Omelia (26-09-2021) |
don Giacomo Falco Brini |
Dio include quel che l'uomo esclude Il vangelo di oggi è strutturato in 2 scene. La prima riguarda una sentenza di Gesù sull'osservazione di Giovanni circa l'esorcismo operato da un "outsider" della chiesa nascente. La seconda riguarda un monito e un'esortazione generale molto importanti rivolti a tutti i credenti in Lui. In mezzo, la promessa del Signore a chiunque operi un gesto di accoglienza verso un discepolo, solo perché gli appartiene (Mc 9,41). Ma procediamo secondo l'ordine narrativo. L'osservazione di Giovanni nasce dalla stessa radice della protesta di Giosuè (cfr. 1a lettura). La gelosia è brutta roba, anche perché si nasconde molto bene dietro a tanto zelo religioso. Sia Mosè che Gesù rispondono perentoriamente: parole da ricordare bene agli integralisti di tutti i tempi che rivendicano il copyright sull'azione di Dio. Meno male che Dio, liberissimo nella sua azione contro il male, compie prodigi anche fuori dai canoni e dagli stretti confini del nostro spirito religioso! È la tentazione di sempre, già presente agli albori della sua chiesa. Ridurre il braccio misericordioso di Dio alla nostra misura, rivendicare un'esclusiva su Dio e le sue cose, pensare che sia "di marca" solo quello che c'è nella chiesa o nel gruppo ecclesiale di riferimento, vivere come se solo nella chiesa ci fosse il bene D.O.C. e D.O.P. Ecco, Gesù stigmatizza questo atteggiamento incarnato dalle parole di Giovanni. Da notare che l'azione di costui è riprovata non perché cacci il male, ma perché non lo fa secondo il proprio schema mentale e perché non rientra nel gruppo dei Dodici. Come dire, quando i canoni, gli schemi e il curriculum sono più importanti della sostanza. Ma se la forma diventa più importante della sostanza, cosa succede? Succede che si arriva a voler bloccare il bene (Mc 9,38). Si arriva a pretendere di certificarlo, invece che lasciarsi meravigliare dalle sue manifestazioni. Succede che si burocratizzano le cose di Dio. E così abbiamo fenomeni come il clericalismo, il formalismo religioso ecc. Tutto ciò che porta a vivere il dono della fede in modalità "esclusiva" non viene dallo Spirito Santo. Viene piuttosto da un altro spirito. Dio non agisce per la salvezza di un'élite di uomini. Dio nostro salvatore vuole che tutti gli uomini siano salvi e conoscano la verità (1Tm 2,4). Su questo criterio andrebbero sempre valutate le nostre pastorali e i nostri giudizi. È la logica missionaria di Dio che si muove sempre per includere i suoi figli dispersi, la logica del pastore/padre misericordioso che va in cerca di ogni figlio perduto. La risposta perentoria di Gesù a Giovanni non ammette altre interpretazioni. Circa il monito e le raccomandazioni della 2a parte del vangelo, contrariamente al suo immaginario interpretativo più immediato, il Signore vuole ricordarci che tra tutti gli scandali possibili ce n'è uno peggiore di tutti da cui guardarci: quello contro uno solo di questi piccoli che credono in me (Mc 9,42). Le immagini a tinte forti a cui ricorre Gesù per dire come porvi rimedio sono parte del tipico linguaggio paradossale del vangelo. È evidente che non si può interpretare alla lettera quel che ci dice. Provando a declinare le parole di Gesù: meglio morire di una morte tremenda piuttosto che sviare, mortificare, scoraggiare o addirittura scacciare un credente dalla fede debole. Meglio rimanere amputati in qualche membro del nostro corpo piuttosto che far inciampare un fratello o una sorella nella fede. Poiché siamo membra gli uni degli altri (Ef 4,25), meglio perdere una parte di me piuttosto che far perdere un fratello o una sorella per cui il Signore ha dato la sua vita. Insomma, se si vuole seguire Gesù, bisogna essere impegnati nel tagliare con tutto ciò che fa inciampare gli altri e sé stessi. Perché alla fine, tra i piccoli che credono in Gesù ci sono anche io, ci sei tu che leggi, ci sono i primi discepoli e c'è anche quel tale che nel nome di Gesù operava esorcismi al di fuori della cerchia dei Dodici. Possono essere di scandalo ai fratelli persino cose in se stesse buone: si leggano le parole di S.Paolo che ci dà l'esempio di come si ama in 1Cor 8,1-13 e in Rm 14,1-16. L'amore vero ha sempre una attenzione maggiore al fratello debole ed è sempre disposto a camminare con il suo passo, pur di non escluderlo. |