Omelia (11-07-2021) |
don Michele Cerutti |
Domenica scorsa abbiamo iniziato a tratteggiare l'identikit del profeta. La profezia abbiamo detto è una consegna che ci viene fatta nel battesimo. In forza di questo sacramento siamo tutti popolo sacerdotale, popolo regale e popolo profetico. Il profeta viene inviato dal Signore e molto spesso il suo messaggio non viene accolto e provato perché non monti in superbia. Il profeta non viene accolto perché a volte è costretto a essere la voce scomoda di Dio come nel caso di Amos il profeta che la liturgia ci presenta questa domenica. Egli non viene scelto per le sue conoscenze e per la sua eloquenza. Amos è un mandriano, un coltivatore di sicomori, eppure, viene scelto in questa missione di denuncia delle ingiustizie che sono perpetrate nel popolo di Israele. Se pensiamo alla storia della salvezza alcuni erano balbuzienti come Geremia. Il Signore si avvale di pastori per annunciare la nascita, mentre il messaggio della Risurrezione è stato preso in consegna dalle donne che non venivano considerate nella cultura del tempo. E' proprio vero quello che ci diceva Paolo: E' quando debole allora che sono forte. L'apostolo delle genti questa domenica ci offre l'identità di Gesù proprio per annunciarlo chiaramente. Il contesto in cui si muove Paolo è quello successivo alla morte di Gesù in quelle comunità post-pasquali dove si sente la necessità di indicare chi è il Messia. Paolo mette in evidenza la preesistenza da un lato e il fatto che tutta la creazione tende a Lui. Serpeggiavano in quelle comunità le prime eresie. L'apostolo ci offre delle indicazioni preziose per mettere in evidenza in maniera chiara la figura di Gesù, come unito al Padre. Da Paolo impariamo che colui che annuncia non deve mai annacquare la Parola, ma aver chiaro il fondamento. Così tutti i discepoli hanno questo compito. Lo dice il brano evangelico nei versetti finali dove si dice che proprio i discepoli esortavano alla conversione, come via per la salvezza e senza compromessi. Ogni annuncio deve spingerci a questo. Lo stile con cui avviene la missione lo indica in questo brano Marco. Da un lato l'evangelista richiama all'essenzialità che nasce dal fatto che il discepolo è inviato da Gesù stesso. Marco mette in evidenza il fatto che Gesù chiama i suoi prima di tutti perché stiano con Lui. Da questo discende lo stile essenziale perché nella missione solo Cristo deve bastare. Un altro aspetto che si mette in evidenza è che la proposta evangelica non va imposta, ma va proposta. Se non è accolto il messaggio evangelico non bisogna insistere. Il cristianesimo non va avanti per proselitismo, ma per attrazione. E' Dio che converte e noi siamo solo piccoli strumenti che si offrono agli uomini per indicare la strada. |