Omelia (03-03-2003)
padre Lino Pedron
Commento su Marco 10,17-27

Il vangelo di oggi ci insegna il vero atteggiamento del cristiano nei confronti della proprietà, della povertà e della ricchezza. Il comportamento da tenere nei confronti dei beni terreni va visto in ordine a Gesù: se facilitano o impediscono il seguire Gesù. Dall'esempio presentato da questo brano di vangelo impariamo quanto le ricchezze esercitano un pericoloso potere perfino su persone serie e impegnate. Inoltre, sull'esempio di Pietro e dei primi discepoli che per Gesù hanno abbandonato tutto, siamo incoraggiati a camminare sulla via del distacco e della povertà. Non a tutti, forse, è indispensabile alleggerirsi dei propri averi; tutti però devono ascoltare l'appello a una totale dedizione, che Gesù rivolge a ciascuno, sia pure in modo diverso. Si tratta di fare spazio a Gesù. Rinunciare a se stessi per seguire Gesù significa concretamente togliere di mezzo gli idoli che occupano lo spazio e il tempo della nostra vita, e sono di ostacolo sulla via del regno di Dio.

L'uomo di cui parla il vangelo è un osservante della legge (v.20), ma il seguire Gesù è molto di più che il semplice adempimento della legge. Anche il giusto ha un distacco da fare e non è detto che sempre lo faccia. Il peccatore pubblico Levi (cfr Lc 5,27-28) accettò l'invito, l'uomo ricco, giusto e osservante lo rifiutò. Una vocazione mancata a causa della schiavitù delle ricchezze. Queste perciò non sono innocue, ma tendono a rendere l'uomo schiavo. Quando questo avviene, le ricchezze comandano e l'uomo obbedisce. L'avidità di ricchezza è vera idolatria (cfr Col 3,5) e l'attaccamento al denaro è la radice di tutti i mali (cfr 1Tm 6,10). Il denaro è un ottimo servo, ma un pessimo padrone. Rifiutando la libertà che gli viene offerta, questo tale se ne va rattristato. Questa tristezza è segno che la grazia l'ha toccato: la sua ricchezza si oppone attualmente al progresso spirituale, ma la misericordia di Dio l'ha reso cosciente di ciò, facendogli capire che, con le sue azioni e osservanze, non può ottenere in eredità la vita eterna. La tristezza che lo invade è dono dell'amore del Dio buono (v.18) che incessantemente lo chiama. Fino a questo punto l'attaccamento ai suoi beni lo rende cieco: non vede il suo vero bene che è Dio presente in Gesù. Nell'alternativa o Dio o mammona, sceglie mammona, ossia le cose che possiede. Alla fine, invece della gioia di chi ha trovato il tesoro (cfr Mt 13,44), ha la tristezza di chi l'ha perduto.

E' difficile entrare nel regno di Dio per coloro che hanno ricchezze (v.23) e anche per gli altri (v.24). Un giorno Gesù aveva parlato di quelli che ricevono il seme della Parola tra le spine: "Sono coloro che hanno ascoltato la parola, ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e l'inganno della ricchezza e tutte le altre bramosie, soffocano la parola e questa rimane senza frutto" (Mc 4,18-19). Le ricchezze, ma non solo le ricchezze, possono preoccupare e ingannare l'uomo e soffocare la parola di Dio nel suo cuore.

Tutti siamo troppo grandi per entrare nel regno di Dio dove entrano solo i piccoli e i bambini: siamo cammelli che tentano buffamente di passare per la cruna di un ago. Riconoscere questa nostra impossibilità è già un buon punto di partenza per diventare piccoli.

Salvarsi non è né facile né difficile: è assolutamente impossibile all'uomo. Solo Dio può salvarci. Il mestiere di Dio è fare ciò che è impossibile all'uomo. A noi non resta che chiedere, nonostante le nostre resistenze contrarie, questa salvezza impossibile che solo Dio può donarci.