Omelia (21-11-2021) |
padre Antonio Rungi |
Cristo unico re che è venuto a servire e non ad essere servito L'ultima domenica dell'anno liturgico, come sempre è dedicata a Cristo Re. E' una ricorrenza liturgia annuale che fa da sintesi di tutto il cammino compiuto nel corso dell'anno liturgico. Fa da sintesi per due motivi principali. Il primo in quanto si tratta di una verifica conclusiva del proprio impegno spirituale; il secondo in quanto Cristo è il principio e la fine di ogni cosa anche di un anno liturgico, durante il quale la Chiesa celebra e rivive i misteri principali della sua fede. Non a caso, quindi, in questa domenica conclusiva noi ascoltiamo parole forti che ci stimolano alla riflessione e all'impegno in riferimento a Cristo, nostro Signore e Re. Il testo del Vangelo di Giovanni che dà l'impronta alla parola di Dio di questa domenica ci aiuta ad entrare nel mistero del Cristo Crocifisso e Risorto, in quanto la regalità di Cristo si manifesta nella croce e nella risurrezione. Leggiamo, infatti, nel breve brano di oggi che è tratto dal racconto della Passione di Cristo secondo Giovanni che Gesù si trovò davanti al governatore romano della Palestina, Ponzio Pilato, per essere giudicato di quanto ingiustamente e falsamente i presunti sapienti, dottori e saggi del suo tempo lo accusavano. E la prima accusa che nel Pretorio Pilato gli rivolge in forma di domanda, durante il processo farsa messo in atto per accontentare i giudei, è questa: «Sei tu il re dei Giudei?». I sommi sacerdoti, gli anziani e i capi del popolo gli avevano detto che egli si presentava come il Re d'Israele. Un tentativo, secondo gli accusatori di Gesù, di sovvertire potere politico e militare in Palestina. Di fronte alla domanda di Pilato, Gesù replica con un'altrettanta domanda: «Dici questo da te stessi, oppure altri ti hanno parlato di me?». Chiaramente Pilato era informato ed era stato informato del fatto che Gesù cresceva in popolarità e molti lo seguivano, tra i Giudei, dovunque andasse. Ovvio quindi che Pilato dicesse: «Sono forse io Giudeo? Non lo era, in quanto era un governatore romano dislocato sul territorio palestinese, dipendente dall'impero romano. Però subito fa questa costatazione: "La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. D'obbligo quindi chiedere: Che cosa hai fatto?». Avendolo consegnato a lui il motivo era grave e quindi lo doveva giudicare. E per giudicarlo voleva sapere il reato commesso, le responsabilità personali di Gesù di fronte alla giustizia umana. A questa contestazione Gesù non cita tutte le le opere di bene che aveva fatto nel corso del suo ministero pubblico, come le varie guarigioni e miracoli, ma si ferma ad evidenziare la tipologia del Regno che Egli è venuto ad inaugurare sulla terra. E dice subito a Pilato per tranquillizzarlo: «Il mio regno non è di questo mondo; perché se fosse stato di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto per difendere il mio potere. E di nuovo ribadisce che il suo regno non è di quaggiù. In poche parole, Gesù non era venuto sulla terra per far guerra o usurpare poteri umani e politici, ma per servire la causa della verità, della giustizia, della pace e dell'amore senza confini di luoghi e nazioni e razze.
|