Omelia (14-11-2021) |
diac. Vito Calella |
Il Figlio dell'uomo è già in mezzo a noi nella carne dei poveri Il linguaggio apocalittico La letteratura apocalittica, era molto sviluppata nel secolo che precedette la venuta di Gesù e durante tutto il primo secolo dell'era cristiana, ma le sue origini risalgono al tempo della monarchia in Israele, cioè al periodo degli scritti profetici. Il genere letterario apocalittico usa un linguaggio fatto di visioni e immagini simboliche; descrive l'intervento divino mediato dagli angeli; propone annunci catastrofici che precedono l'instaurarsi di una nuova epoca di pace e giustizia, dove il bene sconfigge il male e Dio fa vedere finalmente la sua vittoria su tutti i potenti che confidavano nei loro idoli. Il libro apocalittico di Daniele e il capitolo 13, apocalittico, di Marco In questo contesto si inserisce il libro apocalittico di Daniele, unico libro dell'Antico Testamento di questo genere letterario ad essere riconosciuto come testo sacro (canonico), in mezzo ad una vastissima letteratura extra-biblica. Anche il capitolo 13 del Vangelo di Marco è tipicamente apocalittico. La pericope di Dn 12,1-3, proposta all'ascolto di questa domenica, ci propone un passaggio chiave in cui viene detta in maniera esplicita la fede nella risurrezione dei morti e la prospettiva di un giudizio finale di salvezza o di condanna. «Molti di quelli che dormono nella regione della polvere si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l'infamia eterna» (Dn 12,2). La profezia apocalittica del giudizio finale di Dn 12,2 fa pensare alla conclusione della parabola di Mt 25,31-46, quando il Figlio dell'uomo, il re dell'universo, verrà per giudicare vivi e morti, separando buoni e cattivi, come il pastore separa le pecore dalle capre, in base al criterio delle opere di carità corporale: «E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna» (Mt 25,36). Non è per caso che papa Francesco abbia proposto a tutte le chiese di ricordarsi dei poveri proprio nella domenica antecedente quella della solennità di Cristo re, che sarà celebrata la prossima settimana, a conclusione dell'anno liturgico. Dio opera nei poveri, in un tempo di angoscia e tribolazione a causa della prepotenza dell'egoismo umano. In Dn 12,1b si parla di «un tempo di angoscia, come non c'era stata mai dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo». Storicamente l'autore del libro di Daniele si riferisce alla persecuzione contro la religione giudaica, promossa da sovrano seleucide Antioco IV Epifane (174-164 a.C.), da cui si sviluppó la resistenza dei Maccabei, cappeggiati da Giuda il Maccabeo, e la loro vittoria. In quel contesto di persecuzione, in cui morirono molti giudei, rimasti fedeli alla pratica religiosa ebraica, contro l'imposizione dell'idolatria dei greci, si fortificó la fede nella risurrezione dei morti e nella ricompensa eterna dei giusti, rimasti fedeli alla loro confessione di fede. I «figli del popolo» sui quali vigila l'arcangelo «Michele», i quali sono «scritti nel libro» (Dn 12,1), erano i «i figli dell'Altissimo», cioè quei giudei fedeli alla religione ebraica, generalmente era la gente più semplice e povera della popolazione, che si affidava unicamente in Dio, in quel contesto di angoscia, fatto di interessi politici, sia di potere, sia di dominio culturale, unilaterale e forzato. Nel libro di Daniele il Figlio dell'Uomo che verrà «dalle nubi del cielo con tutta la sua glória» (cf. Dn 7,13-14 a cui fa riferimento Mc 13,26), si identifica con i «figli dell'Altissimo» (cf. Dn 7,27), così come Gesù, il re dell'universo, che verrà per il giudizio finale, in Mt 25,31-46, si identifica con gli affamati, gli assetati, i nudi, i migranti, gli ammalati, i carcerati, i poveri di questo mondo. Avviene la stessa identificazione del servo sofferente dei canti di Isaia (Is 42,1-9; 49,1-6; 50,4-9; 52,13-53,12) con la figura collettiva del popolo esiliato di Babilonia (cf. Is 48,12), cio'quel resto di Israele che si mantenne fedele, confidando nel Signore, pur nella situazione di schiavitù. In Mc 13,14-23 l'evangelista fa dire a Gesù parole di avvertimento su un tempo di grande tribolazione, che è un annuncio profetico sia delle persecuzioni che i cristiani avrebbero subito, sia della guerra giudaica, effettivamente avvenuta dal 66 al 70 d.C., in cui anche il tempio di Gerusalemme fu distrutto, fecendo cessare improvvisamente tutto il sistema sacrificale del culto ebraico. La grande tribolazione di cui ci parlano sia il libro di Daniele che il Vangelo di Marco, ci ricorda la sfida di perseverare rimanendo fedeli alla professione della nostra fede, in un contesto economico, politico e culturale in cui sembra prevalere la prepotenza dell'egoismo umano. Questa perseveranza nella prova è un aspetto importante