Omelia (18-07-2021)
don Mario Simula
Né dispersione né rimpatriata

In alcuni momenti della storia delle nostre Chiese si fa l'esperienza di essere sommersi sotto macerie di una solitudine senza vita. Stanchezza, ordinaria amministrazione, tentativi poco profondi di rinnovamento ci imprigionano.

Non riusciamo proprio a venir fuori dalle sabbie mobili che ci risucchiano?

Ci prende l'affanno delle soluzioni che non intaccano la vita della gente, le sofferenze nascoste o palesi, i segnali di speranza. Siamo incatenati ad "una nostra" visione della realtà e delle cose.

Il profeta Geremia fa questa constatazione, accompagnandola con un "guai" doloroso verso "quei pastori che fanno perire e disperdono il gregge del pascolo del Signore"
.

Senza mezzi termini la sua parola, che è Parola di Dio, si fissa su una constatazione di fatto dolorosa e colpevole: i pastori non hanno accompagnato con amore e premura il popolo di Dio, non se ne sono preoccupati, hanno scacciato e disperso le pecore.

Il Signore Dio opera al contrario. "Con il suo braccio raduna il gregge; porta gli agnellini sul petto e conduce pian piano le pecore madri".


Radunerà Lui stesso il resto delle pecore e le farà ritornare ai loro pascoli. Anche se sono "un resto".
Esse non avranno più paura. Soprattutto non se ne smarrirà più nessuna.

Sarà loro pastore un germoglio giusto che avrà questo nome: "Signore-nostra-giustizia".

Chi è il germoglio promesso?

E' Gesù che Paolo annuncia come "unione, comunione, incontro, superamento delle divisioni e delle barriere".
Di due popoli Gesù farà un popolo solo: Lui unico pastore, noi un solo gregge.

Da lontani diventiamo vicini.

Lui è la nostra pace che abbatte i muri di divisione, l'inimicizia che serpeggia nel nostro cuore.

Saremo in Gesù un solo corpo, in un solo Spirito. Cadranno le fratture e i "partiti".

L'azione di Gesù che costruisce pazientemente la comunione, in un periodo di smarrimento e di dispersione, ci restituirà la gioia genuina che provano gli apostoli quando, al ritorno da una missione per il Vangelo, raccontano al Maestro le meraviglie compiute con la parola e con le opere dell'amore.

I discepoli sono certamente stanchi. Conosciamo la stanchezza appagante di chi ha dato tutto per gli altri e si sperimenta felice per il servizio reso, senza risparmio, senza la ricerca di un utile personale, privo di compiacimenti umani per essere stati inutili manovali del Vangelo.

I discepoli sono certamente stanchi perché si sono spesi e non hanno girato a vuoto, annoiati. La loro cura pastorale non si era limitata al minimo indispensabile, piena di distanze e di burocrazia.

I discepoli sono stanchi come chi ha donato in sovrabbondanza e con gaudio e non per semplice senso del dovere. Se facciamo le cose solo perché dobbiamo farle, viene meno in noi la gioia e la passione.
Questo rischio può raggiungere il cuore di ogni discepolo di Gesù.

Gesù ascolta con grande interesse e tenerezza il racconto semplice dei suoi amici.

La sua felicità fa nascere in lui una proposta di attenzione traboccante di premura nei loro confronti.

"Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po'".

L'infaticabile disponibilità del credente al quale stanno a cuore tutti i fratelli e le sorelle, anche lontani, ha bisogno di staccare per un attimo. Esige momenti di amicizia delicata, riservata, luminosa. Chiede il luogo di pace e di deserto. Non ci si riposa cercando distrazioni o evasioni. Ci si riposa stando nella calma. Rallentando i ritmi. Ritrovando energia nell'intimità col Signore Gesù e tra di noi.

Un'esperienza di vita così rigenerata, non ci fa dire: "Andiamo a cercare la gente", con l'obiettivo di "fare numeri" o alla ricerca di soddisfazione in tempo di delusioni.

Questa esperienza con Gesù è una calamita che attrae la gente.

Anche chi è lontano trova, senza saperlo, il respiro di Dio. E ci precede all'altra riva. Felice e implorante.

Riparte allora l'avventura di fede e di amore. Sperimentiamo ancora la compassione di Gesù, il quale vede nella grande folla infinite pecore senza pastore.

Venute a piedi da tutte le parti, non le abbiamo cercate a caso. La Bella Notizia dell'amore le ha fatte ritrovare insieme. Il desiderio di Dio le ha conquistate. Anche attraverso il "credente".


Gesù, sono con te in un luogo in disparte, per riposare un po'.

La tua delicatezza mi cattura il cuore. Ancora e come sempre, tu sei il più attento, il più raffinato interprete del mio cuore, dei suoi bisogni, dei suoi momenti di affaticamento e di stanchezza. Nulla ti è nascosto dei miei segreti: buoni o miseri.

Siamo in disparte e mi guardi, senza volermi provocare. Senza arroganza. Quasi timoroso di offendere la mia suscettibilità.

Vorrei abbassare gli occhi. Eppure mi attirano i tuoi occhi. In essi mi rispecchio e vedo il mio animo di pastore dai grandi slanci e il mercenario che cerca altro e non il bisogno della gente.

Mi rivedo nei pascoli aridi nei quali si sono disperse le persone che mi hai affidato perché le conducessi su pascoli erbosi, per farle riposare nel tuo amore e permettere che si dissetassero ad acque tranquille.

Gesù i tuoi occhi mi aiutano a vedere ogni situazione nella quale non ho dato cuore e forza a chiunque mi chiedeva cura per le sue paure, mentre attraversava una valle oscura. Ho abbandonato il bastone e il vincastro che danno sicurezza, perché esistevo soltanto io.

Adesso sono con te, Gesù. In un luogo solitario. In disparte. Per riposare assieme a te. Non mi rimproveri. La tua dolcezza forte mi sconvolge. Le tue decisioni inattese mi sorprendono.

Tu, ancora instancabile, prepari per me una mensa davanti ai nemici che combattono dentro e contro di me. Ungi di olio il mio capo e il mio corpo, per guarirmi. Fai traboccare il calice del vino inebriante per confortarmi e darmi vigore.

Capisco che non ti sei ancora stancato di me, Gesù. Sono di nuovo nella tua casa. In questo luogo, riposante per la fatica dura del mio animo.

Crea in me, Gesù, un cuore che ritrovi la compassione, la mitezza, il coraggio, la perseveranza, la tenerezza. Che riprenda a volersi bene, mentre osa guardare il tuo volto. Rendi il mio cuore specchio del pastore buono e bello che cerca, scorticandosi e piangendo, tutti coloro che continuano a desiderare Te perché hanno sete di Te.