Gesù continua a rivelare se stesso e a condurci a cogliere il mistero della sua presenza reale nell'Eucaristia.
Dapprima i Giudei mormorano contro di lui perché ha detto di essere il pane disceso dal cielo. Si tratta di un mormorio scandalizzato e miscredente. Gesù è per loro una persona troppo semplice, troppo comune; «conoscono il padre e la madre», è assurdo che asserisca di essere «il pane vivo disceso dal cielo». All'errore sull'identità di Gesù si aggiunge un errore antropologico: «perché conoscere nome, indirizzo e un po' di genealogia di una persona, non esaurisce il suo mistero. Limitarsi ai dati anagrafici, significa estromettere Dio dalla persona che è stata "creata da Dio a sua immagine e somiglianza" (Gen 1,26-27), significa privarla di senso, di storia vera» (p. G. Vannucci).
Gesù risponde dapprima invitando a non mormorare, quindi a farsi ammaestrare da Dio. La mormorazione spegne la facoltà di ascolto profondo, agitando le acque dell'intelletto e del sentimento. Gesù accompagna a cogliere come dietro le sue parole vi sia l'opera del Padre; chi si lascia attirare da Lui viene a Gesù, dunque crede in Lui. Questo riguarda anche i Giudei "brontoloni" e anche noi che stiamo fruendo questo testo. Sta scritto infatti che: «tutti saranno ammaestrati da Dio» (6,45a; cf Is 54,13; Ger 31,33s.). Gesù esorta ad essere tra coloro che «ascoltano il Padre e imparano da lui» (6,45b), che sta parlando attraverso Gesù. Sant'Agostino disse: «Quando ascolti: "Nessuno viene a me, se il Padre non lo attira", non cercare di giudicare chi è attratto e chi non lo sarà.... Accetta queste parole e cerca di capirle. Non sei attratto dal Signore? Prega per esserlo [...] non pensare di essere attratto tuo malgrado. La tua anima è attratta anche dall'Amore». E ciò non vale solo per l'amore, ma per la verità, la gioia, la pace, il senso profondo della vita che solo Cristo sa rivelare e trasmettere. Il Padre dunque attira a Gesù e lo fa attraverso le parole di Gesù che, accolte con fede, ci conducono ad una maggiore intimità con Lui.
Gesù prosegue; con la formula solenne «in verità, in verità vi dico» non si limita a dire di essere il «pane della vita», ma «il pane quello vivo», esprimendo più fortemente la personalizzazione del pane nella sua persona. Lui è il pane disceso dal cielo che dona la vita eterna, a differenza della manna mangiata nel deserto dai padri che non impediva la morte. E aggiunge: «il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Questa frase, secondo molti studiosi, è l'equivalente giovanneo della formula eucaristica di Lc 22,19 («Questo è il mio corpo che è dato per voi»). La carne indica primariamente l'umanità, la corporeità fisica (cf «il Verbo si fece carne» in Gv 1,14). Il verbo "donare" indica il sacrificio di Gesù, il dono della sua vita per noi. Gesù dona se stesso e ci dona la sua vita divina. E questa presenza reale, questo cibo vivo e vero, ci è donato nell'oggi nell'Eucaristia! Questo prepara lo sviluppo successivo del discorso eucaristico (che quest'anno non mediteremo, dato che domenica prossima è l'Assunta), dove Gesù dice: «in verità, in verità vi dico: chi mangia il mio corpo e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno» (Gv 6,53). Che mistero d'amore grande! La sua presenza nell'Eucaristia, farmaco dell'immortalità, che ci conduce e ci chiede di vivere in comunione con Lui. Le parole del Vangelo ci aiutano a comprendere che non si tratta solo di credere nella Parola di Gesù ma nella sua persona, in chi lui è e in ciò che Lui dice, lasciandosi condurre da Lui, vivendo uniti a Lui. Che il Signore ci aiuti davvero a cogliere, vivere e non sciupare tanta bellezza!