Omelia (01-08-2021) |
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie) |
Commento su Es 16,2-4.12-15; Sal 77; Ef 4,17.20-24; Gv 6,24-35 La diciottesima domenica del tempo ordinario ci ripresenta il tema del pane, con il duplice riferimento: nella prima lettura, tratta dal Libro dell'Esodo, in cui è raccontato il miracolo della mamma piovuta dal cielo, e nel vangelo di Giovanni, con il capitolo sesto sul pane della vita. Tutto questo per sottolineare il fatto che noi abbiamo bisogno del doppio cibo, quello materiale che ci sostiene nella nostra vita e quello spirituale che ci accompagna nel cammino verso il Regno di Dio. È infatti ciò che chiediamo nella recita del Padre Nostro a Dio con il "dacci oggi il nostro pane quotidiano". Nella prima lettura, tratta dal libro dell'Esodo, troviamo il noto racconto dell'intervento di Dio per placare l'ira degli ebrei che avevano fame e mettono in discussione il prezzo della libertà dalla schiavitù, pagata con la carenza di cibo: «Fossimo morti per mano del Signore nella terra d'Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatto uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine». La libertà comporta dei rischi, è più facile crogiolarsi nelle proprie certezze che non affrontare le cose nuove che comportano impegno e condivisione. Ma a questo atteggiamento di ribellione Dio risponde con i suoi doni; invece di punire la poca fede del suo popolo dona il pane, ponendo però una regola precisa: dovrà essere raccolta solo la dose necessaria per quel giorno, per evitare sprechi ed accaparramento. Nel Vangelo troviamo la continuazione del racconto della moltiplicazione dei pani di domenica scorsa, che si chiudeva con l'immagine di Gesù che si ritirava in solitudine, sulla montagna, mandando a vuoto i tentativi di farlo re. Dopo averla sfamata, Gesù prende decisamente le distanze dalla folla e dalle sue attese interessate. La colpa che Gesù rimprovera alla folla è quella di accontentarsi di quel pane miracoloso e quindi di volerlo fare re unicamente per risolvere in modo facile il problema della fame. Il maestro sollecita l'uomo a scoprire un'altra fame, lo invita a non lasciarsi travolgere dalle pur legittime preoccupazioni di ogni giorno, per entrare negli orizzonti della fede. Purtroppo siamo tutti tenacemente radicati "al di qua", al territorio noto, apparentemente sicuro per la nostra incapacità di guardare lontano. Eppure soltanto al di là di quel confine la parola di Dio può rivelare tutta la sua bellezza e la sua forza. Certo, per questo è necessario abbandonare tante tranquille abitudini, forse anche certe idee religiose, un certo modo di pregare, una certa maniera di intendere la volontà di Dio. E' necessario vincere molti pregiudizi per accogliere la grande novità che emerge dalla vita e dalle parole di Gesù. Riprendendo l'aspetto eucaristico di questo racconto emerge che l'eucarestia non è un punto d'arrivo, ma di partenza: Gesù è il pane che diventa nutrimento d'amore da vivere ogni giorno. È un forte richiamo ai legami della nostra vita con le persone che ci sono vicine e con quelle che incontriamo e che chiedono anche a noi quel pane che sostiene la loro vita. Gesù è il nostro pane, il nostro nutrimento con la Parola che ascoltiamo, la preghiera che condividiamo, lo spezzare del pane che ci fa Chiesa. Purtroppo, come la folla che ha visto la moltiplicazione dei pani ma non l'ha capita, così anche a noi, molte volte, capita d'essere presenti fisicamente ad una celebrazione ma di essere distratti, presi magari dai nostri pensieri, dai problemi quotidiani e di non saper cogliere appieno il messaggio che ogni eucaristia ci trasmette. Quello che Gesù ci chiede oggi è credere in lui come unico vero cibo, lasciarci trasformare affinché sazi quella fame di vita, di amore e quella sete di conoscenza delle cose che ha da dirci. San Paolo nella sua lettera agli Efesini, riassume un po' gli atteggiamenti che abbiamo visto nei racconti dell'Esodo e del Vangelo e ci traccia la strada da seguire per realizzare quanto abbiamo osservato prima: conoscere Cristo e dare ascolto alla sua parola, non attraverso i libri o i dotti incontri con esperti, ma attraverso una vera esperienza vissuta sul campo. Questo vuol anche dire abbandonare l'uomo vecchio, che si copre di passioni ingannevoli, per rinnovare lo spirito della nostra mente e rivestirci con l'uomo nuovo creato da Dio in giustizia e santità. Paolo chiede di abbandonare la condotta dei pagani, i quali si perdono nella venerazione delle realtà terrene.
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