Omelia (18-07-2021) |
mons. Roberto Brunelli |
Per non sentirsi sbandati e persi Nelle letture di oggi troviamo la celebre profezia del germoglio: "Ecco, verranno giorni - così dice il Signore - nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto, che regnerà da vero re e sarà saggio ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra". Troviamo l'oracolo nel libro del profeta Geremia, e in particolare nel brano (23,1-6) che se ne legge oggi; parole celebri, specie per l'immagine del germoglio con cui si annuncia nella discendenza di Davide, dopo tanti re da dimenticare, finalmente uno giusto e saggio. Su un tronco vecchio e inaridito spunterà un germoglio, una nuova vita: e Germoglio è uno dei nomi con cui si designava l'atteso Messia. Seicento anni dopo Geremia, il germoglio è sbocciato nella figura di Gesù Cristo: in quanto uomo, discendente di Davide; in quanto Dio, giusto e saggio; vero re, di un regno senza confini né di tempo né di spazio. Dietro le parole di Geremia si prospetta dunque la maestosa immagine di Cristo Re: che gli si addice, ma non è quella con cui Gesù si presentava abitualmente nei giorni della sua vita terrena. Egli appariva invece umile e povero, all'occorrenza giustamente severo ma di norma buono, compassionevole: consolava gli afflitti, guariva i malati, moltiplicava pani e pesci per nutrire chi lo seguiva, eccetera. La sua non era la nostra commozione, così spesso superficiale e sdolcinata; egli si faceva carico della situazione che aveva di fronte, e ci si dedicava con fattivo impegno. Ne dà una doppia dimostrazione il brano evangelico odierno (Marco 6,30-34). La prima riguarda gli apostoli, da lui mandati a due a due a predicare, come abbiamo sentito domenica scorsa; al loro ritorno essi "gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato" ed egli, con un gesto non dovuto che attesta la sua squisita sensibilità, disse loro: "Venite in disparte voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po'". Il lavoratore ha diritto al suo stipendio, si legge in altra parte della Scrittura; qui, viene da aggiungere: "...allo stipendio e al giusto riposo". Non tutti potranno, neppure quest'anno, andare al mare o in montagna; ma tutti hanno diritto a un periodo di riposo. I cristiani poi sanno che ferie e vacanze non consistono nell'inebetirsi sotto il sole o davanti alla tivù, e men che meno nel logorarsi mente e corpo nella frenesia di pratiche da selvaggi; sono invece un tempo prezioso, una possibilità di autentica ricreazione: ri-creazione, cioè rinnovamento, ricupero di quanto si è perso, sul piano fisico come su quello spirituale. Gesù invita gli apostoli al riposo, ma presta attenzione non soltanto a loro. "Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ed ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose". Ha compassione della folla, non perché composta da malati da guarire o poveri da nutrire e vestire; la sua compassione è motivata da altre necessità; in ogni caso, egli non può restare indifferente e allora, riprendendo un paragone frequente nella Bibbia, anche in questo caso si pone nell'atteggiamento del buon pastore. Davanti a sé trova un gregge abbandonato, sbandato, che non sa in quale direzione muoversi: i tanti che vivono alla giornata, come capita, senza neppure chiedersi perché sono al mondo. E allora per quelle pecore senza pastore egli non fa miracoli, ma dà loro quello di cui hanno bisogno: una guida, un orientamento che dia senso a opere e giorni. "Si mise a insegnare": nella sua semplicità, questa espressione nobilita l'impegno di maestri e professori; quanto al Maestro che sulle rive del lago di Galilea individuò quello di cui aveva davvero bisogno chi gli stava davanti, e glielo diede, anche noi possiamo sapere ciò che disse, parola per parola. Sta stampata nell'aureo libretto chiamato vangelo. Chissà: dando un senso al tempo estivo del riposo, dedicarne un briciolo a quel libretto forse aiuta a non sentirsi sbandati e persi. |