Omelia (03-10-2021)
Missionari della Via


Il testo di oggi non va letto in chiave moralistica. È un vangelo, un lieto annuncio: Gesù ci aiuta a riscoprire il disegno d'amore di Dio sull'amore tra uomo e donna, amore chiamato ad essere fedele e indissolubile; e, soprattutto, Gesù ci rende capaci di viverlo.


Viene posta a Gesù una domanda: «È lecito per un marito ripudiare la propria moglie?» (vv. 2-4). La legge di Mosè accordava al marito di poter rimandare la moglie se avesse trovato in lei «un fatto indecoroso» (Dt 24,1). Al tempo di Gesù, il senso di questa espressione era oggetto di discussione tra due scuole rabbiniche: quella rigorista, di Shammai, che riconosceva legittimo motivo di ripudio solo il caso di adulterio (= tradimento) da parte della moglie; e quella lassista, di Hillel, che ammetteva come valido qualsiasi motivo, anche il più futile. Gesù non si lascia coinvolgere nelle dispute di scuola e riporta l'uomo alla santità dell'origine. Mosè ha permesso il ripudio per la durezza del cuore (in greco sklerokardìa, vale a dire all'incapacità umana di intendere e fare la volontà di Dio, di amare sino in fondo). Il problema non è cambiare la regola del matrimonio, ma il cuore. Dio aveva offerto la sua alleanza e dato le sue dieci parole per viverla, tra cui: non commettere adulterio.

L'uomo lo sapeva ma non riusciva a viverlo. Infedeltà, incostanza, amore possessivo minavano - e minano - il rapporto di coppia. L'annuncio di Gesù non è tanto: il divorzio è proibito ma vi dono un cuore nuovo, capace di amare in modo eterno, fedele e fecondo, superando divisioni, antagonismi e gelosie. Ecco perché Dio viene in Gesù: per riportarci all'origine e renderci capaci di vivere la santità dell'origine. «All'inizio del mondo...i due lasceranno e saranno una carne sola. L'uomo non separi ciò che Dio ha unito».


«Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra... e se lei, ripudiato il marito ne sposa un altro commette adulterio» (vv. 11-12). Donna ed uomo sono messi sullo stesso piano. Non è solo la donna colpevole di adulterio verso il marito, ma anche il marito si rende colpevole di adulterio se rimanda la propria moglie e prende un'altra. Così Gesù riporta l'uomo e la donna a riscoprire la loro pari dignità e responsabilità nel costruire una relazione d'amore, per vivere quella vocazione meravigliosa al matrimonio che è via al cielo. L'uno per l'altra sono questa via, segnaposto di quell'Altro che li conduce e infonde loro forza di amare. Perché dunque il matrimonio è eterno? Perché dobbiamo vivere legati a una catena? No, perché il Signore ci ha amato così: per sempre, totalmente, fedelmente, fino in fondo. Questa è la verità dell'amore. E in Lui facciamo esperienza dell'essere amati indissolubilmente, accolti, perdonati. E in lui diventiamo capaci di farlo, guarendo quel cuore ferito dal peccato originale che tende a vivere per se stesso, donandosi fino ad un certo punto, "finché la barca va".


L'indissolubilità è dono della croce di Cristo, non esisteva nel mondo giudaico, nel mondo greco e romano. È un dono di Cristo, legato alla sua risurrezione, non a una pretesa sulla natura umana. L'uomo da solo non può: lo desidera, ci prova, ma senza Cristo, fino in fondo non ci riesce. Lui è venuto a donarci il suo Spirito e con esso, un cuore nuovo! Per vivere tutto ciò è importante vivere un cammino umano e spirituale serio: preghiera, sacramenti, confessione. Lo scarta-vetramento dell'egoismo dal cuore dura tutta la vita. E poi dedicarsi tempo, ascoltarsi, dire i propri bisogni andando incontro a quelli del coniuge, comunicarsi amore, non trascurando i piccoli gesti. E se si attraversano momenti difficili non scoraggiarsi ma affrontarli, lasciandosi anche aiutare se necessario. «Gli presentavano dei bambini perché li toccasse» (vv. 13-16). I discepoli non volevano; per la mentalità del tempo i bambini erano "ultimi", senza diritti, un impaccio. Gesù si sdegna invitandoli a lasciare che i bambini vengano a lui; e non solo, ma li chiama (e ci chiama) ad imparare dalla loro spontaneità nel rapporto con lui, dalla loro fiducia pronta e semplice, capaci di accogliere il regno non come una conquista ma come un regalo. La «logica» su cui è fondato il vincolo matrimoniale è la stessa che si richiede per entrare nel regno di Dio: i bambini sono simbolo di questa logica, che non si ostina a far valere i propri diritti o a misurare i torti degli altri, che non persegue secondi fini, né avanza pretese, ma si affida a Dio con assoluta semplicità filiale e accoglie lui e l'altro come un dono.