Omelia (12-09-2021) |
diac. Vito Calella |
La carta di identità del discepolo di Gesù Cristo, Figlio di Dio Chi è Gesù? Chi è il discepolo di Gesù? Dovremmo avere tutti la nostra carta d'identità, e sappiamo che lo scopo di questo documento è definirci distinguendoci dagli altri. Il Vangelo di Marco è stato scritto con lo scopo di definire l'identità del cristiano, cercando di rispondere alla domanda: «Chi è il vero discepolo di Gesù?» L'evangelista Marco ha voluto offrire alla comunità cristiana di Roma un catechismo per preparare i catecumeni a celebrare consapevolmente e con gioia il loro battesimo. Peò non è possibile definire l'identità del cristiano senza prima dire l'identità di Gesù. È rispondendo alla domanda «Chi è Gesù?» che è possibile rispondere all'altra: «Chi è il vero discepolo di Gesù?» Mentre Gesù annunciava il regno di Dio con parabole e discorsi e compiva miracoli, il popolo, le autorità della religione giudaica e perfino il re Erode Antipa si erano posti più volte questa domanda: «Chi è questo Gesù?»; furono date diverse risposte, che sono state riassunte quando Gesù ha chiesto ai suoi discepoli: «Chi dicono gli uomini che io sia?» (Mc 8,27). All'inizio del suo libro, l'evangelista scrive una frase che sembra essere il titolo della sua opera: «Principio del Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio» (Mc 1,1). Ci aiuta, fin dal primo versetto del suo vangelo, a prendere coscienza di questi due titoli, Cristo e Figlio di Dio, che rivelano l'identità di Gesù e segnano la divisione della sua opera in due parti:. La prima parte del libro di Marco va dal primo all'ottavo capitolo; corrisponde alla missione pubblica di Gesù nella regione della Galilea e dintorni, che ha il suo culmine nella solenne confessione di Pietro, come abbiamo appena ascoltato: «Tu sei il Cristo» (Mc 8,29). La seconda parte inizia con il primo annuncio, fatto da Gesù stesso, della sua passione, morte e risurrezione, che segue la confessione di Pietro; va da Mc 8,30 alla fine del libro; descrive il cammino di Gesù verso Gerusalemme e il punto più alto di questa parte è ai piedi della croce di Gesù, quando l'evangelista Marco fa dire al centurione romano la confessione di fede che corrisponde a quella di ogni battezzato: «Veramente quest'uomo era Figlio di Dio» (Mc 15,39). Per comprendere il vero significato dell'identità messianica di Gesù, non è bastato a Pietro avere la risposta giusta dicendo: «Tu sei il Cristo». Bisognava che avesse la pazienza e il coraggio di camminare «dietro a Gesù», avrebbe dovuto arrivare a sostare sotto la croce e scoprire che Gesù era veramente il Cristo, cioè era sì l'unto dallo Spirito Santo, era sì l'inviato dal Padre per compiere la sua missione liberatrice nel mondo, ma doveva essere il Messia col volto del servo sofferente di Jhwh. Gesù si sarebbe rivelato un re liberatore secondo la presentazione fatta dal profeta Isaia, cioè di un uomo obbediente a Dio Padre, disposto ad affrontare le sofferenze con la faccia dura come una pietra, portando sulla schiena i segni delle sferzate violente dell'egoismo umano (cfr Is 50,5-7). Pietro amava Gesù, ma non riusciva a capire il significato di tanta umiliazione e spreco di vita. Noi già sappiamo che non riuscì ad arrivare ai piedi della croce, ma rinnegò tre volte il suo Maestro. Prima ancora di arrivare a Gerusalemme, si era ribellato, aveva rimproverato Gesù per aver iniziato ad annunciare apertamente quel destino crudele della sua passione e morte. Non prestò attenzione alle parole del suo Maestro, che però aveva parlato anche di risurrezione. Secondo la mentalità di questo mondo, Pietro pretendeva che Gesù si dimostrasse potente e vincitore contro ogni forma di oppressione e infine ristabilisse il regno di Israele. Ciò era in opposizione al piano di Dio ed è per questo che Gesù lo definì col nome di «Satana». Se Gesù è il Cristo, il Messia servo sofferente, la cui principale opzione nella sua vita fu l'obbedienza perseverante alla volontà del Padre, qual è l'identità del suo vero discepolo? Diventa un vero discepolo di Gesù colui che «rinuncia a se stesso», cioè mette da parte i suoi interessi personali, i suoi progetti; si mette in atteggiamento di ascolto della volontà del Padre, volendo fare dell'obbedienza una delle scelte più importanti nella sua vita. Questa scelta di obbedienza si realizza concretamente attraverso il suo decidere di dedicare tempo e spazio nella propria vita quotidiana all'ascolto orante della Parola di Dio, attraverso la preghiera. Ogni discepolo di Gesù faccia sue le parole del servo di Jhwh che così pregava: «Il Signore Jhwh mi ha dato la lingua di un discepolo perché sappia aiutare gli scoraggiati con una parola di coraggio. