Omelia (07-11-2021) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Fede e carità in poche cose La Bibbia ci parla dell'amore di Dio nei confronti dei poveri e della loro predilezione. Gli "anawim", così vengono definiti nell'Antico Testamento i miseri, sono coloro che reclinano il capo alla miseria e alle vessazioni dei prepotenti, succubi del sistema ingiusto e prevaricatore che li costringe a vivere da sottomessi. Proprio per questo però essi usano umiltà e provata fede nel Signore, dal quale esclusivamente dipendono per il loro sostentamento. Dio non può che schierarsi dalla loro parte, perché la loro condizione di miseria accresce in essi la speranza e l'umiltà che conducono alla fede incondizionata. I poveri amati e prediletti da Dio non sono coloro che per professione accattonano per le strade approfittando della bontà della gente per poi contare in privato le loro ricchezze e le loro proprietà (quanti profittatori si scoprono anche ai nostri giorni!), non sono coloro che si contentano di vivere alle spalle del prossimo senza alcun merito e senza alcun guadagno, né tantomeno gli indolenti e i fannulloni; i veri poveri sono quasi sempre coloro che quantomeno tentano di procacciarsi da vivere con le loro forze, che fanno tutto il possibile per non mendicare e per non dipendere da nessuno, soffrendo le ansie della lotta quotidiana per la sopravvivenza. Essi potrebbero identificarsi nelle famiglie monoreddito (identificate appunto come "povere", cioè bisognose) o in tutti coloro che lottano ogni giorno almeno per un impiego temporaneo, chiedendo denaro agli altri quando sia proprio indispensabile. Tutti costoro, i veri prediletti da Dio, molte volte si preoccupano di aiutare chi sta peggio di loro e non mancano di esercitare, sia pure nelle ristrettezza dei propri mezzi, la carità e la condivisione con altri che soffrono. E soprattutto sono coloro che accrescono in se stessi l'umiltà, anticamera delle altre virtù prima fra tutte la fede. I veri poveri vedono Dio nel prossimo ed esercitano così volentieri carità e allo stesso tempo fede sincera e incondizionata. Per questo motivo Dio non può che apprezzarli. Unitamente ai miseri e agli errabondi, Dio è anche dalla parte delle vedove, che nell'Antico Testamento sono costrette ad affinare la miseria alla discriminazione e all'isolamento sociale. Mancando della figura maschile del coniuge, la vedova si trovava priva di difesa e di sostegno e la sua posizione di indigenza era così aggravata dall'impossibilità di ottenere giustizia. Sia la prima lettura, che narra di un episodio del profeta Elia, sia il brano evangelico di Marco espongono la duplice situazione di povertà e di vedovanza, nella fattispecie di due episodi illuminanti intorno alla verità della gioia del dare e dei meriti che la generosità incondizionata apporta. La vedova di Zarepta, alla visita di Elia esterna un atto di fede coraggiosa e allo stesso tempo di carità sincera: quando il viandante servo di Dio le chiede del pane, la donna osserva che la quantità di farina e di olio nei suoi recipienti è quasi nulla. Ci sono solo pochi grammi di farina per preparare delle focacce (quindi del cibo miserando) per se stessa e per il proprio figlio; dopo aver mangiato questo parco alimento, non resterà più nulla di cui nutrirsi e sono già destinati alla morte. Non esita tuttavia quando il profeta la incoraggia a preparare del cibo per tutt'e tre: crede nella parola dell'uomo di Dio, vi si sottomette senza poter obiettare e ben consapevole di correre grossi rischi. Preparare infatti tre povere pietanze con pochissimo olio e sparutissima quantità di farina equivale infatti a sprecare quelle uniche risorse!! Si era poi in tempi di carestia e non ci si poteva permettere di fare scempio del limitatissimo cibo di cui si disponeva. Se quel visitatore fosse stato un truffatore anziché un profeta, la donna avrebbe messo a morte se stessa e il suo pargoletto, ecco perché è da rilevare che il suo è un duplice atto di fede e di carità, esternato nei confronti di chi è da lei ritenuto un emissario del Signore. L'eroismo di questa donna otterrà non soltanto la ricompensa dell'abbondanza di cibo con il quale portare a termine la giornata ma anche il prodigio della risurrezione del figlio che, colpito da improvviso malore, muore ed Elia lo risuscita stendendosi tre volte su di lui (1Re 17, 17 - 23). Un solo piccolo gesto da parte di una donna povera e sola, guadagna un doppio prodigio e qualifica la vera rivelazione di Dio, che mostra se stesso interamente ai suoi figli predilietti, cioè i poveri e gli indigenti. Come pure un semplicissimo gesto di umiltà che trasuda nella fede e nella carità viene messo a segno da un'altra vedova, quella di cui ci parla l'evangelista Marco, al tempio di Gerusalemme. Proprio mentre Gesù sta terminando la sua pedagogia contro la sfrontatezza degli scribi, ipocriti arrivisti in cerca di vanteria e dei primi posti, osserva che una povera vedova getta delle monete nella vasca del tempio. Semplice nel fare e silenziosa, questa donna, senza considerare ricompensa alcuna e senza desiderio di meriti personali, getta nel tesoro non il denaro innecessario o superfluo e neppure quello appositamente messo da parte per non intaccare il capitale della sua casa: getta tutto quello che possiede per la sopravvivenza. Non è gran cosa, si tratta semplicemente di due monetine, che però la dicono tutta sulla sua fede e sulla sua carità. E' entusiasmante notare che queste due prerogative risiedono quasi sempre nelle persone umili, semplici e di piccola levatura sociale. Sono proprio queste le persone degne di nota e meritevoli delle maggiori ricompense, a motivo della spontaneità con cui sogliono dare innanzitutto se stesse anche attraverso poche cose. E' ancora più entusiasmante osservare come sempre queste persone sono le più predilette da Dio, come il Signore le terrà particolarmente privilegiate per il giorno del giudizio, quando renderà a ciascuno secondo i suoi meriti e proprio i poveri saranno i nostri giudici accanto allo stesso Signore. Nella fede e nella carità di persone umili e disinvolte nel bene, Dio infatti capovolge la nostra logica di ipocrisia e di autoesaltazione che sarà motivo della nostra condanna. |