Omelia (05-09-2021)
padre Antonio Rungi
Credere nell'amore e nella vicinanza del Signore

La parola di Dio della XXIII domenica del tempo ordinario, prima domenica di settembre 2021, è un chiaro invito alla speranza nella vita, nella salute fisica e spirituale.

Il profeta Isaia nella prima lettura di questa domenica ci invita al coraggio: «Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi». Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto, perché scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa. La terra bruciata diventerà una palude, il suolo riarso sorgenti d'acqua". Il profeta anticipa quello che si realizzerà in modo pieno, vero e costante con la venuta di Gesù Cristo, il buon samaritano che sana le piaghe dei tanti ammalati, guariti con il suo amore e la sua tenerezza. Infatti, leggiamo nel vangelo di oggi della guarigione, operata da Gesù, di un sordomuto. Si tratta di uno dei tanti miracoli che gli evangelisti riportano e che San Marco in particolare presenta in modo dettagliato, quasi fosse una cronaca per un giornale. D'altra parte lo stile di San Marco è esattamente quello giornalistico, molto sintetico, preciso e veritiero.

Prima di tutto Marco, nel brano ascoltato, ci presenta Gesù in viaggio da una parte all'altra della Palestina e che uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, viene verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.

Siamo quindi al contesto storico geografico in cui avviene questo miracolo di particolare significato liturgico e spirituale.

Infatti racconta San Marco che gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano.

Gesù accetta l'invito a fare qualcosa per quel bravo uomo e procede secondo il suo modo di operare con discrezione.

Prese in disparte il sordomuto, lontano dalla folla e a questo punto quando furono soli gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua.

Ogni intervento dall'Alto richiede sempre la richiesta dal basso. Dio non ci concede se non quello che con umiltà gli chiediamo. Se non abbiamo bisogno di Lui, certamente non ci abbandona, ma non ci costringe a battere per necessità alle porte del suo cuore.

Quindi Gesù, nel procedere in questo itinerario di guarigione, pregò come sempre alzando gli occhi al cielo ed emise un forte sospiro, quasi a recuperare tutte le energie spirituali e fisiche per operare questo miracolo eccezionale. Possiamo dire un doppio miracolo in quanto si trattava di un sordo e muto insieme. Due patologie gravissime che al tempo di Gesù non si potevano curare come in parte si curano oggi.

Rivolto al sordomuto gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. Gli effetti dell'intervento di Gesù subito si fanno vedere e sentire, in quanto il sordo incomincia ad ascoltare le voci delle persone e inizia anche a comunicare con la parola. Cosa voglia significare tutto questo è facile da intendersi. Bisogna ascoltare Dio che ci parla in tanti modi e in modo del tuo speciale ci parla attraverso il suo Figlio, Gesù Cristo. Dall'ascolto si passa all'annuncio, alla proclamazione della parola di Dio, alla comunicazione della nostra esperienza che facciamo di Dio nella preghiera personale e comunitaria, nella contemplazione, nella liturgia, nella formazione delle coscienze e delle menti per agire secondo quanto Dio ci ha detto da sempre. Il sordomuto guarito, non rispetta quello che Gesù gli aveva comandare di fare e cioè di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!». E' proprio vero che neppure il Signore può limitare la nostra vera gioia, quando è proprio Lui a sapercela donare, anche mediante segni straordinari come un miracolo. Prendiamo esempio da questo uomo guarito nel corpo e soprattutto nel cuore ed anche noi stiamo operatori di gioia e speranza nel mondo in cui viviamo e che attende anche un nostro umile e semplice gesto di bontà, attenzione ed amore verso Dio e verso il prossimo.


Il trittico dei testi biblici di questa domenica hanno un corollario di sintesi e di armonia spirituale nella lettera di San Giacomo Apostolo, testo della seconda lettura di oggi, nella quale c'è un invito esplicito a mettersi da parte degli ultimi e dei poveri per vivere davvero quel Vangelo che ha un peso, una storia, una credibilità attraverso propri la testimonianza della carità: "Fratelli miei, la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria, sia immune da favoritismi personali. Supponiamo che, in una delle vostre riunioni, entri qualcuno con un anello d'oro al dito, vestito lussuosamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se guardate colui che è vestito lussuosamente e gli dite: «Tu siediti qui, comodamente», e al povero dite: «Tu mettiti là, in piedi», oppure: «Siediti qui ai piedi del mio sgabello», non fate forse discriminazioni e non siete giudici dai giudizi perversi?"

Quante volte, purtroppo, avvengono queste cose nelle nostre assemblee anche domenicali e festive.

Diamo la precedenza e preferenza ai ricchi, a chi conta nella società, a chi ci mette paura e minaccia, a chi può farci un piacere, aiutarci, alle autorità di ogni grado che godono poi anche di protezioni fisiche e di scorte varie anche nei luoghi di culto. Siamo preoccupati e terrorizzati che possono farci del male e quindi ci difendiamo con tutti i mezzi a disposizione; mentre chi non conta, non viene considerato e addirittura oscurato, zittito, emarginato. Ci serva da monito quello che scrive questo apostolo di Cristo, Giacomo, molto pratico ed osservatore attento della realtà: "Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che lo amano?".

L'opzione fondamentale dei poveri deve essere la scelta di ogni cristiano che dice di avere fede, ma poi non pratica le opere di misericordia corporale e spirituale e soprattutto è arrogante, superbo e presume di essere il primo ed insostituibile in ogni cosa, al quale di deve rispetto, venerazione e considerazione in ragione dei soldi che ha e del prestigio sociale che ha scalato. Invece sia questo il nostro modo di pensare e soprattutto pregare sull'esempio di Cristo che da ricco si è fatto povero per arricchirci noi delle cose che davvero contano e hanno valore davanti ai suoi occhi: "O Padre, che scegli i piccoli e i poveri per farli ricchi nella fede ed eredi del tuo regno, dona coraggio agli smarriti di cuore, perché conoscano il tuo amore e cantino con noi le meraviglie che tu hai compiuto". Amen.