Omelia (15-08-2021) |
diac. Vito Calella |
Il rispetto della santità di Dio per sperimentare la bellezza della sua misericordia Quando tutti insieme proclameremo la nostra professione di fede, in conclusione diremo anche: «Credo nella risurrezione della carne e nella vita eterna». Nella tradizione della nostra Chiesa Cattolica il popolo di Dio, guidato dai suoi ministri ordinati, venera la Madonna come una creatura privilegiata perché, mediante il suo corpo umano, contribuì a portare a compimento il mistero dell'incarnazione del Figlio di Dio. Per questa chiamata speciale, Maria fu preservata, fin dal suo concepimento, dal fare del suo stesso corpo uno strumento veicolante azioni egoistiche e malvagie, grazie alla presenza e alla forza divina dello Spirito Santo, che la mantenne ad ogni istante nella stessa comunione che unisce eternamente il Padre con il Figlio. La solennità dell'assunzione al cielo di Maria con la sua corporeità, immunizzata da azioni peccaminose e incorrotta nell'ora della morte, contrasta con l'evidenza dei nostri corpi mortali, che molte volte si dispongono a diventare strumenti di peccato e che sono destinati a ridursi in ossa e cenere nei nostri cimiteri. Ci sembra allora di trovarci di fronte ad una verità di fede che non può trasformare la nostra vita perché la realtà esistenziale di Maria sembra essere lontana da quella della nostra esistenza quotidiana. Accogliamo con serenità il fatto che Maria è una creatura privilegiata diversa da ciascuno di noi sia per la sua immacolata concezione, sia per la sua straordinaria assunzione al cielo. Questa distinzione tra noi e lei può significare una cosa importante per la nostra vita: il rispetto dell'altro diverso da me o il rispetto della differenza tra me e l'altro permette all'altro di donarmi il meglio di se stesso. La condizione privilegiata di Maria di essere preservata dal peccato originale la rese la creatura umana più rispettosa della santità del Padre unito al Figlio nello Spirito Santo. Quando Maria, in comunione con Elisabetta, cantò il meraviglioso canto che abbiamo ascoltato nel Vangelo, ella confessò innanzitutto che il nome di Dio è «santo»: «Santo è il suo nome» (Lc 1,49b). Dichiarò la differenza tra la creatura umana e il Creatore, tra lei e il Dio dei padri Abramo, Isacco e Giacobbe, il Dio del suo popolo eletto Israele. Di nessuna maniera lei si considerava onnipotente e in grado di essere come Dio, potendo bastare a se stessa, confidando unicamente nelle sue forze e capacità umane. Il rispetto coerente della differenza tra lei e Dio concretamente si dimostrò nella scelta consapevole dello stile di vita dell'umiltà. Maria volle essere semplicemente donna svuotata di ogni pretesa di autorealizzazione, libera da ogni difesa dei suoi interessi e dei suoi progetti personali, donna dell'ascolto obbediente e fiducioso della volontà di Dio nella sua semplice esistenza quotidiana. Perciò ella esclamò: «Dio mio Salvatore ha guardato all'umiltà della sua serva» (Lc 1,47b-48). Il rispetto che Maria ebbe della santità di Dio, cioè della sua radicale alterità, permise a Dio di manifestare il meglio di se stesso sia in Maria, sia nel popolo di sua appartenenza: Dio cioè «di generazione in generazione» poté manifestare «la sua misericordia per quelli che lo temono» (Lc 1,50). Per il rispetto della santità di Dio e grazie all'umiltà di Maria, il Padre ebbe la possibilità di manifestare la sua misericordia generando il Messia Signore nel seno di Maria, per la potenza dello Spirito Santo. Elisabetta fu la prima donna al mondo a riconoscere il Messia Salvatore quando dette ospitalità alla sua giovane cugina; esclamò piena di gioia: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?» (Lc 