Omelia (21-11-2021) |
don Michele Cerutti |
Si scontrano due poteri, in questa domenica, nel brano evangelico che la liturgia ci offre per la solennità di Cristo Re. Uno con la P maiuscola rappresentato da Gesù e l'altra è con la p minuscola. Il primo che cerca di emergere con l'umiltà e la dolcezza a differenza dell'altro che si impone con la forza e cerca di assoggettare gli uomini con la paura. Uno è nella logica del servizio, l'altro dell'autorità ed entra in crisi ogni qualvolta si sente minacciato perché reggendo sulla sopraffazione si poggia su basi leggere. La solennità di Cristo Re, che può sembrare antica, è invece di un'attualità sconvolgente. La regalità tanto invisa ai nostri tempi perché ci rimanda a pagine brutte della storia viene riportata nella sua dimensione quella del servizio nei confronti del fratello. Noi riconosciamo in Gesù il nostro Re, Lui che si è fatto servo nostro. Colpisce infatti che ogni volta che ci soffermiamo a contemplarlo come sovrano nella nostra vita la liturgia ci rimanda a una pagina della passione. In questa dimensione scopriamo l'altezza, la profondità, la lunghezza dell'amore di Dio. Nel professare la regalità di Gesù il cristiano è chiamato a essere servitore. Siamo soliti a vedere non bene i governanti e li identifichiamo come coloro che vogliono vivere nella logica del comando, dell'accumulare ricchezza e dell'impunità e purtroppo molte volte questo è vero. Tuttavia, ogni qualvolta assumiamo una posizione che può farci emergere quei comportamenti entrano nella nostra vita e li facciamo nostri e questo in ogni ambito nessuno escluso. Quante volte Papa Francesco richiama anche nella Chiesa tutto il popolo dei battezzati a questi aspetti. Qualche settimana fa ho chiesto a un direttore di una struttura come stesse un tale di cui avevo saputo essere stato in ospedale. La preoccupazione non è stato quello di darmi subito una risposta, ma quello di sapere come lo avessi saputo. Quando la logica non è nel servizio, ma nella mera autorità tutto ciò che viene chiesto viene visto come una minaccia. Casi nella vita ognuno può raccontarli. Il modello a cui fare riferimento è Cristo, non sono logiche umane queste svaniscono. Colpisce come un re come Antioco Epifane di cui la liturgia ci ha presentato nella settimana che precede questa festa preoccupato di accaparrare posizioni sempre più importanti nel Vicino Oriente davanti alla realtà ultima della vita si rattrista. Pilato davanti alla Verità scimmiotta tutta la sua paura. Se allora ognuno può passare in rassegna comportamenti sbagliati sull'utilizzo dell'autorità in modo non corretto deve nello stesso tempo interrogarsi lui stesso su come ha esercitato questa nella propria vita. Perché sbagliare in questo possiamo scivolarci tutti e in ambiti in cui abbiamo confuso il nostro servizio anche in comunità come un qualcosa da non condividere, ma anzi da utilizzare come posizione dominante. Una festa dal sapore antico, ma che invece viene inserito nel calendario al termine dell'anno liturgico per scuoterci e non assopirci. Per divenire cristiani capaci di versarci l'uno con l'altro. |