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Signore Jhwh mi ha aperto l'orecchio e io non ho opposto resistenza e non mi sono tirato indietro» (Is 50,4-5). «Rinunciare a se stessi» costa sacrificio. Forse la «croce» che il vero discepolo di Gesù è chiamato a portare nella sua vita quotidiana è passare dall'ascolto orante della Parola di Dio alla pratica della cura del bene degli altri, raggiungendo i più sofferenti, gli scoraggiati, il più povero, unendo preghiera e opzione preferenziale per i poveri. Il vero discepolo che «rinuncia a se stesso» si dedica gratuitamente a donare ciò che è e che ha nella sua comunità affinché il regno di giustizia e di pace di Dio diventi realtà nelle sue relazioni con gli altri esseri umani e nel rispetto della natura creata da Dio. Agire così significa «portare la croce» della perseveranza in mezzo a persecuzioni e sottoposti a tentazioni. Forse la «croce» che il vero discepolo di Gesù è chiamato a portare nella sua vita quotidiana è la sfida di legare il culto liturgico svolto in chiesa con la coerenza del comportamento morale fuori di chiesa, nel posto di lavoro, in famiglia, quando si deve maneggiare il denaro e si discute di finanze, quando si è messi di fronte al bivio di scegliere azioni a favore del bene comune di tutti oppure a favore di interessi personali e di gruppo. Forse la "croce" della vita quotidiana è proprio questo legame essenziale tra la fede e le opere di carità e di rispetto per gli altri, proprio come esortava l'apostolo Giacomo nella sua lettera. Se Gesù è il Figlio di Dio, allora chi è il suo vero discepolo? Abbiamo già visto che fu un pagano, capo dell'esercito romano, a riconoscere l'identità di Gesù come "Figlio di Dio" al momento della sua morte in croce. Noi, insieme a Pietro e agli altri discepoli, vogliamo ringraziare quell'uomo straniero che ci ha dato una così bella testimonianza di fede. Ma cosa contemplò, oltre a vedere un uomo appeso all'albero di una croce scandalosa? Vide un uomo innocente che perse la vita, apparentemente abbandonato da Dio, a causa di quel grido: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mc 15,34). Vide le tenebre del cielo alle tre del pomeriggio, contemporaneamente all'ora della morte; seppe del velo del tempio, che separava il luogo più santo dal mondo esterno: «era stato squarciato da cima a fondo» (Mc 15,33.38). Quella che sembrava la vittoria delle tenebre dell'egoismo e dell'ingiustizia su quel corpo crocifisso era in realtà l'apertura piena dell'amore misericordioso e fedele del Padre, che attraverso le braccia aperte del Figlio inchiodato alla croce, ha voluto donare perdono e salvezza a tutta l'umanità ancora peccatrice. L'abbandono fiducioso al Padre, della sua vita perduta solo per amore, ha permesso a Gesù di sperimentare la trasfigurazione del suo corpo crocifisso in corpo vivo per sempre. Se Gesù è il Figlio di Dio che ha accettato di perdere la vita per amore, per rivelare al mondo la volontà del Padre di salvarci tutti gratuitamente con l'abbraccio della sua misericordia e fedeltà, qual è l'identità del suo vero discepolo? Gesù ha anticipato la risposta subito dopo aver chiesto a Pietro-Satana di stare dietro di lui: è vero discepolo di Gesù chi sceglie liberamente di «voler perdere la vita per Gesù e per la buona novella del Vangelo» (Mc 8,35b). Signore, più mi perdo per gli altri, più guadagnerò in comunione e fratellanza, non per i miei meriti, ma perché il tuo Spirito Santo opera attraverso la mia resa. Fammi camminare con te, alla tua presenza, nella terra di tutte le mie relazioni. Solo in te, con te e per mezzo di te, con la forza dello Spirito Santo posso contribuire a far accadere la bellezza dell'unità nella carità, perché mi sento fratello di tutti e figlio del Padre. Insieme ai miei fratelli e sorelle vivremo già il gusto salvezza che sperimenteremo in pienezza quando la perdita radicale della nostra morte fisica diventerà la porta della piena comunione con te unito al Padre e a tutti i santi in un solo Spirito. |