1,42-43). Per il rispetto della santità di Dio e grazie all'umiltà di Maria, il Padre ebbe la possibilità di «ricordarsi della sua misericordia, soccorrendo Israele suo servo, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre» (Lc 1,54-55). Quel messia Signore che Maria incinta sentiva crescere nel suo ventre, conforme era stato preannunciato nei canti del servo di JHWH del profeta Isaia, sarebbe stato un "Cristo re" completamente diverso dai sovrani superbi di cuore, seduti sui loro troni di potere con la sicurezza del denaro e dei beni materiali di questo mondo. Sarebbe stato il servo sofferente di JHWH, oppresso come tutti i poveri e umili del mondo, «affamato e assetato di giustizia, perseguitato a causa della giustizia del regno di Dio» (Mt 5,6.10). Il Figlio del Padre, della carne e del sangue di Maria, avrebbe rivelato la giustizia del regno di Dio diventando solidale con gli ammalati, con le donne e i bambini, con i poveri esclusi dalla sinagoga per le loro impurità; soprattutto andando incontro ai pubblicani e alle prostitute, cioè ai peccatori pubblici maggiormente etichettati come maledetti da Dio. Il messia, soccorritore del "servo Israele" uscito dal seno di Maria, avrebbe rotto tutte le barriere di separazione tra puri e impuri, giusti e peccatori, in nome della misericordia del Padre. Anche per questo motivo sarebbe stato crocifisso. Maria ebbe il coraggio di cantare il capovolgimento radicale dell'esaltazione degli umili e dispersione dei superbi, della sazietà degli affamati e dello svuotamento di ogni sicurezza materiale dalle mani dei ricchi. Ciò sarebbe avvenuto con la risurrezione di Gesù crocifisso e deposto nel sepolcro. Da quel giorno il Cristo risuscitato avrebbe regnato nel mondo rendendosi presente nella carne di quei poveri che, come Maria, avrebbero assunto il cammino dell'umiltà e scoperto la loro dignità di figli amati del Padre. Nel canto di Maria c'è già preannunciata tutta la missione del vero Messia redentore dell'umanità, del vero "Cristo re" che ci chiede di accoglierlo nell'eucaristia, memoriale della sua morte e risurrezione, e di incontrarlo nella presenza dei più sofferenti, perché «il regno del Padre è dei poveri in spirito» (Mt 5,3). I libri sacri del Nuovo Testamento non raccontano più nulla di Maria dopo il giorno di Pentecoste. Nella Chiesa Maria divenne la donna del silenzio, la povera tra i più poveri, l'umile serva in comunione con tutti gli umili della comunità cristiana e del mondo. La sua assunzione al cielo, nell'ora della conclusione della sua esistenza terrena, non è scritta nella Bibbia, ma è venerata dal popolo di Dio che da sempre l'ha considerata una madre speciale che aiuta tutti a vivere per Cristo, con Cristo e in Cristo. È per questo che «di generazione in generazione, continuiamo ancora oggi a proclamarla beata» (Lc 1,48). Se Cristo risuscitato regna nella carne dei poveri, regnò certamente anche nella carne di Maria, che visse in comunione con tutti gli umili del popolo di Dio della nuova ed eterna alleanza, da lei identificati nella figura collettiva del «servo Israele». Chiediamole di aiutarci a scegliere anche noi il cammino dell'umiltà, per diventare segno visibile di "Cristo re" nell'ambiente in cui viviamo, perché abbiamo scoperto la gioia di condividere la missione di essere le mani, i piedi, la bocca, il cuore di Cristo risuscitato, donandoci nel nascondimento della gratuità così come sanno fare i poveri, abbandonati solo nelle mani del Padre. Allora anche questo nostro corpo, divenuto strumento della luce di Cristo, sarà trasfigurato come quello di Maria, per vivere la pienezza della comunione dei santi nell'intimità della comunione del Padre unito al Figlio nello Spirito Santo. |