Omelia (26-09-2021) |
padre Gian Franco Scarpitta |
I "semi del Verbo" La Chiesa è "colonna e fondamento della verità" (1Tm 3, 15) ed è l'unica detentrice e dispensatrice degli insegnamenti di Cristo e degli elementi di salvezza. Cristo ha voluto un'istituzione visibile per condurre il suo popolo alla salvezza e alla vita eterna e questa risiede esclusivamente nella Chiesa Cattolica e, per quanto siano state dibattute le interpretazioni su questa tesi, al di fuori della Chiesa non vi è salvezza. Questa verità è fondamentale e irrinunciabile ad accettarsi da parte di un cattolico, tuttavia non autorizza nessuno di noi a screditare la validità e la profondità spirituale di altre fedi religiose; non ci esime dal considerare la ricchezze di elementi di saggezza e di verità presenti anche presso altre confessioni o in ambiti culturali lontano dal nostro. Il bene, se è reale e autentico, è esaltante da qualsiasi parte provenga, va perseguito, sostenuto e coltivato sotto qualunque aspetto e soprattutto va messo in pratica, anche quando ad insegnarcelo sono persone e istituzioni differenti dalla nostra Chiesa. E neppure le risorse di edificazione teologica e spirituale vanno screditate, sebbene provenienti da altri ambiti culturali e religiosi. Al contrario, proprio Gesù ci ragguaglia del fatto che codesti elementi di vita e di salvezza riscontrabili presso altre religioni e presso altri popoli, sono frutto dello stesso Spirito Santo effuso a Pentecoste sugli apostoli, il quale non conosce limitazioni o confini. Come il vento soffia dove vuole senza che noi possiamo carpirne la provenienza e la direzione, così anche chiunque proviene dallo Spirito: i suoi doni e i carismi di cui dispone, non hanno confini. Anzi lo stesso Spirito soffia dove vuole (Gv 3, 8) e secondo la sua libertà e la sua autonomia può apportare i suoi benefici ovunque, anche al di fuori dei nostri ambiti. Lo Spirito Santo non è limitato da nessuno nella sua opera di salvezza e qualsiasi tentativo di appropriarcene o di isolarlo (purtroppo esistito ed esistente) è banale e contro producente. Nessuno può costringere Dio a manifestarsi a noi soltanto e ad escludere altri dalla sua rivelazione; nessuno può catturare lo Spirito Santo e appropriarsene a suo uso e consumo; nessuno può porre limiti alla grande opera di salvezza voluta da Dio. Per questo Gesù, dopo aver istruito gli apostoli sull'umiltà quale risorsa reale di grandezza e sul servizio come elemento di autorità, adesso li invita ad allargare il loro cuore e ad estenderlo verso sconfinati orizzonti. Esorta Gesù a non usare distacco e ritrosia nei confronti di coloro che ammirano Gesù pur non essendo propriamente suoi seguaci; i suoi discepoli non devono impedire a nessuno di operare il bene ricorrendo al suo nome, indipendentemente dal fatto se avranno successo o meno. Vi è infatti un episodio di esorcismo, di cui parlano di gli Atti degli Apostoli, realizzato ad opera di sette Giudei che tentano di liberare un ossesso parlando al maligno "in nome di quel Gesù che Paolo predica"; ma il loro tentativo non ha successo e vengono tutti feriti e mutilati dall'uomo indemoniato che li costringe a fuggire (At 19, 13 - 17). Evidentemente, da zelanti Giudei, non avevano glorificato Gesù e ostentavano una prerogativa che di fatto non avevano, ricorrendo al suo nome più per convenienza o per interesse che per radicata fede e convinzione. Forse confondevano Gesù con una sorta di magia o di sortilegio, cosa non infrequente in quell'epoca e in quella prassi In ogni caso, che abbiano agito nel nome di Gesù non è riprovevole, non è improponibile perché in ogni caso hanno pur sempre tentato di chiamare in causa Colui che ha il potere sul male e sulla morte. Gesù per questo non esclude che possa parlare e agire nel suo nome anche chi non si è posto al suo seguito e di questo vuole rendere edotti i suoi discepoli. Li invita ad usare accoglienza e apertura verso chiunque abbia un amore, non importa se imperfetto o incompleto, verso la verità che in fin dei conti è sempre la stessa, da qualunque prospettiva la si osservi e in qualunque luogo la si incontri: "Chi non è contro di noi, è per noi". A dire il vero, quest'affermazione potrebbe destare perplessità, se la si confronta con un'altra sempre espressa da Gesù: "Chi non è con me, è contro di me, e chi non raccoglie con me disperde"... Certo è pur vero che Gesù va accolto nella forma totalizzante, senza riserve e senza restrizioni; va considerato come il Cristo ieri, oggi e sempre che non ammette teorie o ideologie alternative (Eb 13, 8); non si può scegliere Gesù e allo stesso tempo un altro partito o un'altra presa di posizione, ma solamente lui è il Salvatore e padrone della storia. E' contro Gesù chiunque voglia costringerlo a sottostare ai propri piaceri e alle proprie preferenze; è contro di lui chiunque a lui in qualsiasi modo pone altre alternative di salvezza. Che Gesù sia unico e irripetibile, non smentisce tuttavia che elementi di verità, di saggezza e di edificazione umana e spirituale possano trovarsi anche presso altre culture al di fuori dai suoi ambiti, soprattutto perché Gesù stesso dissemina la sua presenza ben oltre la sua chiesa e qualsiasi altra risorsa umana può avvertire, sia pure indirettamente la sua presenza e la sua azione. In parole povere, Dio in Cristo si rivela anche oltre la nostra stessa fede e tutto ciò che è buono, saggio e lodevole è contrassegno della sua stessa presenza rivelativa. A tal proposito, sulle orme di Giustino, il Concilio Vaticano II ribadisce che lo Spirito Santo opera in modo pregnante nella Chiesa voluta da Cristo per la nostra salvezza, eppure la sua azione non conosce limiti di spazio e di tempo: in tutti gli sforzi dell'attività umana, dovunque questa si trovi ad agire, si riscontrano i "semi del Verbo", gli stessi elementi di verità e di salvezza che, sia pure nella modalità differente e incompleta, si trovano sparsi presso tutte le dimensioni della vita umana. Ecco perché nei rapporti con le altre chiese, piuttosto che rimarcare ciò che divide e ostruisce creando tensione e sospetto, andrebbe considerato e valorizzato ciò che crea comunione ed è costitutivo di solidarietà e di reciproca stima e collaborazione. Sebbene occorra la dovuta prudenza e circospezione, interagire con le altre religioni e apprendere da esse l'inestimabile patrimonio di cui dispongono, è addirittura doveroso perché mancare di considerare il bene apprezzabile è in qualche modo mancare contro l'amore dello stesso Signore. Voler impedire al Signore di estendere la sua opera di salvezza in altri luoghi o comunque al di fuori della nostra fede, può coincidere con una forma di peccato in quanto pretenderebbe di ostacolare Dio o di porre limiti alla sua opera, il che significa mancare di fede. Oppure, il che è lo stesso, potrebbe coincidere con il voler obbligare Dio a sottomettersi al nostro volere, a seguire i nostri schemi e i nostri procedimenti e costringerlo a dosare la sua misericordia in ragione delle nostre preferenze. |