Omelia (26-09-2021)
mons. Roberto Brunelli
I cristiani non sono una setta

Il vangelo della scorsa domenica parlava dei bambini, e si diceva a commento che in loro, fragili e poveri di risorse, si potevano vedere anche gli adulti in condizioni economiche, sociali, fisiche e psicologiche di debolezza. Il vangelo di oggi (Marco 9,38-48) torna sull'argomento parlando dei "piccoli", che nel linguaggio di Gesù sono appunto, oltre ai bambini, tutti gli svantaggiati.
Per capire le parole del Maestro su di loro, occorre anche chiarire il senso di un'altra parola, "scandalo". Di di per sé, il termine scandalo indica una pietra che fa inciampare il viandante e lo fa cadere, con conseguenze più o meno gravi; ma Gesù lo usa in senso morale, per designare quelle parole e quei comportamenti che inducono i "piccoli", più o meno consapevolmente, a convinzioni e comportamenti negativi, dannosi per sé e per gli altri, quando non addirittura colpevoli davanti a Dio. Chi fosse causa di uno scandalo ne porterebbe tutta la responsabilità, con conseguenze gravissime; il divino Maestro lo proclama con parole tra le sue più severe, che non richiedono commento ma solo un risveglio del senso di responsabilità. Dice: "Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare".
Prima di questo, il vangelo odierno tocca un altro argomento. "Maestro, abbiamo visto uno
che scacciava demoni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva" (cioè faceva
del bene ma non è dei nostri). Lo dice uno degli apostoli, riflettendo verosimilmente anche la
mentalità dei suoi compagni, e non solo loro: di un simile atteggiamento la Bibbia stessa offre altri
esempi (come quello già dei tempi di Mosè, esposto nella prima lettura: Numeri 11,25-29) ed altri
ancora, frequenti, ne offrono la storia e l'attualità. E' la mentalità settaria di chi ritiene di detenere il
monopolio della verità, della giustizia, del bene, e considera usurpatori quanti in qualche misura lo
condividono. Ma per i cristiani non è, non deve essere così. "Non glielo impedite", comanda
Gesù; "chi non è contro di noi è per noi".
Nei secoli, come tuttora specie da parte dei missionari, l'aderenza al vangelo ha portato i
cristiani a creare ospedali, scuole, orfanotrofi, mense per i poveri e una miriade di altre opere di
assistenza e di promozione della dignità umana. Se poi, come è avvenuto spesso, di quelle opere i
governi si sono appropriati (magari anzi, riconoscendone l'utilità e disponendo di mezzi più
cospicui, incrementandone numero e qualità), nessuna recriminazione! Se il bene vien fatto, non
importa da chi; la carità cristiana trova sempre nuovi campi di applicazione.
Qualche problema semmai sorge con chi pretende di appropriarsi della verità, assumendo un atteggiamento intollerante verso i portatori di altri principi e valori, un atteggiamento che non di rado, anche ai nostri tempi, sfocia in tentativi di prevaricazione quando non -- lo sanno bene i cristiani di troppi Paesi di questo mondo -- in forme aperte o subdole di persecuzione. In proposito torna utile quanto ha affermato il Concilio Vaticano II ("Nostra Aetate", 2) circa i rapporti con le religioni non cristiane: "La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che,
quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non
raramente riflettono un raggio di quella Verità che illumina tutti gli uomini".
Dunque, il Concilio ribadisce che i cristiani non sono una setta; pur senza tradire le proprie
convinzioni, sono felici di riconoscere in quelle di altri le consonanze con le proprie, e sono disposti
a collaborare con loro per il bene comune; hanno il diritto-dovere di proporre quello in cui credono,
ma non pretendono di imporre nulla a nessuno, e si aspettano dagli altri lo stesso atteggiamento.