Omelia (24-10-2021) |
Missionari della Via |
Un cieco, un emarginato, è seduto sul ciglio della strada. Quanti ce ne sono oggi di persone sedute, incapaci ad alzare lo sguardo, che non sperano più una vita nuova. È più la nostra società opulenta incapace di vedere la sofferenza di tanti. Ma questo cieco non si arrende, vuole una vita nuova, la desidera. Ha sentito parlare di Gesù e quello che i suoi occhi non vedono, lo vede con il cuore. Egli grida a Gesù di voler essere guarito, grida così tanto che i discepoli lo mettono a tacere perché questo suo urlo a un certo punto disturba la quiete. «Qui vale la pena sostare brevemente su un dato che costituisce un ammonimento per la chiesa di ogni tempo, dunque anche per noi oggi qui riuniti. I discepoli e la folla che si interpongono tra Gesù e il cieco rappresentano la possibilità della comunità cristiana di essere di ostacolo all'incontro di Gesù con gli uomini, in particolare con i più emarginati» (fr. Enzo Bianchi). Quante volte anche a noi disturba l'urlo nascosto di tante persone. Ci disturba l'indigenza dei tanti che incontriamo lungo il cammino della nostra vita, e perché noi non veniamo disturbati da ciò, ecco che ci voltiamo dall'altra parte. Costoro sono gli invisibili della società. Un giorno, per le strade di Napoli, in una via affollatissima, vidi un povero con un cartello che teneva bene in vista con su scritto: "sono un invisibile!". Frase scioccante, provocatoria, come un pugno nello stomaco e tante persone, ignorandolo, compirono quello che lui aveva scritto: un invisibile! In questo Vangelo questo cieco non si arrende, non si arrende a coloro che cercano di zittirlo, non accetta la sua condizione e continua a gridare così forte che ad un certo punto Gesù si ferma e dice ai suoi apostoli: «Chiamatelo!". A questa parola, quei discepoli che prima cercavano di zittirlo lo chiamano, lo incoraggiano, lo invitano ad alzarsi. Quanto dovremmo fare nostre queste parole! Chiamare, incoraggiare, aiutare ad alzarsi, parole che dovrebbero essere la nostra regola quotidiana! E questo cieco, alla domanda di Gesù che gli chiede cosa vuole che faccia per Lui, chiede di tornare a vedere. Chiede di vedere il senso delle cose che sta vivendo, il senso della sua vita. «È come se una persona, ad un certo punto, non riuscisse più a vedere il senso del proprio matrimonio, del proprio studio, del proprio lavoro dei propri rapporti di amicizia, eppure va avanti distraendosi, facendo finta di niente pensando che non ci sia una soluzione e che bisogna tirare avanti comunque» (don Luigi M. Epicoco). Quella che dunque il Signore sta per operare non è solo una guarigione fisica, ma una guarigione più profonda. «Gesù, sempre attento a ogni singolo uomo o donna che incontra, sempre capace di comunicare "in situazione", si accorge di ciò che Bartimeo sta vivendo. Per questo si rivolge a lui con un'affermazione straordinaria: "Va', la tua fede ti ha salvato". Innanzitutto - notate - gli dice: "Va'", lo invita cioè a mettersi in cammino, senza chiedergli nulla. Alla libertà di chi entra in relazione con Lui, Gesù risponde potenziando questa stessa libertà, invitando il suo interlocutore a esercitare la libertà» (fr. Enzo Bianchi). E cosa fa Bartimeo? Lo segue lungo la strada! Aver ritrovato la vista, aver ritrovato il senso della sua esistenza, grazie a Gesù, lo porta alla sua sequela! A seguirlo lungo il cammino della vita. Ci fa tanto bene meditare su questo testo, perché tante volte anche noi siamo ciechi, tante volte anche noi non comprendiamo il senso delle cose; per questo anche noi abbiamo bisogno di gridare al Signore perché ci ridoni la vista per seguire Lui, l'Unico che dà senso alla nostra esistenza, L'Unico che ci conduce lungo il cammino della vita. |