Omelia (01-08-2021) |
Michele Antonio Corona |
Il segno del pane che discende dal cielo Il normale corso della lettura semicontinua (alcuni dicono discontinua!) del vangelo di Marco si interrompe per quasi tutte le domeniche di agosto e ci viene offerto il capitolo sesto del vangelo di Giovanni. Per questo motivo, merita attenzione non solo il brano di questa prima domenica agostana, ma una riflessione che il lettore può fare in modo più ampio. Il pane è l'elemento portante, ma di pari interesse sono alcune altre azioni: la moltiplicazione dei pani e sfamare la folla, l'accostarsi di Gesù alla barca dei discepoli camminando sulle acque, la catechesi sulla manna e sul pane che non perisce, il senso profondo di un pane che dona la vita autentica, l'identità del donatore e del pane vero che discende dal cielo, il differente racconto del pane eucaristico, rispetto alla tradizione sinottica dell'ultima cena. Questi elementi sono il modo giovanneo di indicare Gesù come colui che dona il pane e il pane stesso, che va mangiato per non avere più fame. Il mangiare non è solo cibarsi di qualcosa per sostentarsi (fruibilità) o per avere energie per operare (funzionalità), ma è l'atto stesso della fiducia in chi dona quel cibo (filialità). Le domande che vengono rivolte a Gesù sono indicative per comprendere il modo in cui si cerca di spostare l'attenzione sul fare e sull'agire, piuttosto che sul come si è. Certamente, era un modo tipico del credente, anche biblico, preoccuparsi della morale e in essa mostrare la propria fede. Basti pensare alle tante norme di purità rituale e alimentare, che manifestavano quale fosse la tua fede e a quale cerchia sociale e religiosa appartenessi. Gesù non le rifiuta in toto, ma chiede che esse corrispondano a un cuore che ama, a una mente che capisce, a una persona che nella sua interezza opera in relazione col Padre.
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