Omelia (31-10-2021) |
don Alberto Brignoli |
Al di là del comandamento Siamo cresciuti con la mentalità del "comandamento". A catechismo, ci insegnavano a memoria i Dieci Comandamenti; quando ci veniva chiesto di prepararci alla confessione, ci dicevano - nell'esame di coscienza - di prendere come riferimento i Dieci Comandamenti, e se avessimo trasgredito anche a uno solo di essi, la confessione era necessaria in quanto ci trovavamo in condizione di "peccato mortale". La morale cristiana, di fatto, coincideva (o si riduceva, dipende dai punti di vista) con i Dieci Comandamenti, seguendo i quali si è buoni cristiani, e andando contro i quali non ci si può dire tali. Da questa impostazione scaturivano poi una serie di indicazioni e di determinazioni che hanno portato la nostra fede cristiana a essere vissuta come un insieme di precetti, di norme, di regole che assicuravano al cristiano la via alla santità attraverso la pura osservanza di essi. E tra i precetti che rendevano il cristiano "un buon cristiano" indirizzato sulla via della santità, il panorama era veramente variegato. Nel Catechismo Tradizionale, li si concentrava nei cinque precetti fondamentali della Chiesa Cattolica, ribaditi da Pio XII nel 1957: «Udir la Messa la domenica e le altre feste comandate». «Non mangiar carne il venerdì e negli altri giorni proibiti, e digiunare nei giorni prescritti». «Confessarsi almeno una volta all'anno, e comunicarsi almeno a Pasqua». «Sovvenire alle necessità della Chiesa, contribuendo secondo le leggi e le usanze». «Non celebrar solennemente le nozze nei tempi proibiti». Non ci sembrino poi così "lontani nel tempo", per quello che riguarda il Catechismo della Chiesa Cattolica, che nel "Compendio" promulgato da Papa Benedetto XVI nel 2005, li riformula in questo modo: «Partecipare alla Messa la domenica e le altre feste comandate e rimanere liberi da lavori e da attività che potrebbero impedire la santificazione di tali giorni.» «Confessare i propri peccati almeno una volta all'anno.» «Ricevere il sacramento dell'eucaristia almeno a Pasqua.» «Astenersi dal mangiare carne e osservare il digiuno nei giorni stabiliti dalla Chiesa.» «Sovvenire alle necessità materiali della Chiesa stessa, secondo le proprie possibilità.». Alla fine, quest'ultimo, che nella sua "venalità" potrebbe rappresentare una sorta di eccessiva attenzione della Chiesa all'aspetto economico, risulta essere ancora il meno "particolare", se non addirittura il più "comprensibile". Se leggiamo i precetti alla luce del mondo contemporaneo nel quale il cristiano (il laico in particolare, ma non solo) si trova a vivere la sua quotidiana vita di fede, forse vedremmo tutta la limitatezza e il minimalismo di certe indicazioni, oltre che considerarle lontane dai tempi attuali: personalmente, fatico a definire le feste "comandate", in quanto non ho mai partecipato a una festa perché "comandato" o obbligato, ma perché piacevolmente invitato; rimanere liberi da lavori domenicali o festivi in una società in cui il poco lavoro che hai te lo tieni stretto e lo svolgi, se ti viene richiesto, anche la domenica, mi pare poco attento alle necessità di molti cristiani; se fosse sufficiente confessarsi una volta all'anno e fare la Comunione almeno a Pasqua, essere cristiani "a posto in coscienza" sarebbe una pacchia; e infine, con tutta la moda (spesso maniacale) di diete vegetariane e vegane di cui la nostra società è ricolma, potremmo davvero consolarci del fatto che moltissime persone assolvono alla perfezione il precetto cristiano del digiuno e dell'astensione dalle carni... Senza sembrare dissacrante e/o eretico e senza sconfessare - lungi da me! - il Catechismo che ci hanno trasmesso... posso desiderare una fede di più ampio respiro? Posso sperare che credere in Gesù di Nazareth, figlio di Dio, sia qualcosina di più di questi cinque e di altri precetti? Posso voler aspirare a un cristianesimo che, anche ridotto ai minimi termini, voli un pochino più alto e riesca a indicarmi precetti che mi facciano sentire "non lontano dal Regno di Dio", come dice Gesù allo scriba del vangelo di oggi? Posso, oggi, sognare una fede cristiana nella quale il primo comandamento non sia quello, sia pur meraviglioso soprattutto quando spontaneo, di santificare le feste, bensì quello di "amare il Signore con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente e con tutta la forza", ossia con passione, con intelligenza, con dedizione totale e fino all'ultima goccia di sudore? E posso ancora credere che il secondo comandamento non sia quello di contare quante volte mi confesso e faccio la comunione, ma quello di "amare il mio prossimo quanto amo me stesso", e di farlo - anche lì - con tutto il cuore, l'anima, l'intelligenza e la forza che la vita mi mette a disposizione? Posso ancora sognare che ci sia un modo di essere cristiani che vada al di là della ricerca della perfezione fatta per mettersi in mostra, che vada al di là delle roboanti liturgie celebrate per puro diletto estetico, che vada al di là della lotta per mantenere certi privilegi ecclesiastici e clericali che stanno bene solo nei palazzi della politica, che vada al di là della competizione tra cristiani impegnati per chi fa un'attività meglio dell'altro, e che punti alle uniche due cose che contano, ovvero amare Dio e i fratelli in qualsiasi modo e in qualsiasi forma, in qualsiasi momento e con qualsiasi mezzo, purché sia amore? Io voglio sperare di sì, anzi, sono convinto di sì: e sperarlo e crederlo oggi, che ci troviamo alla vigilia della Solennità di Tutti i Santi, mi fa sentire profumo di cielo anche in mezzo alle ferite putride e maleodoranti di un'umanità della quale non mi vergognerò mai di essere parte, perché Dio, nel suo Figlio Gesù, ci ha amati e salvati così come siamo. Al di là di tanti precetti e comandamenti da osservare. |