Omelia (25-07-2021) |
diac. Vito Calella |
Le presenze del Cristo risuscitato e il nostro esodo In ascolto del sesto capitolo del Vangelo di Giovanni In quest'anno liturgico le domeniche del tempo ordinario ci stanno proponendo l'ascolto del racconto dell'evangelo di Marco per aiutarci ad essere discepoli di Gesù Cristo nella nostra vita quotidiana. Una volta giunti al sesto capitolo, quando l'evangelista inizia la cosiddetta sezione dei pani (Mc 6,30-8,36), attestando il primo miracolo della distribuzione dei cinque pani e due pesci a cinquemila uomini (Mc 6,35-44), il calendario liturgico della chiesa cattolica, in una scansione di cinque domeniche, propone di metterci in ascolto del capitolo sei del vangelo di Giovanni, che ci presenta Gesù «pane di vita», iniziando con il segno dei «cinque pani d'orzo e due pesci» (Gv 6,9a), distribuiti da Gesù alla stessa moltitudine di «cinquemila uomini adulti» (Gv 6,10b). Il capitolo sei dell'evangelo di Giovanni va inquadrato nella sezione delle feste giudaiche (Gv 5-10), reinterpretate alla luce del mistero dell'incarnazione del Verbo, che ha il suo culmine nell'evento della morte, sepoltura e risurrezione di Gesù. Gv 5 si colloca nella festa del sabato (cf. Gv 5,9b). Gv 6 è inserito nel contesto nella festa principale della Pasqua giudaica: «Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei» (Gv 6,4), anche se Gesù non è a Gerusalemme, ma «all'altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberiade» (Gv 6,1). I capitoli di Gv 7-9 sono inseriti nel contesto della festa delle capanne (cf. Gv 7,2). Il capitolo di Gv 10 nell'ambito della festa della dedicazione del tempio (cf. Gv 10,22). L'evento pasquale della liberazione dalla schiavitù d'Egitto del popolo ebraico verso la terra promessa, guidato da Mosè, fa dunque da sfondo a tutto il capitolo sei di Giovanni. L'evangelista definisce «mare» quello che in realtà era semplicemente il lago di Galilea o di Tiberiade e descrive il "passaggio/pasqua" di Gesù all'altra riva, «seguito da una grande folla» (Gv 6,2a). Immagina Gesù morto, sepolto e risuscitato, come se fosse il nuovo Mosè, che oggi propone un cammino di liberazione per tutti, ebrei e pagani, rappresentati dalla folla al seguito e dalla specificazione dei due nomi con cui il lago era chiamato: «Galilea» indicava il popolo ebraico, «Tiberiade» gli altri popoli pagani. Quindi il Cristo morto, sepolto e risuscitato non è più il nuovo Mosé del solo popolo ebraico, ma lo è dell'umanità di tutti i tempi e di tutti i luoghi; è oggi il nostro «profeta» e messia liberatore. È «colui che deve venire al mondo» (Gv 6,14b), maggiore di Mosé e di Eliseo, le cui opere erano diventate la prefigurazione e la promessa di Dio a favore del popolo. Mosè ed Eliseo prefigurano il Cristo risuscitato Come Mosè salì due volte il monte Sinai, la prima volta accompagnato da notabili e la seconda da solo (cf. Es 24,1-2.9.12 ed Es 34,3), così l'evangelista Giovanni, a differenza degli altri evangelisti, scrive che Gesù stava «sul monte, seduto con i suoi discepoli» (Gv 6,3) e alla fine del racconto ci presenta nuovamente Gesù, che «si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo» (Gv 6,15b), scappato dalla folla che «lo voleva fare re» (Gv 6,15a). Di proposito l'evangelista Giovanni mette in relazione il "segno dei pani e dei pesci" fatto da Gesù con l'episodio simile realizzato dal profeta Eliseo, l'uomo di Dio, che abbiamo ascoltato dalla proclamazione di 2Re 4,42-44. La specificazione dei «pani d'orzo» mette in relazione le due scene. Eliseo e Gesù sono intenzionati a dare da mangiare a tutti. Lo scetticismo del servo di Eliseo, a causa dei «venti pani» disponibili, non certo sufficienti per sfamare «cento persone», corrisponde a quello dell'apostolo Filippo, a causa dell'enorme quantità di denaro necessaria per sfamare la moltitudine di «cinquemila uomini adulti», conforme alla domanda del Maestro. Eliseo non agisce in nome proprio, ma confida nella parola del Signore che ha detto: «Ne mangeranno e ne faranno avanzare»; mentre Gesù si affida al Padre, facendo le preghiere di rendimento di grazie rispettivamente sui cinque pani e sui due pesci prima di procedere alla distribuzione gratuita e abbondante per tutti. Nei due racconti tutti mangiano abbondantemente e vi sono gli avanzi di pane. C'è poi la similitudine di un personaggio anonimo che possiede gli alimenti e li condivide, senza tenerli per sé. Nell'episodio del profeta Eliseo abbiamo ascoltato che «da Baal Salisà venne un uomo, che portò pane di primizie all'uomo di Dio: venti pani d'orzo e grano novello che aveva nella bisaccia» (2Re 4,42a) Nel Vangelo invece è Andrea a richiamare la presenza anonima, silenziosa e umilissima