Omelia (10-10-2021) |
don Mario Simula |
Chi sa discernere? Chi ha ricevuto in dono la prudenza e la sapienza, impara a conoscere il proprio cuore. Impara, allo stesso tempo, a conoscere il cuore dell'altro che ha di fronte. Se non sai chi sei, non saprai mai chi è l'altro. Rischi di fargli del male, di rattristarlo, diventi incapace a stabilire un dialogo con lui. Non riuscirai a discernere assieme a lui il vero bene. La prudenza è dono che ci viene elargito nella preghiera. Lo spirito di sapienza è frutto dell'implorazione fiduciosa e umile. Prudenza e sapienza sono preferibili ad ogni altro dono, alla ricchezza e al potere. Occorre amarle più della salute e della bellezza. Sono più preziose della luce, della visibilità, della tutela della propria immagine. Il loro splendore non conosce tramonto. Con la prudenza sapiente, vengono elargiti tutti i beni. La persona che nella sua sapienza sa essere prudente, meglio di ogni altra può esercitare il delicato compito del discernimento: sa valutare ogni cosa e sceglie con gioia il bene. Chi esercita la prudenza ama, con tutte le forze e con tutto il coraggio, la "spada a doppio taglio" di cui parla la scrittura. Prima di valutare e decidere si lascia trapassare dalla Parola incisiva di Dio. Permette, a quella lama d'acciaio incorruttibile, di entrare nelle viscere dei sentimenti più profondi, nelle motivazioni più tenebrose, nel regno dell'ira, nei cunicoli della difesa impaurita di se stessi. Permette che la spada, arrivando fino alle giunture e alle midolla, ripulisca ogni scoria anche occulta, renda autentico il cuore, liberi dalle passioni incontrollate, per poter discernere i sentimenti e i pensieri del cuore. Non si può presentare a Dio l'apparenza e la maschera di se stessi. Quella facciata che ci tutela davanti all'opinione pubblica senza accorgerci che si tratta di un inganno. "Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere conto". Non si può ostentare la luce se non siamo luminosi. Non si può accampare alcun titolo di autorevolezza quando la nostra verità perde acqua da infinite falle aperte. La prudenza illuminata dalla sapienza ha le sue regole. Due in particolare. Non prende decisioni quando si è turbati. Se la ragione è offuscata, se i sentimenti ribollono, si rischia di agire in modo sbagliato, causando più guai che vantaggi. La calma delle emozioni apre la strada giusta alla prudenza, permette di valutare i pro e i contro prima di arrivare ad una decisione. Sceglie con molta oculatezza chi possa consigliarci. Non certo chi ci adula. Non certo chi ci dice che tutto va bene. Non certo chi ha secondi fini. E' sempre meglio prevenire le ferite, i conflitti, con la pacatezza e la veridicità delle parole e degli atteggiamenti, piuttosto che dover curare e ricuperare, leccando le ferite. Marco racconta che un giorno Gesù, mentre cammina per la strada, vede un tale che gli corre incontro con entusiasmo. Si getta in ginocchio davanti a Lui e gli domanda: "Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?". Gesù lo ascolta con attenzione e con calma. Esercita il primo discernimento con lui. Gli ricorda i comandamenti come cammino verso la vita eterna. Il suo interlocutore gli dice con molta umiltà e verità: "Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza". Più di una volta, anche io, mi sono trovato a parlare con Gesù in questo modo! Gesù fissa lo sguardo su di Lui. Scandaglia quel cuore sincero e disponibile. Scopre un bene grande che può diventare seme in grado di portare molto frutto. Lo ama. Ama quella schiettezza semplice. Ama quell'impulsività verso il bene. Ama il meraviglioso anelito che Dio ha messo in quel cuore. Prospetta a quel tale la seconda tappa del discernimento: "Ti manca una cosa sola. La totalità del dono. Va', vendi quello che possiedi e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!". Appare subito duro il discorso di un tesoro in cielo. L'immediatezza dei beni attuali, palpabili, a portata di mano è più gratificante per gli occhi e per il desiderio. L'ostacolo è troppo grande per quell'uomo. La scalata troppo faticosa. La rinuncia a caro prezzo. Gesù non forza la mano. Non esercita il potere del suo fascino. Non insiste. Lascia che a quel tale (sono io quel tale!) parlino i fatti. Quell'uomo "si fa scuro in volto". L'entusiasmo del primo momento diventa turbamento insormontabile. "Se ne va rattristato". Come tanti altri nel Vangelo che abbandonano Gesù, ripromettendosi di ascoltare la sua proposta un'altra volta. Gesù comprende che, davanti a ciò che ha appena vissuto, anche i suoi discepoli hanno bisogno di discernimento. Sono davanti a Lui. Anch'essi prendono atto della difficoltà a lasciare tutto. "Ma noi abbiamo lasciato tutto per seguirti. Che cosa ne avremo?". La risposta di Gesù è autorevole ed esigente. E' detta con serenità e con fiducia verso i suoi amici. Non ha toni minacciosi o perentori. Deve aiutare gli amici a crescere. Gesù rivela un meraviglioso esempio di accompagnamento spirituale! "Nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, riceverà in questo tempo cento volte tanto, insieme a persecuzioni e la vita eterna nel tempo che verrà". Tutto è chiaro. Ma non tutto è facile. Però, tutto è chiaro e facile se guardo e ascolto il Maestro che parla in questo modo perché si è, per primo e totalmente, compromesso in questa scelta di amore. Gesù, la spada della tua Parola può salvarmi da ogni buio, da ogni lentezza nel seguirti, da ogni tiepidezza nella ricerca dell'amore. Devo soltanto offrire il mio cuore, accogliere ogni dolore che la Spada provoca. Se soffro non è per la morte, ma per la vita. Se sperimento lo strappo dai beni non è per rimanere a terra ferito, ma per guarire. Ogni rivoluzione che la tua Spada scatena non è per confondermi, ma per aiutarmi a vedere le cose come le vedi Tu. Mi serve il tuo aiuto perché non mi ribelli. Gesù, aspetto ancora una volta la tua chiamata per trovare le grandi motivazioni e seguirti. Talvolta vedo oscurità in me. Non distinguo il bene. Sono confuso nel discernere i sentimenti e i pensieri del cuore. L'arroganza e l'ira prendono il posto della prudenza. La mancanza del dialogo e dell'incontro accogliente accecano la sapienza. Eppure non esiste alcun tesoro, alcuna ricchezza, alcuna affermazione, alcuna immagine di me stesso da imporre, che abbia il valore della prudenza e la profondità della sapienza. Gesù, cosa pensi quando mi vedi reagire impulsivo? Come ti appare il mio cuore quando senti in me l'affanno per avere ragione a tutti i costi? Come valuti la mia maturità di credente quando la paura del giudizio, dello scadimento nel gradimento esteriore mi rattristano e mi fanno essere cupo, intrattabile, isolato, scostante, irraggiungibile? Rispondimi, Gesù! |