Omelia (10-10-2021)
fr. Massimo Rossi
Commento su Marco 10,17-30

Straordinaria - e molto domenicana! - la definizione della sapienza contenuta nell'omonimo libro, che abbiamo ascoltato come prima lettura: l'autore ispirato la esalta quasi fosse una persona, una bella donna... Nessuna ricchezza al mondo, nessun trofeo d'oro o d'argento, nessuna pietra preziosa, neppure la salute sono meglio della sapienza. Lo splendore della sapienza supera addirittura quello della luce,... e avanti di seguito.

Per noi la sapienza è Cristo! Lui è la nostra via, la nostra verità, la nostra vita.
Pur di conoscere Lui e godere della Sua amicizia, vale la pena vendere tutto, rinunciare a tutto!...
Ma sarà poi vero?
Vero o non vero, sono pochi quelli che scelgono Cristo e lo pongono in cima alla classifica dei beni più importanti, affetti compresi. Lo dichiara Lui stesso, con un velo di tristezza, guardando quel tale mentre si allontanava da Lui...perché era molto ricco.
L'Evangelista precisa che il Signore aveva fissato lo sguardo su di lui, uno sguardo d'amore.

La riflessione sulla sapienza conduce inevitabilmente a porre la questione del fine ultimo, il Regno di Dio: per noi cristiani il Regno di Dio non è un luogo, ove si possa entrare dopo la morte, ma è Cristo! ecco spiegato il motivo per cui l'invocazione della sapienza, coincide con l'invocazione del Regno, contenuta nella preghiera del Padre Nostro.
Alle parole di Gesù - "Quanto è difficile, per coloro che possiedono ricchezze, entrare nel Regno dei Dio!" - i Dodici rimasero sconcertati, e più il Signore parlava, più si stupivano!
Conoscete tutti il detto del Nazareno: "È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel Regno di Dio...": gli esegeti hanno tentato di attenuare la forza evocativa di queste parole; in verità, il Signore si sarebbe riferito ad una porta del Tempo particolarmente stretta, attraverso la quale passavano a fatica le carovane dei cammelli che recavano offerte.
Il discorso non cambia poi molto.
Ma qual è il vero motivo dello sconcerto dei Dodici, e anche nostro?
Il vero motivo è il tarlo del dubbio: il dubbio che le nostre forze, le nostre capacità, financo le nostre virtù siano insufficienti a guadagnare il Paradiso: "E chi si può salvare?"
Gesù conferma il dubbio, anzi, lo chiarisce: nessuno si può salvare con le proprie forze!...fosse anche un santo!
Allora è la fine!...la cosa lascia a dir poco sgomenti, ma non solo.
Una volta che Gesù ci abbia tolto ogni speranza di salvarci facendoci dei meriti su questa terra, meriti che funzionino da vaucer per ottenere almeno un posto in piedi in Paradiso, immediatamente sorge un'altra domanda: ma perché il buon Dio, se è veramente buono, non ci ha dato i mezzi per riuscire in questa impresa? Una bella fregatura, non trovate? Tutto molto frustrante!! Non vi pare?

Certo, è frustrante; condannati all'inadeguatezza... manca quel centimetro che ci avrebbe consentito si superare l'asticella, e quel centimetro in più non lo avremo mai.

Però Gesù non si è fermato alla semplice, fatale negazione della nostra autosufficienza - ci sarebbe la questione dei doni preternaturali, che Adamo ed Eva possedevano prima di perderli per sempre a causa del peccato originale, ma piangere sul latte versato non serve! -; il Maestro di Nazareth dichiara: "Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio."
E con questa finale - a sorpresa? - il Figlio del falegname canonizza il legame necessario tra l'uomo e Dio, e questo legame si chiama fede.

Ecco che ritorna la questione plurisecolare della libertà (dell'uomo) di scegliere se credere, o non credere, (la questione) del valore del nostro intelletto, ma anche della volontà. Insomma, mi chiedo: se queste facoltà, che solo noi umani possediamo, ci rendono immagine e somiglianza di Dio, perché dobbiamo ancora e sempre ricorrere alla fede? in altre parole, perché dobbiamo sottometterci a Dio, come condizione per entrare nella vita eterna?
E quelli che non credono, resteranno fuori?...evidentemente sì!

Sono cinque secoli, almeno, che se ne discute, e non ci provo neanche a risolvere il problema... Dico solo che c'è un altro modo per valutare le nostre facoltà superiori - intelletto, volontà e libertà - non per dire NO a Dio, ma per dirgli SI'!...nella convinzione, finalmente serena, pacifica, tranquilla, che tra uomo e Dio non c'è contrasto, non c'è concorrenza, ma complementarità.
Dio non è un'alternativa all'uomo, e viceversa...

Dio ci ama da morire - da morirne! - e Gesù lo manifestò in quello sguardo rivolto al giovane ricco. Ora, se Dio ci ha creati per amore, solo per amore, è perché ha voluto legarsi a noi con un vincolo che niente e nessuno potrà mai sciogliere. Ma questo è un vincolo di bene, un vincolo di gioia, un vincolo prezioso come nessun altro vincolo potrà mai essere al Suo confronto.

Di fronte a un amore così, per il quale Dio ha dato tutto se stesso, vita compresa, invocheremo la libertà di poterlo rifiutare?

È come se, dopo giorni di cammino nel deserto, sfiniti, affamati, assetati,... arrivassimo finalmente in un'oasi ove ci attende una tavola riccamente imbandita, ma ci fermassimo a ragionare se accogliere quel cibo che ci salva, o rifiutarlo, in nome della nostra sacrosanta libertà...
"Mah, a me me pare tanto na' strunzata!"... come direbbe l'immortale Massimo Troisi...
E a voi?....