo morto, sepolto e risuscitato. La presenza in noi dello Spirito Santo ci permette di vivere in continua tensione tra una vita secondo la carne ed una vita secondo lo Spirito, consapevoli che è più potente in noi la forza dello Spirito Santo di fronte all'insieme di tutte le energie umane spesso canalizzate alla difesa esclusiva del nostro "io", che si trasformano in forze demoniache (cf. Gal 5,19-27). L'impurità che affligge l'uomo, dirà Gesù nel Vangelo di Marco, nasce dall'esercizio della sua coscienza individuale auto-centrata e dalle sue scelte libere, ma egoistiche, che possono causare situazioni divisive e irrispettose della dignità umana degli altri: «Ciò che esce dall'uomo è quello che rende impuro l'uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. 23Tutte queste cose cattive vengono fuori dall'interno e rendono impuro l'uomo» (Mc 7,20-23). La conferma del dono gratuito della potenza dello Spirito Santo in tutti noi ci è stata offerta dall'inno Cristologico di Ef 1,3-14 che canta la nostra gratitudine per essere stati benedetti dal Padre, in Cristo Gesù, per essere partecipi di tutti i frutti del potere divino dello Spirito Santo: la remissione dei nostri peccati, la nostra adozione a figli amati, la nostra missione a contribuire affinché tutta l'umanità scopra la centralità di Cristo, Signore di tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra e la nostra gioia di essere discepoli della Trinità lasciandoci guidare nel discernimento della volontà del Padre dal dono della parola di Dio. In secondo luogo: la sobrietà di noi, suoi discepoli missionari Abbiamo ascoltato le disposizioni date da Gesù prima della partenza degli apostoli per l'esperienza missionaria (cf. Mc 6,8-10). In quella circostanza potevano essere disposizioni eseguite alla lettera, perché si trattava soltanto di una breve esperienza, quasi uno stage missionario. Per noi cristiani, chiamati ad essere testimoni dell'annuncio pasquale di Cristo e volendo far prevalere in noi il potere della grazia, cioè dello Spirito Santo già presente in noi, quelle disposizioni di Gesù di Nazaret risuonano come un appello alla sobrietà. Soffochiamo lo Spirito Santo in noi se ci vogliamo premunire di ogni genere di sicurezza materiale prima di deciderci ad essere suoi testimoni per le strade del mondo. Dubitiamo dell'esserci provvidente del Padre unito al Figlio nello Spirito Santo se il nostro cuore continua a ricercare comodità, sistemazioni di ospitalità più favorevoli, calcoli di previsioni e programmi troppo predefiniti prima di voler diventare "missione" nel nome di Cristo Signore. La sobrietà è sinonimo di libertà del cuore da tanti possibili legami che soffocano l'azione potente dello Spirito Santo. "Insieme siamo missione" tra accoglienza e rifiuto L'essere missione nel nome di Cristo comporta la perseveranza nell'ora del rifiuto. Gesù avverte le coppie di apostoli che possono essere accolti, ma anche rifiutati: «Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro» (Mc 6,11). Come il fango o la polvere si attaccano o attecchiscono alle vesti, ai sandali, ai piedi, al corpo dell'uomo pellegrino, così è anche la parola di Dio annunciata e testimoniata dai missionari: vuole attecchire come la polvere e il fango nella vita di chi si sente un pellegrino in ricerca della verità e della vera gioia. Chi rifiuta la proposta del Vangelo è come uno che si assume la responsabilità di rimanere accomodato nelle sue cose simbolizzate dalla sua casa non accogliente. Il rifiuto della proposta evangelica da parte di tanti non impedisce la continuità dell'essere insieme missione nel nome di Cristo per le strade del mondo. |