della vigilanza cristiana. Come al tempo dell'impero romano, quando gli imperatori esigevano di essere adorati come dei, anche al giorno d'oggi l'egoismo umano si rivela soprattutto attraverso lo strapotere delle nazioni più ricche di questo mondo, con i loro sistemi governativi e finanziari. L'uomo modeno e supertecnologico si appoggia sulla scienza, cioè sul potere del sapere e tende a usare questo potere per arricchirsi. La tecnologia applicata al sapere scientifico viene sostenuta dall'idolatria del denaro, non rispettosa della dignità dei poveri e dei beni naturali, ma finalizzata a lucrare, per esempio, sulla pandemia, con il busness dei vaccini, e sulle guerre, con il busness del commercio delle armi. La venuta del «Figlio dell'uomo sulle nubi, con grande potenza e glória» è già in atto attraverso la presenza del Cristo risuscitato nella carne dei poveri, cioè di coloro che non contano, di tutte quelle persone che tribolano a causa della cultura dello scarto, per i cambiamenti climatici, sballottate dalle manovre finanziarie azzardate e corrotte di politici e ed esperti dei giochi finanziari delle borse del mondo. Una compresenza di egoisti e di affidati dalla parola definitiva del Cristo risuscitato Da una parte una moltitudine di gente condiziona la sua libertà diventando schiava del denaro, dovendo tribolare per mantenersi in vetta come vincitrice nella sfida competitiva della lotta tra miriadi di interessi egoistici di ogni singolo individuo, deciso a voler bastare a se stesso. D'altra parte c'é un'altrettanta moltitudine di gente che condiziona la sua libertà lasciandosi illuminare e guidade dalla forza eterna della parola di Dio, diventata Parola di salvezza definitiva grazie a Gesù Cristo, la Parola fatta carne. Anche questa moltitudine di poveri tribola e soffre le conseguenze nefaste dell'egoismo umano, ma è quella moltitudine di gente che veramente ha fatto la scelta di lasciarsi guidare e trasformare dalla parola di Dio, perché sa che «cielo e terra passeranno, ma le parole di Gesù non passeranno» (Mc 13,31). Questa moltitudine di gente, che ha aderito con gioia al mistero pasquale di Cristo, mediante il battesimo ha assunto responsabilmente la sua vocazione profetica e sacerdotale-regale. Oggi è contemplata dall'autore della lettera agli Ebrei con la bellissima frase che contempla la consacrazione sacerdotale di questo popolo di Dio: «con un'unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati» (Eb 10,14). Si potrebbe dire che le cosiddette milizie angeliche governate dall'arcangelo Michele sono tutte le forze spirituali che irradiano le nostre relazioni umane, uscite dai corpi offerti alla gratuità dell'amore di Dio, appartenenti «ai poveri in spirito, perseguitati a causa della giustizia del regno del Padre, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3.10), nel qui ed ora della storia dell'umanità e di tutto la nostra madre Terra. Apparentemente il male prevale sul bene. Fa subito notizia un fatto di cronaca nera; non fa nessuna notizia un gesto gratuito di carità e di condivisione vissuto quotidianamente da chi si affida al Padre unito al Figlio nello Spirito Santo. Noi crediamo che lo Spirito Santo è in azione dietro le quinte della storia umana segnata da tanti e troppi episodi di ingiustizia, di violenza, di mancanza di rispetto della dignità dell'altro. Questo agire dello Spirito Santo nella storia, iniziato con la risurrezione del corpo crocifisso di Gesù, continua nella testimonianza silenziosa ed efficace di tutti i servi sofferenti del mondo, paragonati al fico verde che sta facendo uscire foglie nuove dopo l'inverno, promettendo una raccolta di buoni e abbondanti frutti di giustizia e di pace (Mc 13,25). Il giorno ultimo della parusia lo conosce solo il Padre Concentiramoci allora nella scoperta di questi segni concreti di comunione, di condivisione, di vera gioia, che possiamo vivere pienamente completando la nostra comunione eucaristica con Gesù, morto e risuscitato nel pane e nel vino consacrati, con la nostra comunione in Gesù risuscitato vivo e vero nella carne dei poveri. Quando arriverà l'ora del giudizio finale ricordiamoci che rimane aperta la possibilità drammatica della condanna all'inferno dell'isolamento da parte di chi ha volutamente deciso di perseverare nell'illusione del bastare a stesso senza rendersi conto che la sua apparente libertà incondizionata è stata in verità una esperienza di schiavitù a tante idolatrie di questo mondo, prima fra tutte la schiavitù del cuore legato al denaro. Ma per chi ha scelto di incontrare Cristo nella carne dei poveri si apre la sicura prospettiva della salvezza, perché già nel qui ed ora della sua esistenza può veramente sperimentare la grazia della vera comunione e della vera gioia che trasforma il mondo. |