Omelia (15-08-2021) |
don Alberto Brignoli |
Sapore di cielo Negli anni '60, una canzone che parlava di "sapore di sale" e di "sapore di mare" spopolava tra quelle che allora si chiamavano "balere" (divenute poi "discoteche" e ora più semplicemente "locali"). Presto, divenne il leitmotiv delle vacanze estive degli italiani, intenti - giustamente - a dare "sapore" a quei pochi giorni di ferie (anni fa, era un mese intero; ora ci si deve spesso accontentare di un weekend...) condendoli con qualche giorno di mare e di sole (o, in alternativa, di vita all'aria pura in montagna). Si dava così "sapore di mare" a ciò che ordinariamente sapeva di lavoro, di fatica, di smog della città, di traffico, di stress, di preoccupazioni... per dirla in una parola sola, a ciò che sapeva "di terra", nel senso più povero del termine, ovvero di "polvere", di "caducità", di "precarietà", di abitudinaria quotidianità. Percorrere ogni giorno le stesse strade per andare al lavoro o a scuola; calpestare sempre gli stessi marciapiedi e solcare con le ruote sempre lo stesso asfalto (magari anche un bel po' sconnesso e pieno di buche); scendere sempre dagli stessi scalini di una metropolitana o salire sempre le stesse scale per raggiungere il proprio ufficio o la propria aula... beh, certamente sono tutte cose che necessitano, ogni tanto, di poter assaporare qualcosa di diverso, anche solo luoghi diversi. E allora, arrivano il mare e la montagna a darci la possibilità di guardare in terra e vedere, anche solo per qualche giorno all'anno, prati ricoperti di un verde riposante, spiagge riempite di sabbia brillante, distese d'acqua cristallina e rinfrescante... è il bello delle vacanze, che oggi giungono al loro culmine, nel bel mezzo del mese più caldo e più lento dell'anno, per poi tornare, inesorabilmente, a discendere verso la ferialità del ritorno alla vita ordinaria, speriamo almeno un po' più sereni e rilassati, oltre che abbronzati! È importante, questo "stacco" all'interno del nostro calendario annuale, nel quale poter andare alla ricerca di un pezzo di terra da guardare, da vivere e da gustare con un sapore diverso dal solito: è importante, ma non basta. Perché avrà anche un sapore diverso dal solito, ma ha comunque sempre sapore di terra. E alla fine, quando le cose sanno di terra, puoi anche provare a girare i luoghi più esotici, le foreste più lussureggianti, le vette più maestose, i mari più caldi e cristallini: ma tutti quanti avranno il sapore inesorabile e limitato della terra. Noi, umanità di questa terra, uomini e donne di questo particolare periodo storico, abbiamo bisogno più che mai di assaporare qualcosa di più; qualcosa che non sappia sempre e solo di terra; qualcosa che ci ricordi che è vero che siamo fatti di terra e alla terra torniamo, ma che è altrettanto vero che non siamo fatti solo di terra. Siamo fatti anche di cielo, abbiamo bisogno di assaporare anche qualcosa che sappia di cielo, e questa Solennità di mezza estate ce lo ricorda, celebrando una Donna, una di noi, che dopo aver assaporato questa terra ha terminato la sua esistenza assaporando il cielo. E lo ha assaporato talmente tanto, da entrarvi totalmente, anima e corpo, per sempre. Ma non ci entra solo per compiere con la volontà di Dio: ci entra per indicarci una strada, per tracciarci una via, per farci pregustare quelle cose del cielo a cui siamo chiamati e che dobbiamo iniziare già qui ad assaporare, ad assaggiare, senza farne indigestione prima del tempo, ma provando già qui un senso di sazietà, come quegli aperitivi - tanto di moda oggi - a volte più abbondanti dei pasti che li seguono. Vogliamo provare un aperitivo di cielo, già qui? Cominciamo dalle piccole cose di ogni giorno, andando oltre a quello sguardo e a quel sapore di terra che riempiono e appesantiscono le nostre giornate. Diamo sapore di cielo alle cose della vita. Smettiamo di pensare, parlare e vivere come se tutto finisse oggi, qui, sulla terra, e non avessimo un destino più grande che ci attende in cielo. Lo chiediamo a te, oggi, Madre e Porta del Cielo. Insegnaci a superare quei discorsi fatti di terra - anzi, spesso di vero e proprio fango - conditi di banalità, insulti, trivialità, e aiutaci a parlare tra di noi di cose che sappiano di cielo, e magari, ogni tanto, se proprio non siamo più capaci di pregare, a rivolgere a te e a tuo Figlio parole un po' più umane di quelle che a volte urliamo verso il cielo e i suoi abitanti. Insegnaci ad alzare lo sguardo da terra, a guardare ai luoghi nei quali ci troviamo e a scorgere la loro bellezza, la loro sacralità, la loro storia, il loro fascino: forse, così, impareremo anche a rispettare e ad amare il creato, a capire che non tutti i discorsi che facciamo e non tutti i comportamenti che assumiamo sono adatti al luogo in cui ci troviamo. Insegnaci a guardare al di là della punta del nostro naso e della lunghezza dei nostri passi, a capire che il mondo non inizia e non finisce intorno al quadrilatero del tavolo a cui siamo seduti, o all'interno dell'abitacolo della nostra auto, o nel comodo giardino di casa nostra. Insegnaci a leggere le cose della vita con gli occhi pieni di cielo, a leggere fogli di carta che non riportino solo fatti di sport o di cronaca - nera, rosa, o gialla che essa sia - ma anche parole di vita, al di là del credo che professiamo o della molta o poca fede che pervade i nostri animi. Insegnaci ad ascoltare parole e suoni che contengano valori veri, che sappiano elevare gli animi piuttosto che rompere i timpani, che ci facciano rendere grazie a Dio di avere ancora la capacità di distinguere i rumori dai suoni, invece di dover sperare di essere sordi di fronte a molte fesserie, o peggio ancora indifferenti di fronte a certe grida di disperazione. Insegnaci a compiere gesti che abbiano autentico sapore di cielo, a comprendere che il mondo è più giusto se ognuno di noi inizia a rendere giusto il proprio pezzetto di terra, a capire che nella vita c'è qualcosa di più grande e di più prezioso dei nostri conti correnti, a smetterla di pensare sempre e solo a noi stessi e alle nostre legittime libertà individuali, e a ragionare con il senso comune del bene. Insegnaci la bellezza di riscoprire che le cose belle e importanti della vita non le troviamo piegando il collo per ore e ore verso lo schermo di un cellulare, ma tornando a guardare la gente negli occhi, a guardare avanti lasciandoci alle spalle le chimere e le ansie del passato, a sognare una vita che abbia sempre meno sapore di polvere e sempre più sapore di cielo. Di quel cielo che vive, a frammenti, nel cuore di ogni uomo e di ogni donna e che tu, Donna e Madre, abiti e vivi per sempre. |