Omelia (18-07-2021)
don Lucio D'Abbraccio
Impariamo a fare silenzio!

Nel Vangelo di oggi abbiamo ascoltato che Gesù accoglie con gioia i suoi apostoli di ritorno dalla prima spedizione missionaria e li invita a staccarsi dalla folla e ritirarsi con lui in un «luogo deserto» affinché possano riposarsi.

Il riposo è una necessità fisica indispensabile. Chi si impone abitualmente di farne a meno rischia l'esaurimento. Oggi viviamo in un mondo dove si ubbidisce solo ai verbi: «affrettati», «corri», «sbrigati»! Non abbiamo mai tempo! E questo modo di vivere è sbagliato perché un corpo che venga sistematicamente sfruttato si ribella di essere utile. Papa Benedetto XVI ha detto che «bisogna avere l'umiltà di concedersi degli spazi di riposo».

Gesù, nei Vangeli, non dà mai l'impressione di essere agitato dalla fretta. A volte addirittura perde del tempo: tutti lo cercano ed egli non si fa trovare, perché assorto in preghiera (cf Mc 1,35; 1,45; 6,46). Egli raccomanda spesso di non affannarsi. Anche il nostro fisico, quanto beneficio riceve dal «riposo»!

La domenica, le feste, se utilizzate bene, danno la possibilità di spezzare il ritmo di vita troppo concitato e di stabilire un rapporto più armonico con le cose, le persone e, soprattutto, con se stessi e con Dio.

Una di queste occasioni di sosta sono proprio le ferie estive. Esse sono per la maggioranza delle persone, l'unica occasione per riposarsi un po', per dialogare in modo disteso con il proprio coniuge, giocare con i figli, leggere qualche buon libro, fare delle belle passeggiate e contemplare in silenzio la natura; insomma, rilassarsi.

In queste occasioni di sosta, bisogna dimenticare di avere cose importanti da fare. Se durante le nostre vacanze pensiamo ai problemi che ci assillano, e anziché rilassarci ci agitiamo, rischiamo di rovinare questo tempo di riposo.

Marco, inoltre, scrive che Gesù ha invitato i Dodici a venire «in disparte». Questa espressione non indica solo un luogo di riposo, ma designa un vero e proprio ritiro per rinsaldare e rinnovare il legame con il Maestro. Durante i ritiri spirituali, infatti, si è invitati a fare silenzio. Ma perché bisogna fare silenzio? Perché il silenzio è necessario nella vita per pensare, per prendere coscienza del mistero della vita; il silenzio è necessario per far tacere il frastuono che copre i grandi interrogativi che danno senso alla vita: «Chi siamo?»; «Dove andiamo?»; «Perché la vita?». Solo nel silenzio l'uomo trova le grandi risposte! Il silenzio, la solitudine, la preghiera, non sono allora una fuga dalla vita, ma un'elevazione a Dio, affinché non veniamo travolti dagli avvenimenti della vita e non sprofondiamo nella dilagante stupidità e banalità. Quanto saremmo più calmi, più sereni e quanto sarebbe più bella la vita se dessimo un po' più di tempo alla preghiera, risvegliando dentro di noi la coscienza di essere figli di Dio!

Il papa buono, san Giovanni XXIII, era un uomo sereno perché viveva gli avvenimenti portandoli tutti dentro la preghiera e valutandoli nella luce di Dio. La persona che veramente prega si incontra con Dio! San Francesco d'Assisi cercò il silenzio e la solitudine, come un assetato cerca l'acqua. Amò l'eremo delle carceri vicino ad Assisi e si sentì a proprio agio tra le rocce selvagge della Verna. Che cosa produsse la preghiera in Francesco d'Assisi? Il miracolo della bontà, la letizia francescana, la pace dell'anima resistente ad ogni prova e ad ogni dolore e il coraggio di predicare il Vangelo fino all'eroismo.

La seconda parte del Vangelo sottolinea una delle caratteristiche più spiccate di Gesù: quella di essere il «buon pastore». Gesù non si irrita con la gente che non gli dà tregua, ma, annota l'evangelista, «ebbe compassione», vedendoli abbandonati a se stessi, «perché erano come pecore che non hanno pastore».

Ma cos'è che affascina queste persone per essere così tenaci nel cercare Gesù? Perché le folle sono prese dalla sua parola, dai suoi miracoli, dal fatto che Gesù parla non come gli scribi, ma in modo autorevole. Parla di Dio facendosi misericordiosamente prossimo a chi è nel bisogno (cf Lc 10,33), commuovendosi di fronte al male che impedisce di vivere in pienezza (cf Mt 20,34; Mc 1,41; Lc 7,13). Perché egli è «il pastore bello e buono» di ogni uomo (cf Gv 10,11.16).

Molti, annota l'evangelista, «accorsero là» dove Gesù era diretto. Anche noi ogni domenica veniamo a messa per incontrare Gesù. Ma che cosa ci spinge a raccoglierci attorno all'altare? Che cosa ci spinge a venire a messa? Solo l'abitudine? Oppure una fede vera che ci spinge ad ascoltare la parola del Signore e a nutrirci del suo Corpo?

Ebbene, durante le nostre giornate ritagliamoci del tempo per parlare con Dio. Non importa se sembra di non avere niente da dire. Anche se non parliamo Lui conosce il nostro cuore!

A tal proposito si legge nella vita del poeta Paul Claudel, il quale era stato anche ambasciatore di Francia in Giappone, che entrò in una chiesa a mezzogiorno in piena estate e sentite la preghiera che fece alla Vergine Maria:

«È mezzogiorno. Vedo la chiesa aperta. Bisogna entrare.
Madre di Gesù Cristo, non vengo a pregare.

Non ho niente da offrire e niente da domandare.
Io vengo soltanto, madre, per guardarvi.

Guardarvi, piangere di felicità, dire questo,
che io sono vostro figlio e che voi siete là.

Solo per un momento mentre tutto si ferma.
...Essere con voi, Maria, in questo luogo dove voi siete.

Non dire nulla, guardare il vostro viso,
lasciar cantare il cuore nella sua propria lingua.

... Perché voi siete bella, perché voi siete Immacolata,
...perché voi siete Maria,
...madre di Gesù Cristo, siate ringraziata». Amen.