Omelia (12-12-2021) |
don Mario Simula |
I verbi della gioia I verbi della gioia sono numerosi e incalzanti. Rassomigliano a una corsa festosa di speranza, che si perde nell'orizzonte sconfinato dell'Amore di Dio. L'uomo, l'umanità, ciascuno di noi è invitato alla gioia. Dio stesso gioisce con noi. Lui per primo si lascia travolgere da questa danza che fa da preludio alla salvezza. Il mio cuore echeggia dello stupore inatteso di questa melodia. Il profeta cerca tutte le sfumature dell'allegrezza nel suo vocabolario ispirato. "Rallegrati, grida di gioia, esulta, acclama con tutto il cuore, o Popolo di Dio". Non possono esistere intralci, impedimenti, esitazioni nell'esprimere l'esultanza perché il Signore ha revocato la condanna per il suo Popolo, ha sconfitto ogni sua paura. Il Popolo è ciascuno di noi nel suo cammino di fede, nella sua lotta contro il Maligno. Il Popolo è la comunità che arranca e alla quale Dio dice: "Non temere. Non lasciarti cadere le braccia. Il tuo Dio è in mezzo a te e ti salva con potenza". Dio gioirà per noi, ci rinnoverà col suo amore, esulterà per noi con grida di gioia. Non riesce a contenersi. Sente il bisogno di dare libertà di espressione a tutta la gioia che prova per noi. A metà del cammino di Avvento contempliamo già l'alba del nuovo giorno nel quale spunterà la Stella del Mattino, Gesù, Signore nostro. Il Signore è nostra forza e nostro canto. Ci disseterà con l'acqua viva della gioia. Aspetta il canto dei nostri inni, l'esultanza delle nostre voci. Se ci fermiamo nel silenzio della contemplazione, scopriamo che questo volto di gioia è il nostro profilo lieto di credenti. Siamo in attesa, ma non tristi. Siamo in cammino, ma non disperati. Lo Sposo non è ancora con noi, ma presto arriverà e sarà giorno. Alle nostre comunità e alle nostre persone Paolo raccomanda con forza amorevole: "Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. Esprimete la letizia con la vostra amabilità. Il Signore è vicino". Non c'è quindi alcun motivo di angustia. Piuttosto occorre custodire il rapporto col Signore con la preghiera di lode, di domanda e di ringraziamento. Gioia e preghiera fiduciosa costituiscono il segreto della pace del cuore, la strada per custodirlo in Cristo Gesù, nell'amore e nella serenità. Le risposte di Giovanni alla gente che lo interrogava, toccano gli interrogativi chiave della vita. Se si ascolta quello che Dio ci vuol dire attraverso il profeta, il cuore trova l'appagamento profondo, la mente scopre la chiarezza dei pensieri di Dio, i sentimenti percorrono la via della loro valorizzazione armoniosa e buona. "Che cosa dobbiamo fare?". Siamo al culmine di un cammino che ci conduce dietro la Stella al luogo della natività del Figlio di Dio. Tutti coloro che incontrano Giovanni domandano: "Che cosa dobbiamo fare" per entrare nella gioia, per rimanere nella sua luce, per intonare la sua melodia? Il precursore di Gesù ha una parola precisa per ciascuno. Risponde attingendo alla Sapienza la cui luce dà contentezza e gioia. La folla è entusiasta della capacità di Giovanni ad entrare nella concretezza della sua vita. Arriva addirittura a pensare: "Che non sia lui il Cristo?". Il desiderio del Messia promesso è talmente intenso nelle aspettative della gente da alimentare la gioia di chi lo vede già davanti ai suoi occhi. Giovanni, uomo di verità, messaggero fedele del Signore, è tassativo nel rispondere a tutti, mettendo in fuga ogni equivoco: "Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Porterà giustizia e purezza nel popolo. Nel granaio raccoglierà il buon frumento, mentre disperderà al vento la paglia". L'evangelizzazione di Giovanni è il preludio alla sinfonia. E' l'accordo degli strumenti prima di eseguire il concerto di gioia che soltanto Gesù potrà intonare. E' un momento decisivo dell'Avvento quello che inizia con questa settimana. Chiede a tutti noi atti essenziali di verità: guardare il nostro cuore, scoprirne le opacità, permettere che il Signore lo purifichi, allenarlo alla gioia. Questo cammino vissuto personalmente e insieme, porta necessariamente frutti di gaudio. La gioia esaltante per l'esistenza e per la vita. La gioia per un amore sempre rispettoso, bello, accogliente e riconoscente. La gioia pacificante del silenzio e della contemplazione. La gioia per il lavoro quotidiano nobile e accurato. La gioia per il dovere compiuto ogni giorno come atto di fedeltà a noi stessi, agli altri, al mondo. La gioia gratuita del servizio e quella esigente del sacrificio. Anche la gioia nel dolore che purifica e innalza. Terza tappa del cammino di Avvento: dilatiamo la vita alla gioia. Noi, discepoli di Gesù, siamo uomini e donne di gioia. Segnati da questo dono come da un sigillo impresso anche sul volto. Siamo annunciatori del buon profumo della gioia di Gesù: unzione indelebile dello Spirito. Gesù, tu invitandoci alla gioia per la tua presenza ormai all'orizzonte, smentisci tutti coloro che sono scandalizzati dalla tristezza di tanti di noi, tuoi discepoli. Gesù, tu forse non immagini nemmeno la vergogna e la confusione che provo ogni volta che il mio volto si rabbuia senza motivo. Forse lo faccio per dispetto. Altre volte è frutto del mio malessere interiore. Ci sono momenti di tristezza che nascono dalle viscere: tutto mi contraria, ogni persona mi è insopportabile. Assumo proprio l'atteggiamento della persona offesa, adirata col mondo intero: testa bassa, seduto in disparte, apparentemente nascosto, ma desideroso che tutti si accorgano del mio stato d'animo. Tu, Gesù, sei accanto a me con la serenità impressa nei tuoi occhi. Materno e paterno. Lavori dentro di me per addolcire la durezza del cuore. Eppure tutti mi dicono che il mio volto è propenso al sorriso. Gesù, dammi una mano perché diventi un testimone della gioia. La gioia vera di chi sperimenta la felicità del cuore. Di chi vuole donare gioia e non tristezza, apertura d'animo non malinconia, benessere non malumore, forza non avvilimento, coraggio non sconforto, felicità di condividere non senso di abbandono, amabilità non amarezza. Gesù non voglio che qualcuno parli male di te, perché io sono l'immagine del pessimismo, della sfiducia, della vita sopportata male. Gesù, voglio essere discepolo che attrae per la virtù, che contagia il canto, che vede il bene, che sa dipingere a colori e non in bianco e nero. Gesù, voglio essere il tuo Volto Pasquale. Ma anche il Volto luminoso dei pastori di Betlemme. Voglio essere la melodia degli angeli, la letizia di tua Madre, l'orgoglio esultante di Giuseppe. Gesù, voglio essere, se tu mi aiuti a togliere la maschera, la luce della cometa. |