Omelia (11-07-2021)
fr. Massimo Rossi
Commento su Marco 6,7-13

Storie di vocazione.
Storie di uomini poveri, ignoranti, che non rappresentavano alcuna classe sociale, tantomeno la nobiltà, o l'aristocrazia del loro tempo. Dio non fa differenza di persona, tuttavia i protagonisti di queste storie non erano nati a palazzo e non frequentavano i salotti bene della città.
Qualcuno potrebbe rinvenire in questo particolare il motivo del rifiuto manifestato dalle autorità politiche e religiose nei confronti dei testimoni della fede... Ma sarebbe un errore: ciò che fa salire il sangue alla testa ai notabili del paese non è l'identità del profeta, ma il contenuto del suo annuncio. Ed è naturale, chiunque sfida l'establishment rilevandone i vizi, soprattutto le finzioni e l'ipocrisia, si mette contro il sistema, e si vota all'eliminazione.
Il 3 di giugno, la Chiesa ha ricordato i martiri dell'Uganda, una schiera di uomini e donne uccisi a metà dell'800 in spregio alla fede: nella lettera di canonizzazione, con la quale Paolo VI li elevava agli onori dell'altare, il Santo Pontefice non citò solo i martiri della Chiesa di Roma, ma anche quelli di confessione protestante, i quali sono accomunati dallo stesso destino, perché condividono la stessa fede nel Cristo. Ma anche coloro che non confessano la fede cristiana, eppure alzano coraggiosamente la voce contro i vizi della società, e per questo la società li uccide, anche costoro possono considerarsi martiri della storia sacra e non sacra che tutti ci coinvolge e tutti ci interpella sul bene comune da perseguire e sul male comune da denunciare.
È la sorte del profeta Amos, di cui si parla nella Prima Lettura, tratta dall'omonimo libro: nativo di un villaggio vicino a Betlemme, Amos visse tra il 783 e il 753 a.C., quando Geroboamo II sedeva sul trono di Israele. Ebbe il merito, o la colpa, di richiamare l'attenzione pubblica sulla corruzione della classe sacerdotale e la contaminazione del culto.
Non è una novità che i profeti ce l'avessero su con le autorità religiose, accusate di aver progressivamente allontanato il vero culto dalla vita; il sacro conviveva con il profano senza che nessuno ne denunciasse l'ipocrisia. I ministri dell'altare erano gli stessi che fuori dal Tempio affamavano le vedove e gli orfani, e si arricchivano con i proventi monetari, o di altra natura, confluiti nel tesoro del Tempio.
A proposito, Papa Francesco ha recentemente pubblicato la Costituzione Apostolica "Pascite Gregem Dei", con la quale riforma le sanzioni penali irrogate dal Codice di Diritto Canonico, contro i ministri di culto, in materia sessuale, ma anche economica: segno che i vizi stigmatizzati dai profeti contro la Casa di Israele, sono presenti anche oggi nella Chiesa...

Venendo ora al Vangelo; Marco ci racconta la chiamata dei Dodici e la (loro) missione a predicare.
Per dovere di precisione, la predicazione della Parola è menzionata, sì, ma quasi per accidens... L'evangelista insiste invece sull'attività di guarigione, in particolare, il potere sugli spiriti impuri.

Gran parte del testo è dedicata alla descrizione delle modalità dell'annuncio; in particolare, viene canonizzata la mendicità dell'apostolo: "Non prendete per il viaggio nient'altro che un bastone; né pane, né sacca, né denaro nella cintura; calzate (un solo paio di) sandali, e non portate due tuniche.".
Se consideriamo il fatto che Marco scrisse intorno al 70 d.C. l'insistenza su questi aspetti apparentemente di contorno rispetto al ministero apostolico, significa che lo scrittore ispirato intendeva impostare quello che nei secoli sarebbe diventato lo stato clericale, in modo da evitare la piaga della corruzione, e, nei casi conclamati, reprimerla in modo deciso e senza indulgenza.
Del resto, lo stesso Maestro di Nazareth si era scagliato contro questo problema più e più volte, e per questo le autorità religiose avevano immediatamente manifestato il loro dissenso, divenuto presto ostilità aperta, e infine aut aut: "o noi, o lui!"...

Sarebbe tuttavia esagerato ridurre il Vangelo di questa XV domenica a un codice etico di comportamento per i preti presenti e futuri. Il tema centrale è, e sempre sarà la conversione: ma non possiamo predicare la conversione al mondo, se non siamo a nostra volta dei convertiti!
Anche questo è un tema - la conversione del ministro, dell'apostolo - già presente, secoli e secoli prima di Cristo, nella predicazione dei profeti.
Oggi si sente dire spesso che il messaggio cristiano parte e arriva a segno nel cuore della gente, se il predicatore vive, lui per primo, in conformità con ciò che predica.
A questo proposito vorrei raccontarvi un episodio tratto dalla vita del nostro santo Fondatore, Domenico di Guzman, il quale ottenne dal Papa l'incarico di recarsi a predicare in una zona infestata dall'eresia, ove gli abitanti che avevano aderito alle dottrine errate di taluni predicatori, vivevano alla lettera la povertà evangelica: la delegazione pontifica alla quale Domenico si sarebbe unito strada facendo, era composta da Cardinali, Abati e alti dignitari del Clero romano, riccamente agghindati, e viaggiavano sulle loro eleganti cavalcature. Quando Domenico li vide, fermò la carovana, li fece scendere da cavallo, e chiese loro di deporre le vesti nobiliari... "Non si può annunciare il Cristo povero comodamente seduti in sella, ricoperti di velluti, broccati e pietre preziose, a gente che non ha il pane da mangiare...". I Delegati del Papa accolsero di buon grado l'esortazione del giovane prete spagnolo e portarono felicemente a termine la missione.

Mi rendo conto che il discorso sulla povertà della Chiesa può rivelarsi un'arma a doppio taglio e si può ritorcere contro coloro che parlano, a cominciare dal sottoscritto...
E sia, correrò, correremo il rischio. La Chiesa, santa e peccatrice, è (sempre) in perenne stato di conversione. Il cammino verso la perfezione evangelica non è mai finito. Il Tentatore non riposa mai. Vi sembrerà un controsenso, ma il mondo delle tenebre è tuttaltro che buio...
Pregate per noi!
GRAZIE.