Omelia (01-08-2021) |
padre Antonio Rungi |
Il pane dei pellegrini e il pane della vita Il vangelo di questa diciottesima domenica del tempo ordinario ci narra di quanto è successo, dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. L'evangelista Giovanni, infatti, prosegue nel raccontarci quello che fece la folla quando si accorse che Gesù e i discepoli non stavano più in montagna a pregare. Subito la gente salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Tutto logico e normale cercare chi ti ha aiutato in un momento di bisogno e la gente cerca Gesù forse per dirgli grazie o per altri motivi. E' Gesù stesso a precisare perché lo cercano e Lui lo può dire con certezza ed attendibilità completa. Cercando si trova e così lo trovarono di là dal mare. La domanda d'obbligo e di rito era scontata da parte della gente che è sempre curiosa e desiderosa di sapere: «Rabbì, quando sei venuto qua?». Volevano sapere anche l'ora e il momento che avevano lasciato la montagna della moltiplicazione dei pani e dei pesci per trasferirsi al mare. Alla richiesta di sapere di quel popolo in cerca di Gesù, egli non si tira indietro e risponde facendo un discorso di giusta osservazione e di constatazione di fatto. E svolge una profonda riflessione sul pane della vita, che è proprio Lui, partendo però da quel pane che i 5000 uomini avevano mangiato e che cercavano di avere un'altra volta gratuitamente. «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati". Cercare Gesù solo per avere soluzioni ai problemi della vita quotidiana, come fa osservare giustamente lo stesso Maestro, sembra al di fuori di ogni visione cristiana della fede o della vera religione. Questo mezzo rimprovero da parte di Gesù ci può aiutare a far capire su quali piani va impostata la nostra relazione con Dio, con quale fede e religiosità dobbiamo relazionarci a Dio. Bisogna ascoltare e mettere in partica quello che dice Gesù in questa circostanza e che investe tutto il nostro operato e il nostro rapporto con l'assoluto, con il divino e il sacro: "Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». Chiaro riferimento a cercare la propria identità di cristiani non nelle cose materiali e terrene, ma in quelle spirituali ed eterne. Dopo questa osservazione la folla pone una domanda conseguenziale a Gesù: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Quante volte ci domandiamo cosa dobbiamo fare per essere un buon sacerdote, religioso, papà mamma di famiglia, figlio, lavoratore, politico, amministratore, docente, educatore, ecc. La risposta la troviamo in queste poche parole dette da Gesù alla folla che lo seguiva per evidenti interessi alimentari e cioè fare le opere di Dio e come Gesù stesso spiega "è credere in colui che Dio Padre ha mandato». Si tratta di avere fede, alimentare la fede e camminare per fede e nella fede e non per altri vili e bassi interessi. Di fronte alla richiesta di una fede forte, semplice e sincera, la gente chiede dei segni affinché possano credere davvero che quella sia la strada maestra per il cielo. Citano l'esperienza fatta dai loro padri nel deserto, quando furono alimentati dalla manna del cielo. E Gesù replica con una precisa affermazione dottrinale: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». Il pane vero non è la mamma, ma è Cristo che è stato donato dal Padre all'umanità. In questo modo Gesù vuole focalizzare l'attenzione di quanti vanno alla sua ricerca, sulla natura della sua persona e della missione, che è chiamato a portare a compimento: farsi pane spezzato e vino versato sulla croce e nell'Eucaristia. Di fronte ad un'offerta di un pane che sfama per sempre, la richiesta della gente verso Gesù è molto esigente: «Signore, dacci sempre questo pane». In poche parole facciamo un contratto a vita che tu ci alimenti con questo pane speciale e noi non abbiamo bisogno di lavorare e impegnarci. Conclusione del discorso sul pane di vita e diciamo pure su questi giochi di parole e di termini è quella che l'evangelista Giovanni fissa nel versetto finale del brano del vangelo di oggi. E' Gesù in persona che parla alla gente con questo linguaggio di straordinaria bellezza, ricchezza e serenità per tutti i cristiani: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!». Andare da Cristo è sfamarsi e dissetarsi dei bisogni più veri della persona umana che sono i bisogni dello spirito e non solo quelli del corpo.
|