Omelia (26-09-2021) |
don Mario Simula |
La gelosia che corrode La gelosia per il bene compiuto dagli altri è una stoltezza. E' segno di una chiusura d'animo mortale. Non saper godere del bene, chiunque lo compia, trasforma il nostro cuore in una sorta di integralismo spirituale del privilegio. Io sono buono. Io possiedo il dono. A me soltanto Dio ha dato l'esclusiva di una vita degna della persona umana. Stiamo lontani da coloro che si sentono appaltatori dei privilegi spirituali. Vendono soltanto la loro mercanzia scaduta. La vendono cara. Non gli importa del bene che compiono ma degli utili sui quali possono fare affidamento. Giovanni, l'apostolo dell'amore, si avvicina a Gesù con arroganza insolita per dirgli: "Abbiamo visto uno che scacciava i demoni nel tuo nome. Noi volevamo impedirglielo perché non ci seguiva". Non è "dei nostri". Come fa ad arrogarsi questo potere che appartiene solo a Gesù e a coloro che lo seguono? Gesù guarda il profondo del cuore e la lunghezza della storia. Accoglie ogni bene che possa rendere migliore il mondo. "Sponsorizza", col suo amore, ogni atto che libera e che migliora la qualità della vita. "Non glielo impedite perché non esiste uno al mondo che possa compiere un miracolo nel mio nome e poi possa parlare male di me. Chi non è contro di noi è per noi". Il mondo è pieno di un'infinità di atti solidali, di atteggiamenti di amore e di compassione, di gesti di misericordia e di perdono che maturano nel cuore di persone di buona volontà. Sono gli anonimi del bene che tengono in piedi il mondo. Nel silenzio della vita quotidiana riescono a seminare speranza. Hanno sempre le mani ricolme di grano e di bulbi, di piccoli virgulti e di querce in germoglio. A tutto danno vita perché non cercano la vanagloria, il consenso, la restituzione interessata. Conoscono soltanto le mani aperte verso tutti. Eppure non sono ricchi, opulenti, graduati. Sono cuori semplici che sentono il bisogno di esistere per qualcuno che aspetta un piccolo segnale di speranza e di consolazione. Sono le persone che "non perderanno la loro ricompensa", dice Gesù, il quale sembra nutrire per esse una particolare tenerezza, un debole di amore. Anche Mosé aveva vissuto una situazione molto simile. Dio toglie una parte dello spirito che era su di lui e lo pone sopra i settanta anziani che lo aiutavano nel giudicare le cause della gente. Due di questi anziani non sono presenti in quel momento. Ricevono ugualmente lo spirito di Mosè. Questo fatto scatena la protesta di Giosuè. Non era concepibile che anch'essi profetizzassero. Le parole di risposta da parte di Mosè sono sublimi: "Giosuè, sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!". Se ogni chiesa fosse una comunità di profeti, perché lascia dilagare lo Spirito al suo interno, il mondo sperimenterebbe l'incendio di Dio che passa. Se ognuno che abbia autorità nella chiesa fosse felice della molteplicità dei carismi e li accogliesse tutti e li rispettasse tutti e li favorisse tutti, non conosceremmo centri di potere. Stazioni dove alberga l'autorità unica che mette il bavaglio alla parresia, cioè alla franchezza del confronto e dello scambio. Avremmo comunità ricche di "sinodalità" autentica e vissuta. Le voci profetiche, anche quelle dei più umili, sarebbero fari abbaglianti di giustizia, di condivisione, di vita spesa per gli altri all'interno di ogni comunità. Certamente troveremmo voci di denuncia evangelica davanti ad ogni disprezzo del valore della persona. L'appello, senza mezzi termini, dell'Apostolo Giacomo, aspetta ancora queste voci profetiche. Uno degli scandali più immondi del nostro tempo è l'accumulo di ricchezza nelle mani di pochi, mentre i più muoiono nella miseria. San Giacomo è molto realista. Viene il giorno nel quale ogni ricchezza, ogni piacere, ogni delizia, ogni benessere usato per ingrassare chi già possiede a dismisura, marcirà. Sarà fonte di liti e di ruggine che tutto consuma. Lo stipendio