Omelia (22-08-2021)
diac. Vito Calella
Tre domande per una sola risposta di fede

Le parole di Gesù erano giudicate da molti dei suoi discepoli come parole di un pazzo, quando, al concludere il suo discorso sul "pane di vita" nella sinagoga di Cafarnao, aveva detto: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me» (6,53-57).
Come poteva permettersi di offrire la sua carne per cibo e il suo sangue per bevanda?
Comprendiamo allora la reazione della folla che, dopo aver ascoltato le parole finali del discorso di Gesù, decise di andarsene mormorando: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?» (Gv 6,60b).
La folla era sempre rimasta ad un livello umano di comprensione. Interpretava in senso letterale l'invito di Gesù a mangiare la sua carne e a bere il suo sangue. Era scandaloso. Faceva fatica a passare ad un livello spirituale di comprensione, che gli permettesse di comprendere il significato vero del linguaggio di Gesù, che già manifestava la sua disponibilità per una offerta totale di se stesso in favore dell'umanità.
La prima domanda: «Questo vi scandalizza?»
Per questo motivo Gesù le fece una prima domanda, constatando il clima di mormorazione: «Questo vi scandalizza?» (Gv 6,61b). L'essere "mangiato e bevuto" era già un annuncio di morte e di distruzione. Per quella folla si dissipava l'aspettativa di vedere in Gesù un uomo potente e vittorioso che poteva risolvere i loro problemi. Non dimentichiamolo: Gesù era scappato dalla folla che lo voleva fare re, dopo il miracolo della condivisione dei cinque pani e due pesci.
La seconda domanda: «E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima?»
Se quella folla si scandalizzava per la prospettiva di donazione totale di Gesù, si sarebbe ancor più scandalizzata all'ascoltare la seconda domanda che Gesù le rivolse: «E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima?» (Gv 6,62). Quella folla come poteva credere che l'essere "mangiato e bevuto" di Gesù, cioè il suo donarsi totalmente alla morte, costituiva l'esperienza necessaria che Gesù doveva affrontare, in condizione di obbedienza filiale e di abbandono fiducioso al Padre, per essere riconosciuto autenticamente come il Figlio del Padre e ritornare finalmente all'eterna comunione con Lui da risuscitato?
Era umanamente impossibile per quella folla comprendere l'affermazione: «è lo Spirito che dà la vita» (Gv 6,63a). Era scandaloso per quella folla lasciarsi attrarre da un Messia con le caratteristiche di un servo sofferente, che si lascia consumare da tutti. Era ancora più scandaloso riconoscere che potesse essere risuscitato con la forza dello Spirito di Dio. Gesù, a causa dell'impossibilità di comprensione più profonda da parte delle folla, aggiunse: «la carne non giova a nulla» (Gv 6,63b).
Gesù non aveva ancora celebrato la cena pasquale in cui disse esplicitamente agli apostoli, prendendo e spezzando il pane azzimo: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me» (Lc 22,19). Non aveva ancora pronunciato la preghiera sul calice col vino dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi» (Lc 22,19); «versato per molti per il perdono dei peccati» (Mt 26,28b). Quel pane e quel vino dell'ultima cena, veramente suo corpo e suo sangue, diventavano dono gratuito del Padre unito al Figlio nello Spirito Santo per i Dodici e per l'umanità intera. Qui ed ora lo è anche per noi e per la nostra salvezza, quando celebriamo la santa messa e la vogliamo vivere come culmine e fonte della nostra esistenza.
Ma la folla e i Dodici, nella sinagoga di Cafarnao, non potevano ancora sapere l'epilogo culminante della missione del Figlio del Padre. Avevano appena imparato che lui era il «disceso dal cielo come "pane di vita eterna"» (Gv 6,35.48.51.58). Mancava ancora l'atto finale che avrebbe rivelato Gesù veramente come «via, verità e vita» (Gv 14,6a): cioè la sua donazione totalmente gratuita nella morte di croce e il suo essere risuscitato dal Padre con la forza vitale dello Spirito Santo.
Noi già conosciamo tutta la storia di Gesù, ma la folla dei seguaci e i Dodici non ancora!
In quel discorso Gesù voleva comunicare che "il pane di vita" di tutta la sua predicazione in parole doveva essere confermato dal "pane di vita" dell'evento esistenziale della sua morte e risurrezione. Per questo disse: «Le mie parole sono Spirito e vita» (Gv 6,63c). La «verità» delle sue parole ed opere doveva essere sancita dalla «via» della morte di croce e dalla «vita» del suo essere risuscitato dal Padre con la forza unitiva dello «Spirito Santo». Da risuscitato Gesù risaliva da dove era disceso, nella comunione eterna col Padre. Realizzava così la nuova ed eterna comunione con noi mediante il dono gratuito nei nostri cuori dello stesso Spirito Santo che gli dava definitivamente il potere vittorioso sul peccato e sulla morte
La terza domanda: «Volete andarvene anche voi?»
Quel linguaggio duro di Gesù provocò il rifiuto di quasi tutti i suoi seguaci. Terminato il discorso sul pane di vita, non c'era più tutta quella folla, saziata dalla condivisione dei cinque pani e due pesci. Si sgonfiò improvvisamente l'interesse ad andare in cerca di Gesù dovunque egli andasse, da una riva o dall'altra del lago di Tiberiade. Rimase soltanto Gesù con i Dodici, in un silenzio che chiedeva a ciascuno la sfida della loro libera scelta: se stare ancora con Lui o andare altrove, perché suonava forte dentro di loro la terza domanda: «Volete andarvene anche voi?» (Gv 6,67).
La risposta di Pietro
Pietro, a nome dei Dodici, aveva colto che nella persona di Gesù si rivelava tutta la fiducia del Padre nei confronti di ogni essere umano, nonostante le sue infedeltà e cadute.
In Gesù, il Figlio unigenito disceso dal cielo, Pietro percepiva tutta la misericordia del Padre verso la dignità di ogni uomo e donna, creato a sua immagine e somiglianza, per essere riscattato come figlio amato.
Gesù gli comunicava tutta la pazienza e fedeltà del Padre nell'attendere e sperare la libera risposta della conversione umana al suo progetto di regno d'amore, pace e giustizia.
Intuiva che Gesù sarebbe stato il Signore del regno del Padre, il cui trono sarebbe coinciso con un'esperienza drammatica di consumazione totale.
Pietro era riuscito a fare il salto: da uno sguardo secondo la carne ad uno sguardo secondo lo Spirito.
Contemplava Gesù, abbandonato dalla folla, ma uno col Padre.
Gesù lo aveva ripetuto per la seconda volta anche alla fine di quel lungo discorso: «nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre» (Gv 6,65). Pietro, sentendo che il Gesù era perfettamente "uno" con il Padre si comportò diversamente dalla folla e rispose sinceramente e liberamente alla domanda provocatoria del Maestro dicendo: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (Gv 6,68-69).
La risposta di Pietro diventi anche la nostra
Come Pietro, lasciamoci attrarre dalla comunione del Figlio con il Padre e della sua opzione fondamentale di obbedienza filiale.
Come Pietro, lasciamoci attrarre dall'iniziativa primaria del Padre unito al Figlio, che ci vuole far vivere la stessa comunione nello Spirito Santo ed è già venuto incontro a ciascuno di noi ancor prima che noi andessimo in cerca di Dio.
Come Pietro, lasciamoci attrarre dalla gioia di voler mettere a servizio del Padre unito al Figlio nello Spirito Santo tutto ciò che siamo e abbiamo per diventare Corpo di Cristo nel mondo, avendo finalmente riconosciuto che solo lui è il Santo di Dio.