di un ragazzino che possiede due povere porzioni per un pasto frugale: un pesce e due schiacciate e mezza di farina d'orzo. Le presenze vive e vere del Cristo risuscitato nell'immagine simbolica del ragazzino e nel cibo Il ragazzino del Vangelo, personaggio anonimo che possedeva il cibo necessario perché avvenisse il segno prodigioso, rappresenta due presenze del Cristo risuscitato, che ha realizzato la pasqua definitiva e il nuovo esodo dalla sua morte di croce alla vita eterna in comunione con il Padre con la forza dello Spirito Santo per la salvezza di tutti noi, sua umanità. Il ragazzino rappresenta innanzitutto la presenza viva e vera del Cristo risuscitato nella comunità cristiana, oggi custode del sacramento della Parola definitiva di Dio e dell'Eucaristia, di cui i pesci e i pani diventano rimando simbolico. Inoltre il ragazzino rappresenta la presenza viva e vera del Cristo risuscitato nella carne di ogni fratello e sorella povero, oggi custode della vera regalità del Messia nel qui ed ora della storia dell'umanità e di tutto il creato. Cristo è veramente presente nei poveri come nostro «re» perché soltanto il discepolo di Cristo che sa diventare «povero in spirito» (cf. Mt 5,3), scegliendo liberamente il cammino dell'umiltà, sa testimoniare i valori del regno di Dio e contribuisce a realizzarlo nella tessitura delle sue relazioni, in nome di Cristo, mettendo in pratica la parola di Dio e portando a compimento la comunione eucaristica con il corpo e sangue di Cristo mediante l'esercizio della gratuità a partire dagli ultimi e mediante la santificazione della sua vita quotidiana. Dall'esodo di Cristo morto e risuscitato al nostro esodo, per Cristo con Cristo e in Cristo Il nuovo esodo inaugurato dal Cristo risuscitato è di fatto l'esperienza della nostra liberazione dalla logica di mercato a quella del dono gratuito e dall'essere una folla irresponsabile di cristiani per diventare credenti adulti e liberi che si "alimentano" dei valori del regno di Dio nella loro vita quotidiana. Dalla logica di mercato a quella del dono gratuito Intenzionalmente Gesù richiama la logica di mercato chiedendo a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?» (Gv 6,6). Ma ben sapeva, come commenta l'evangelista, che il donarsi gratuitamente con tutto quello che si è e si ha, superando i calcoli economici della regola della domanda e dell'offerta, produce relazioni di benessere per tutti ed eccedenza di risultati positivi inaspettati, rappresentati dalla sovrabbondanza dei pani avanzati, che sono il segno dell'azione liberante e unificante dello Spirito Santo in mezzo a noi. Non è possibile che Gesù da solo abbia donato i pani e i pesci a tutta quella folla, ma il testo giovanneo lascia intendere volutamente questo. L'esempio del dono totale di Gesù, compiuto nell'esodo della sua morte di croce e risurrezione diventa un appello per ciascuno di noi a protendere per la logica della gratuità rispetto a quella mercantilistica dell'«io ti do se tu mi dai». Da una folla di gente a credenti adulti e liberi La folla all'inizio dell'episodio è descritta come una massa di persone condizionata dai poteri taumaturgici di Gesù: «lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi» (Gv 6,2). «Una grande folla veniva a lui» (Gv 6,5a), ma il dono sovrabbondante dei pani e dei pesci che Gesù si prestava a offrire gratuitamente a tutta quella massa li avrebbe resi «uomini adulti e liberi». Il segno del loro status di uomini adulti e liberi emerge dall'invito di Gesù rivolto ai dodici: «Fate che questi uomini si adagino per terra» (Gv 6,10a). Non è un generico far sedere, perché mangiare adagiati era proprio degli uomini liberi; particolarmente nella cena pasquale, si vedeva in questo il passaggio dalla schiavitù alla libertà. Il nuovo esodo inaugurato da Gesù con la sua morte, sepoltura e risurrezione interpella la nostra libertà e ci chiede di diventare cristiani responsabili a santificare le nostre azioni quotidiane coerentemente con il «pane di vita» che è la Parola definitiva del Cristo risuscitato e con il «pane di vita» che è la nostra comunione eucaristica al suo corpo e al suo sangue, per caratterizzare di «unità nella carità» tutti negli ambienti della nostra vita quotidiana. La testimonianza dell'apostolo Paolo ascoltata oggi è un appello ad essere comunità cristiana promotrice del regno di Dio nella tessitura delle nostre relazioni, nel segno dell'unità nello Spirito Santo. Le prossime domeniche avremo modo di approfondire il dono del «pane di vita» di Cristo Parola definitiva del Padre, simbolizzata dai due pesci e il dono del «pane di vita» di Cristo Eucaristia, simbolizzata dai cinque pani, dono sovrabbondante per la salvezza del mondo. |