Omelia (01-03-2003) |
padre Lino Pedron |
Commento su Marco 10,13-16 C'è ancora una completa divergenza tra Gesù e i discepoli nell'idea che si fanno della sua missione. Devono imparare che il regno di Dio non è in mano alle persone che contano, che le preferenze di Dio sono rivolte a coloro che sono considerati insignificanti, come i bambini, a coloro che sanno attendere e accogliere tutto da lui, senza pretese, alla maniera dei piccoli. La reazione violenta di Gesù (si indignò), dà ragione all'ardire dei bambini e dei loro genitori e torto all'ottusità dei discepoli. "Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite". Questa frase ci richiama l'altra: "Chi scandalizza (= impedisce, mette ostacolo) uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare" (Mc 9,42). Questo riferimento spiega ulteriormente l'indignazione di Gesù verso i discepoli: aveva appena finito la lezione ed essi dimostrano con i fatti che, ancora una volta, non avevano capito o non avevano voluto capire niente. "Perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio". Soltanto i bambini sono in grado di chiamare Dio "Abbà", "Papà", "Babbo" con fiducia infantile e sentirsi al sicuro sotto la sua protezione, consci del suo illimitato amore. I bambini quindi sono quelli di ogni età che sentono in questo modo nei confronti di Dio e vivono "l'infanzia spirituale". "E prendendoli tra le braccia e ponendo le mai sopra di loro, li benediceva". L'umanità di Gesù è autentica, profonda e senza artifici. Nel suo modo di fare rivela un cuore delicato, sensibile e incline alla bontà. Il vero discepolo è colui che sa di non possedere nulla e di ricevere tutto dal Padre, come un bambino. E' totalmente dipendente da Dio. E ciò non solo non gli dispiace, ma lo fa totalmente felice. Il Regno non è un prodotto da costruire, ma un dono da accogliere, che c'è già. E' Gesù, il Figlio nel quale anche noi diventiamo figli del Padre e fratelli di tutti. |