Omelia (31-10-2021) |
mons. Roberto Brunelli |
Dio e il prossimo: insieme Ancora oggi gli ebrei osservanti recitano ogni giorno una preghiera, che dalla sua prima parola in ebraico è denominata ‘Shemà': "Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte". E' un passo della Bibbia (Deuteronomio 6,4-9), richiamato dalla prima lettura della Messa odierna perché si collega col Vangelo (Marco 12,28-34) in cui si riferisce il dialogo di Gesù con uno scriba, cioè un esperto nelle questioni religiose. Studiando la Scrittura, gli esperti di allora ne avevano tratto oltre seicento precetti, alcuni importanti (come quelli dei dieci comandamenti) ma altri decisamente meno (come quello di versare al Tempio la decima parte del valore delle foglie di menta raccolte nell'orto): oltre seicento precetti, persino impossibili da ricordare tutti. Per questo lo scriba, evidentemente preoccupato di osservare almeno la sostanza della Legge divina, chiede a Gesù qual è, tra tutti, il comandamento principale. Gesù gli risponde citando appunto lo ‘Shemà': ama Dio! Ma subito aggiunge, non richiesto, un secondo comandamento, anch'esso compreso nella Sacra Scrittura (Levitico 19,18): "Il secondo è questo: ‘Amerai il tuo prossimo come te stesso'. Non c'è altro comandamento più grande di questi". L'accostamento tra l'amore di Dio e l'amore del prossimo costituisce la sintesi della morale cristiana, come è sviluppata in tutti e quattro i vangeli. L'uomo è invitato ad amare Dio, come risposta all'amore che Lui per primo ha riversato su di noi; amare Dio significa onorarlo rispettando la sua volontà, e in particolare amando coloro che egli ama, cioè il prossimo. Chi non ama il prossimo, in realtà non ama neppure Dio; e chi non ama Dio, non ha le motivazioni più forti, vitali e durature per amare il prossimo. In che cosa poi consista l'amore del prossimo, i vangeli lo spiegano ampiamente: basta pensare alle beatitudini, alla parabola del buon samaritano, al metro del giudizio finale. E tutti, in ogni caso, lo intuiscono: la misura minima è non fare del male a nessuno; la misura ottimale è dedicare le proprie risorse, di mente, di cuore, di tempo...e, se occorre e quando se ne hanno i mezzi, di portafoglio, al fine di procurare al prossimo tutto il bene possibile. Per vivere la fede che diciamo di professare, il duplice precetto dell'amore, per Dio e per il prossimo, costituisce la traccia essenziale, la mappa che orienta tutta la vita. Lo suggerisce anche la prima parola della preghiera ebraica (che è compresa nella Bibbia e quindi vale anche per i cristiani): Shemà, cioè Ascolta! Questo verbo, anche in italiano, ha un significato ben diverso dal semplice sentire; non è l'udire distrattamente o casualmente un discorso, ma il prestarvi attenzione, perché lo si ritiene importante e meritevole di riflessione. Nella Bibbia poi ha un senso ancora più forte: è accoglienza amorosa della divina Parola, per custodirla, meditarla e tradurla nella pratica della vita. Ne è esempio Maria, la quale, dopo aver ascoltato l'impegnativo annuncio celeste sulla sua maternità, risponde: "Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola". Ne sono esempio tutti i santi, dei quali domani celebreremo la festa: essi sono santi proprio perché hanno ascoltato la Parola di Dio e ne hanno fatto la guida della propria vita. Lo scriba del vangelo odierno riconosce giusta la risposta alla sua domanda e dice: nulla vale di più dell'amare Dio e il prossimo. E allora Gesù lo rassicura: "Non sei lontano dal regno di Dio". |