Omelia (12-12-2021)
Omelie.org - autori vari


COMMENTO ALLE LETTURE
Commento a cura di Andrea Lonardo

1. Le folle... i pubblicani... alcuni soldati... il popolo era in attesa... Giovanni rispose a tutti...
Il Signore e il suo messaggero sono per tutti. Noi cristiani siamo per tutti. Non nel senso che siamo chiamati a convertire tutti. La conversione è opera di Dio e noi non possiamo né prevederla, né calcolarla. Piuttosto nel senso che il segno è posto per tutti, la parola è pronunciata per tutti, la presenza di Dio è per tutti. Chi vorrà salvare solo la sua anima (o al massimo quella dei suoi cari) la perderà. Gli altri sono presenti nel cuore, nell'attenzione, nell'orizzonte del cristiano. Giovanni il Battista libera il vangelo perché chiunque possa accoglierlo; non lo mortifica rivolgendolo solo a gruppi, età, attenzioni particolari. Il cammino che Giovanni fa nel deserto, lo fa per tutti. E' lì per gli altri. Certo anche lui, come ognuno di noi, avrà desiderato la conversione di tutti, ma il suo compito era fare in modo che tutti quelli che sono chiamati da Dio lo possano comprendere. E' non solo diverso, ma antitetico, essere nel cammino della conversione, nel cammino della croce a nome degli altri o contro di loro. Compito di ogni comunità cristiana e di ogni singolo laico è quello non di coltivare il proprio orticello, ma di divenire segno leggibile, offerto, proposto alla vita dei fratelli amati. "La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino" (Fil 4, 5, II lettura).
2. Chi ha due tuniche...
C'è una immensa differenza in ciò che Dio ha dato agli uomini. I beni, ma anche ogni altro dono, non secondo meriti sono stati divisi. La via cristiana rifiuta radicalmente l'uniformità e l'uguaglianza, promossi nel passato dal comunismo. Con uguale forza rifiuta l'accentrarsi dei beni in poche mani, il permanere della differenza a beneficio di pochi, che è il capitalismo. Dalle differenze la proposta evangelica conduce l'uomo a costruire la condivisione. Hai due tuniche, non ne hai una sola! "Io ti domando due cose, non negarmele prima che io muoia; tieni lontano da me falsità o menzogna, non darmi né povertà né ricchezza; ma fammi avere il cibo necessario, perché una volta sazio io non ti rinneghi e dica: Chi è il Signore?", oppure, ridotto all'indigenza, non rubi e profani il nome del mio Dio" (Pr 30, 7-9).
3. Io non sono degno di sciogliere il legaccio dei sandali...
Nella bellissima interpretazione di Alonso Sch-kel, basata sulla legge del levirato, Giovanni rifiuta con ciò di essere lo sposo. Così l'hanno interpretato molti Padri della Chiesa antica. Citiamo, ad esempio, Gregorio magno: "Era costume, presso gli antichi, che se uno non voleva prendere come sposa la ragazza destinata a sé, allora chi, per diritto di parentela, sarebbe stato lo sposo, lui gli scioglieva i calzari. Come, dunque, apparve Cristo tra gli uomini, se non come Sposo della Santa Chiesa? Di Lui ancora Giovanni dice: "Chi ha la sposa è lo sposo". Dato però che gli uomini ritennero che Giovanni fosse il Cristo - cosa da lui negata - opportunamente egli si dichiarò indegno di sciogliere il legaccio dei sandali di Lui. Intendeva così dire: Non posso mettere a nudo i passi del nostro Redentore, perché non intendo usurparne il titolo di sposo". L'evangelista Giovanni espliciterà su Giovanni Battista: "Io sono l'amico dello sposo". E' il rifiuto cristiano della seduzione, del "condurre a sé". Il messaggero indica "Colui che è più forte", il Figlio. Il più piccolo di coloro che sono con Lui, è più grande del più grande dei profeti. "Il Signore esulterà di gioia per te, ti rinnoverà con il suo amore, si rallegrerà per te con grida di gioia, come nei giorni di festa" (Sof 3, 18, I lettura).
Ogni cristiano rifiuta di usare troppo il registro della emotività per conquistare. Il Signore non vuole che sia saturata ogni attesa. Ogni mancanza che noi troviamo nelle creature del Creatore non è per questo necessariamente causa della inadeguatezze altrui, ma è segno del limite umano che attende lo sposo, il Signore. Ogni uomo è chiamato a scavare in queste mancanze, in questi vuoti perché diano sempre più coscienza che niente e nessuno fra le creature è "sposo" in senso pieno, se non Colui che discende dall'alto. Anche nell'attualissimo dibattito sull'eutanasia è evidente che la domanda più importante resta inevasa dai dibattiti televisivi: qual è il senso della sofferenza? Agli occhi umani, troppo umani, appare sensato solo ciò che evolve verso una guarigione, verso un successo terreno. Aprirsi ad un senso che viene dall'alto, ad uno Sposo portatore di senso, ad uno Sposo crocifisso per amore e in quella croce origine del senso stesso della vita umana, è discorso e prospettiva assente nella cultura contemporanea. E' vero che solo il senso permette di vivere (e non solo la sofferenza)! Ma dove appare, dove ha fondamento un senso per la vita degli uomini? "La pace di Dio, che sorpassa ogni conoscenza, essa custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù" ( Fil 4, 7, II lettura).
4. Io vi battezzo con acqua...
D'altro canto Giovanni è l'amico che, con voce forte, invita alle nozze. Non rifugge dalla sua autorità. Sa di essere sentinella in mezzo al popolo (Ez 3), sa che a lui sarà domandato conto della vita dei suoi contemporanei. Per questo battezza e rifiuta di chiamare male il bene e bene il male. "Guai a coloro che chiamano bene il male e bene il male, che cambiano le tenebre il luce e la luce in tenebre, che cambiano l'amaro in dolce e il dolce in amaro" (Is 5, 20).concrete nella vita di oggi!