Omelia (08-08-2021) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Anche per noi come per Elia Gesù è quindi il pane vivo disceso dal Cielo. Se è indispensabile mangiare il pane alimentare per il proprio sostentamento, è ancora più irrinunciabile nutrirsi di lui per qualificare la vita presente e per dischiudere l'ingresso dell'eternità. Oggi siamo ragguagliati dalle potenzialità di un cibo perenne quale Gesù ci propone, veniamo edotti sulle sue qualità e sugli effetti che esso produce nella vita di chi lo assume e ci sentiamo così spronati a cibarcene per ottenere la via, la verità e la vita (Gv 14, 6). Coraggio, perseveranza, fiducia, inventiva e altri doni sono i risultati che, per opera dello Spirito Santo, il pane eucaristico infonde nella persona di chi lo assume. Questa è la sintesi della personale esperienza vissuta dal sottoscritto negli anni adolescenziali, quando dopo un certo periodo di assenza dai sacramenti, tornai a usufruire soprattutto dell'Eucarestia domenicale. Certo, assumere il Sacramento senza darsene una motivazione, in modo distaccato e abitudinario, non sortisce alcun effetto e a volte produce anche l'esito contrario della controtestimonianza; ma assumere il Pane vivo disceso dal Cielo nella piena consapevolezza di ricevere lo stesso Gesù di Nazareth, predisporsi a riceverlo secondo le indicazioni prescritte e considerare ogni volta Colui che si va a ricevere, comporta che questa fede si protragga oltre la celebrazione eucaristica, che la si incarni nel vissuto di tutti i giorni e che si interpreti ogni situazione con maggiore fiducia e positività, scongiurando l'ansia e l'apprensione ma vivendo qualsiasi problema e avversità con maggiore determinazione e razionalità. L'Eucarestia ricevuta con fede non estingue le difficoltà e le sfide di ogni giorno, ma sollecita a lanciarsi quando si è timidi, a non demotivarsi quando si è insicuri e a trarre dalla stessa fede la forza e il coraggio per agire, la prudenza e la discrezione per non osare. In forza dello Spirito Santo è lo stesso Signore che agisce efficacemente in noi e cibarsi di lui quale Pane non può che sortire risultati, forse non immediatamente evidenti ma paragonabili agli eventi di cui tratta la Scrittura. Il profeta Elia, al capitolo 17 della 1Re appariva mentre i corvi gli portavano da mangiare e successivamente quando veniva accolto e rifocillato da una vedova di Zarepta. Nelle pagine odierne invece è visibilmente sfiduciato e abbattuto, dopo essere riuscito ad evitare la vendetta della regina Gezabele che gli faceva dare la caccia per aver lui ucciso 450 profeti di Baal. Si ritiene infatti non all'altezza della propria missione, non "migliore dei suoi padri", inadatto e forse anche indegno, per cui, mentre sosta sotto un albero di ginepro, chiede a Dio di "prendere la sua vita". Cioè di farlo morire. Lo sovrasta il senso di inutilità, lo sconforto e la sfiducia e probabilmente comincia a dubitare di se stesso e delle sue potenzialità. Aver affermato il primato dell'unico Dio sulla falsa divinità di Baal non è servito a incutergli coraggio; piuttosto la persecuzione subita dalla regina lo ha demotivato e sfiduciato. Come tutti i protagonisti del ministero della Parola, è colto dallo sconforto e dalla tentazione di farla finita e del resto si tratta di una delle tentazioni che riguardano chiunque si mostri fedele a Dio; così dice anche la Scrittura: "Figlio, se servi il Signore, preparati alla tentazione"(Sir 2, 1), ma come dice anche Paolo la tentazione più grave è quella dello sconforto e del vuoto di speranza: "La disperazione deriva dal maligno". Elia viene però raggiunto dal conforto del pane che Dio gli concede assieme all'esortazione a non soccombere allo sconforto e ad andare avanti; il pane stesso gli darà la forza per proseguire nel suo percorso per 40 giorni e 40 notti. La risposta del Signore di fronte alla tentazioni è quindi quella delle fornitura degli elementi di sostegno nei quali egli manifesta se stesso e per ciò stesso dona anche coraggio e fiducia. Come ben sappiamo, nella Bibbia il numero 40 indica un imprecisato tempo di lotta e di mortificazione. Elia supera anche questa ulteriore sfida necessaria con la forza del pane procuratogli da Dio e le sue battaglie avranno sempre esito felice, non ultima la sua assunzione al cielo. I meriti di Elia sono infatti esaltanti, poiché egli non viene ucciso, ma scomparirà su un carro di fuoco elevato verso la volta celeste e addirittura il suo ritorno verrà riscontrato nella persona di Giovanni Battista. Tutte ricompense e con decorazioni proporzionate alle sofferenze patite e alla fedeltà costantemente vissuta. Ma se Elia, alla pari di altri personaggi dell'Antico Testamento e dell'intero popolo di Dio, ha tratto forza dal pane garantitogli da Dio, ebbene Cristo Verbo incarnato, pane vivo disceso dal cielo propone se stesso a noi come alimento Farmaco di immortalità: nella presenza eucaristica egli stesso si fa nostro cibo per sostenerci nelle vicende di tutti i giorni e per infonderci sempre costanza nella prova e fiducia nella lotta. Gesù doveva trovare una maniera concreta per garantire la sua presenza anche al di là della sua missione in Galilea e in Giudea; voleva cioè trovare un sistema per vivere con noi tutti i giorni, protraendo la sua presenza nel tempo finché non sarebbe tornato all'epilogo della nostra storia; e soprattutto doveva garantire che la sua presenza avesse la sua efficacia adesso come all'epoca della sua presenza fisica. E così si rende inesorabilmente Pane vivo per ogni tempo. E' questa la ragione per cui Cristo ci si rende pane materiale e spirituale allo stesso tempo, favorendo la ripresa delle nostre forze e lo slancio nelle nostre attività in vista degli obiettivi finali animando la nostra prosecuzione nell'itinerario verso di lui e nella vita con lui. Il Sacramento ci sospinge allo stesso modo con cui quel pane divino risollevò Elia. |