Omelia (28-11-2021)
Paolo Curtaz
Scalpellini

Sorrido. Birichino di uno Spirito Santo.
Iniziamo l'avvento e la liturgia ci (mi) propone un testo che mi è stato caro all'inizio della pandemia, nel marzo 2020. Un testo che ho quasi mandato a memoria, che mi ha accompagnato nelle dirette, nella ripresa, nella riorganizzazione della mia vita itinerante e inquieta.
Ed eccolo nuovamente qui quel testo, quasi come un'ammonizione, un invito a capire quanto abbiamo (ho) fatto in questi due anni.
Una ri-Creazione, in un qualche modo.
Perché è una Creazione al contrario quella che Luca descrive all'inizio di questo nuovo anno liturgico: la Genesi, in un linguaggio poetico e parabolico, racconta il passaggio dal caos all'armonia, qui, Luca, in un linguaggio denso di immagini e di visioni, chiamato apocalittico, descrive il passaggio dall'armonia al caos.
Descrive, in maniera immaginifica, quello che sta vivendo la sua comunità, fragile vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro, apparentemente travolta dai grandi eventi dell'Impero: le guerre, le lotte di potere, le migrazioni, le carestie...
Quello che stiamo vivendo noi, in una infinita litania di lamentele, di degrado, di violenza e incomprensione crescente, di problemi mondiali irrisolti, dal clima al lavoro, in un tempo in cui le guerre sono riapparse e mietono vittime in vari angoli della terra, di una pandemia ancora non domata che ha messo in luce tutte le nostre illusioni.
Dalla Creazione al caos. Questo sta accadendo, certo.
O questo è ciò che pensiamo stia accadendo.
E che l'uomo pensa da sempre. In ogni epoca. In ogni istante. In ogni vita.
Non è una novità, lamentarsi, aspettarsi il peggio.
Non sta in questo la novità del Vangelo. Non ci uniamo, anche noi cristiani, all'infinita schiera dei lamentosi di professione. Anzi.

Alzate il capo
Luca, simpatico, entra in scena all'inizio di questo avvento sparigliando le carte, ribaltando al tavolo, prendendoci amabilmente per il naso, irridendo il nostro atteggiamento tutto compito, serioso, preoccupato, che tanto amiamo indossare.
Sbaraglia il nostro vittimismo, sbertuccia le nostre ansie.
Niente scene di panico, niente sparuti gruppi di fedeli chiusi nelle sacrestie in attesa della fine del mondo, niente siti apocalittici di devoti ultimi difensori della fede, di criticoni ammantati di invii divini, macché.
È normale che il mondo sia sempre in bilico.
Che lo siamo anche noi. In bilico su un abisso, in bilico sul caos.
In fondo non era esattamente quello che Dio ha voluto creando l'Universo? Dare un ordina al caos, senza distruggerlo? Orientarlo? E non era il compito che ha affidato a quell'umano fatto a sua immagine? Quello di continuare a creare?
Quindi, poche storie, quando si costruisce una casa è normale che manchino le finiture, che ci siano tanti mattoni in giro, che certe cose ancora non si vedano pulite e linde.
I lavori sono in corso, ricordiamocelo. Il mondo non è compiuto.
E davanti a tutti questi eventi, dice Gesù, non lasciamoci prendere dal panico.
Alziamo il capo. Perché il tempo gioca a nostro favore.
La storia è quella che è. Un insieme di eventi foschi e di meraviglie.
Questo tempo è quello che è, spaventato e rissoso.
L'uomo è quello che è, un miscuglio di fango e Spirito divino.
Di cosa ci stupiamo? Andiamo oltre l'apparenza. Dio viene.

Lavori in corso
Dobbiamo agire, però. Mica stare con le mani in mano.
Lavorare; e sodo.
Gesù ci dice anche cosa fare: tenere i cuori leggeri, non lasciare che si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e preoccupazioni.
Evitiamo di caricare la vita, voliamo alto, teniamo il pensiero e l'anima al di sopra del caos.
Non sprechiamo il tempo, le emozioni, i pensieri. Quel poco che abbiamo, che portiamo nel cuore, non dissipiamolo. Custodiamo i nostri pensieri, teniamo in mano saldamente il volante della nostra vita sapendo dove orientare la nostra auto interiore.
Non stordiamoci con ubriachezze, con illusioni, con eccessivi rumori, con illusioni. Non cediamo alle tante sirene che in ogni modo tentano di venderci la felicità. Restiamo lucidi.
La vita porta con sé affanni, preoccupazioni, cose da fare, problemi da risolvere, ovvio.
Ma non possono occupare tutto il nostro spazio interiore, non posso avvelenare tutto quello che siamo.
E questo lo possiamo fare solo alzando lo sguardo.
Rientrando in noi stessi. Dando spazio all'anima che brilla in mezzo alle tenebre.

Un mese
Per prepararci al Natale, per fare spazio a Dio, senza giocare con le emozioni sdolcinate ma consapevoli che Cristo continuamente chiede di entrare nella nostra vita, di nascere nelle nostre scelte quotidiane.
Ci sta, bene, e oggi partiamo col turbo.
Non nascondiamoci dietro la preoccupazione di un mondo che si sfascia. Non accampiamo scuse alla nostra evidente brontolaggine, non poniamo condizioni alla felicità.
Consapevolezza, questo ci vuole.

Gerusalemme sarà ribattezzata Signore nostra giustizia, cioè il Signore è riuscito a infondere in noi la giustizia. Così Geremia incoraggia quanti sono tornati dall'esilio e hanno trovato solo macerie e si scoraggiano, sapendo che non riusciranno a vedere la ricostruzione della città e del tempio.
Ci vorrà del tempo, e tanto, per vedere ricostruita Gerusalemme.
Ci vorranno secoli e la venuta del Messia.
Ma Geremia ci indica una chiave di lettura, un orizzonte, un altrove.
No, il mondo non sta precipitando nel caos, come dicevano domenica scorsa, ma fra le braccia di Dio. Lo credo, lo vivo con fatica, combatto per costruire spazi di Regno nel caos, occasioni di luce nelle tenebre, ordine in me e dove vivo.

Come lo scalpellino che squadrava una pietra per la Cattedrale che mai avrebbe visto compiuta, anch'io faccio la mia parte vivendo con giustizia e alzando lo sguardo.
Viene, il Signore, non dubitarne.
Sappiti amato.