non dato al lavoratore. La ricerca dei massimi guadagni senza pensare alla disperazione degli onesti che hanno contribuito alla ricchezza dei padroni disonesti. Tutto questo è un urlo che arriva alle orecchie di Dio. L'appello stesso di Gesù aspetta voci profetiche. Il mondo sembra appartenere a coloro che non hanno pudore nel seminare scandalo. Ad essi non importa dei bambini, dei ragazzi, dei giovani. Se possono li usano alienandoli con i loro pessimi esempi. Gesù riserva loro un "guai!" che fa terrore. E' meglio tagliare mano e piede, gettare via gli occhi o qualsiasi parte di noi stessi, piuttosto che scandalizzare uno dei tanti "piccoli" di ogni età che entrano nella pattumiera di coloro che scandalizzano, allontanandoli dal bene. Per questi "mostri", spesso eleganti e inappuntabili, rimane soltanto la condanna all'odio. Hanno talmente odiato la vita propria e quella degli altri, da non riuscire a fare altro che produrre ininterrottamente odio. Anche dopo la loro morte troveranno soltanto odio gelido. Non solo. Ma "Il loro verme non muore. Il fuoco non si estingue". La voce e la vita del profeta, di ogni cristiano profeta, di ogni comunità profetica si mette accanto agli sfruttati, ai padri e alle madri che vedono traballare il futuro dei figli. Accanto ad ogni "piccolo" violentato nei pensieri, nel cuore, nel corpo. Non possiamo dire: "Me ne frego!". Devo dire: "Mi interessa. Mi sta a cuore. Farò la mia parte. A qualsiasi costo". Se fossimo tutti profeti nella Chiesa vedremmo miracoli inattesi. Vedremmo fiorire giustizia, amore e pace. Chiediamoci tutti con onestà: "E' meglio essere complici, piuttosto che apparire sovversivi?". Gesù, non riesco a comprendere se nella mia vita esistano zone purulente di scandalo. Non so se i miei giorni e le mie opere sono trasparenza di una vita coerente e coraggiosa. Gesù, mi devi aiutare a mettere il dito nella piaga. In certi momenti ho la sensazione che tu abbia preso le distanze dalla mia vita e da quella della comunità di fede nella quale sono nato e cresciuto. Ti sembra troppo compromessa nella mondanità, nella ricerca di affermazioni personali, di spazi esclusivi riservati a chi è meglio sostenuto e più stranamente spregiudicato. Gesù, mi manca la profezia come dono fatto a me per gli altri. Ci manca la profezia della comunità intera. Gesù, Tu più di me sai che questo argomento è un po' scomodo, taciuto, ovattato in un silenzio colpevole. Gesù, tu sei stato inviso per le tue beatitudini strane. Sei stato messo al bando perché non frequentavi i salotti e preferivi i banchetti assiepati di ciechi, di storpi, di "scimuniti", di scarti umani. Quando, addirittura non avevi paura di preferire, palesemente, i banchetti dei pubblicani e dei peccatori, nei quali riuscivano ad infiltrarsi spudoratamente anche le prostitute. Gesù, per primo ci hai "messo la faccia" perché lo scandalo, quello vero, non il tuo che era uno scandalo per amore, non appassionasse nessuno e per nessun motivo. Di te si diceva, riportandola come accusa: "Perché il vostro maestro sta con i peccatori?". Se poi osavi contestare i tuoi contestatori, venivi considerato un bestemmiatore, uno scomodo guerrafondaio che non rispettava la legge dei padri e nemmeno quella dei padroni. Gesù, sono proprio fuori posto, davanti a te. Sicuramente distribuisco scandalo con la mia inerzia, con l'indifferenza, con l'eccessiva prudenza, con un'obbedienza senza dialogo. Sicuramente distribuisco scandalo con i miei peccati sempre "misurati" con cura, perché non arrivino alla soglia di guardia nella loro gravità. Sicuramente distribuisco scandalo quando mi domina la durezza del cuore e la chiamo intelligenza, cultura, conoscenza. Gesù, hai veramente un bel da fare. Mi vuoi condurre a liberare la profezia che è in me. Gesù, tu vuoi farmi fare questo tirocinio impegnativo. Dammi anche la forza e il coraggio di aderire. Ti rassomiglierei fino a "non essere più io a vivere". |