Omelia (02-11-2005)
Omelie.org - autori vari
Kalag-Kalag!

In questi giorni dalla finestra di camera mia posso assistere ad uno spettacolo inusuale e curioso: file di persone festanti si recano al cimitero portando tavole di legno, canne di bambù, pentole, teloni, sacchi di riso, utensili... E' una processione festosa, di gente sorridente.
Vanno a costruire piccole capanne sulle tombe dei loro cari.
La sera del 1 Novembre le famiglie si trasferiscono al cimitero e vi rimangono fino al 2 sera, mangiando, bevendo, cantando, pregando, giocando.
Non hanno paura di trascorrere la notte in un cimitero.
Loro vanno a fare compagnia ai morti.
Il cimitero si trasforma in un villaggio, che risuona di canti, danze, giochi, allegria, mentre si aspetta il prete, che il 2 Novembre mattina viene a celebrare la Messa.
Questa tradizione, che qui nelle Filippine si chiama Kalag-Kalag (le anime) è in realtà diffusa anche in altri paesi del mondo.

Da noi, invece, nessuno si sognerebbe di andare a dormire al cimitero, e tanto meno a festeggiare o a cantare!
Il cimitero è un luogo ordinariamente silenzioso e serio: vietato ridere, mangiare o schiamazzare.
Si rischia una multa.

Gli studiosi di antropologia culturale ci dicono che dietro alle forme di raduno festoso nei cimiteri si celano le antiche radici animistiche della fede popolare. Radici che la Chiesa ha cercato di guidare con prudenza, purificare dagli abusi e incorporare nella fede cristiana, che ci assicura che Cristo è Risorto.

Lasciando perdere per un momento gli aspetti paganeggianti e un po' superstiziosi, è però vero che queste persone ci dicono qualcosa di importante: i nostri cari defunti non sono lontani da noi.
Ci sono molto vicini. Anche se non possiamo vederli.
Alcune forme, tipo il preparare il cibo preferito dal defunto e appoggiarglielo sulla tomba, ci possono lasciare perplessi e sinceramente sono discutibili.
Ma il messaggio è un richiamo forte e concreto alla speranza: tu sei ancora vicino a noi. Noi non ti abbiamo dimenticato e vogliamo condividere ancora i nostri beni con te.

Io credo che questo sia anche il significato della nostra visita odierna al cimitero, del nostro portare un mazzo di fiori, del nostro venire a Messa e pregare per i nostri cari.
L'amore è rimasto, come anche la nostalgia e la coscienza di una vicinanza che persiste, misteriosa.

CREDO LA COMUNIONE DEI SANTI

Ogni Domenica, rinnovando la professione di Fede durante la Messa, diciamo:

Credo nello Spirito Santo
La Santa Chiesa cattolica
La comunione dei santi
La remissione dei peccati
La risurrezione della carne
E la vita eterna. AMEN

Forse tutti noi abbiamo una certa idea di cosa sia la Chiesa cattolica, la vita eterna, lo Spirito Santo e la risurrezione.
Ma probabilmente non è del tutto chiara "la comunione dei santi".
Il Catechismo ci insegna che la Chiesa è comunione di un popolo santo, in tre stati: lo stato di pellegrini sulla terra, lo stato di quelli che si stanno purificando e lo stato di coloro che sono già nella gloria di Dio. Pur essendo in stati diversi, tutti sono in comunione nell'amare Dio e i fratelli, animati dallo stesso Spirito, come discepoli dello stesso Signore. Noi chiamiamo questo "comunione dei Santi".
Una comunione di amore e di preghiera. Una comunione di aiuto reciproco.
E' per questo che il Vaticano II dice: "L'unione dei viventi con i fratelli che si sono addormentati nella pace di Cristo non è interrotta, ma al contrario, secondo la costante fede della Chiesa, rafforzata dalla condivisione di beni spirituali" (LG 49).
Per noi, oggi, comunione di beni spirituali significa non tanto preparare il cibo preferito dei nostri defunti, ma pregare per loro, amarli, fare tesoro del loro esempio, raccomandarli all'amore di Dio.
Talvolta anche perdonarli.

Noi speriamo un giorno di rivederli, per la misericordia divina, nonostante la fragilità della nostra condizione umana.

La celebrazione odierna ci dice anche che mai dobbiamo scoraggiarci o vivere troppo di rimpianti nel passato. La vita continua: andiamo avanti!

LA SPERANZA FONDATA

La liturgia della Parola ci presenta, in tutte e tre le letture, elementi per rafforzare la nostra speranza. Abbiamo sentito delle frasi decise, forti. Potremmo dire: abbiamo sentito delle dichiarazioni solenni.
"Io lo so che il mio Redentore è vivo. Io lo vedrò, io stesso".
"Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi".
"A maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvati dall'ira."
"Questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato".
Non abbiamo sentito espressioni tipo: "io spero di vederlo", "spero di contemplare un giorno il suo volto", "speriamo che saremo salvati", ecc. Abbiamo udito dichiarazioni che tradiscono una dose di sicurezza: Dio vuole salvare tutti gli uomini, Cristo ha dato la sua vita per salvarci, noi un giorno vedremo Dio.
Ma chi di noi può dire con certezza cosa gli accadrà dopo la morte?
Nessuno.
Possiamo solo confidare nella volontà di Dio, che è una volontà salvifica.
La Parola ci dice che Dio ha fatto tutto il possibile, per parte sua, affinché questa speranza possa diventare certezza per gli uomini.
Certo, c'è una parte che spetta a noi. E' nostra parte "andare a Gesù", cioè orientare la nostra vita secondo la sua Parola. In questo modo lui non ci respingerà.
Se crediamo in Lui, non tanto con una pura operazione teorica, ma conformando la nostra vita a Lui, abbiamo la vita eterna.

Questa è la fede della Chiesa, che celebriamo oggi.

Il giorno del nostro Battesimo ci è stata consegnata una candela accesa, come segno della fede ricevuta, con la raccomandazione di conservarla "per la vita eterna".

Alcuni testimoni ci dicono che il Papa ha voluto questa candela accesa accanto a sé, durante la sua agonia.
Preghiamo che la luce della fede arda nei nostri cuori e guidi anche noi dove Dio ci aspetta.

a cura di Alvise Bellinato