Omelia (19-12-2021)
don Mario Simula
Una grotta e un pane

Esistono dei luoghi che parlano la stessa lingua di Dio e ne indicano la presenza.

Per quelle strade Dio è passato, lasciando impronte invisibili e indelebili.

Maria e Giuseppe sono in cammino, proprio su quelle orme di Dio, in cerca di una patria dove far nascere il Bambino che rende gravido e bellissimo il grembo della Madre.

Betlemme di Efrata, terra fruttuosa e feconda, è la meta. In quel piccolissimo borgo e dentro una grotta il Messia potrà piantare la sua tenda.

Betlemme, "casa del pane" quotidiano per nutrire il corpo. Betlemme "casa della Parola" per saziare la mente, il cuore, la vita. Betlemme è la dimora che il Figlio di Dio sta cercando.

Betlemme è anche la nostra patria. Ci spinge verso le sue stradine sconnesse e sconosciute, il desiderio seducente dell'incontro con Dio ormai alle porte della nostra storia, del nostro bisogno, del dolore che ci attanaglia, della vita che ci chiama.

L'uomo ha fame e sete di Dio. Ciascuno di noi, anche se in modo inconsapevole a volte, non può fare a meno di Dio. Lo cerca, non lo trova, poi continua a cercare e lo trova.

Il sentiero della nostra esistenza è tracciato da Dio. Per questo non riusciamo a fare a meno di Lui.
Nell'appagamento che il Signore dona ai suoi cercatori, è racchiusa la gioia pacificante del Natale.

L'uomo è desiderio fame e sete di Dio. Quel desiderio, quella fame e quella sete di Dio sono la sua brama. Simile al tormento di chi vuole trovare una risposta di senso per la sua esistenza.

Betlemme è la casa nella quale si manifesta il Pane di Vita, liberazione per ciascuno di noi da ogni fame di ghiande e di briciole, per trovare la sazietà del Pane dell'immortalità. Il Salvatore conosce bene il nostro cuore, le domande che lo assillano, le inquietudini che lo invadono. Vuole essere risposta e appagamento.

Noi camminiamo alla cieca. Smarrendoci per vie traverse, tutte promettenti e nessuna orientata nella direzione giusta.

Ci dimentichiamo di essere fatti per Iddio e che il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Lui.

Il povero villaggio di Betlemme, pieno di memorie regali, casa di Davide il re, ci ricorda che, a volte, le cose piccole, le realtà insignificanti sono quelle che rivelano luminosamente la grandezza oltre ogni universo dell'Amore di Dio.

Nessuno scommette su Betlemme. Eppure col suo trascurabile agglomerato di case diventa tenda dell'Emmanuele, del Dio-con-noi.

Lo capiscono Maria e Giuseppe che nelle campagne di Betlemme trovano l'unico albergo ospitale.

Lo capiscono i pastori attratti dalla forza misteriosa della semplicità della gente come loro che vive una fede semplice.

Lo capiamo noi se riusciamo ad arrivare alla fine di questo meraviglioso cammino di Avvento, col profumo della speranza, impregnati di gioia come quando si vendemmia il vino nuovo, grondanti di desiderio sempre crescente. Che io sia piccolo e un nulla non significa essere scarto agli occhi di Dio.
Significa essere persona amata da lui con un amore senza misura. Come se fossi l'unico al mondo. Se non credo questo mistero non comprendo il Natale.

Ancora un poco è già albeggia la Luce del mondo, il Pane della vita, nel silenzio di una piccolissima borgata di Palestina.

A Betlemme si danno appuntamento quelli che sanno parlare la lingua di tutti i giorni, gli umili e i poveri, coloro che possiedono un cuore ricco di generosità e di dono. Appartengo a quel numero? Ho mani e cuore vuoti. Vado a Betlemme veramente da povero. Consapevole. Fiducioso. Per trovare la ricchezza di Dio.

Se proviamo ad abbandonarci alla contemplazione e alla preghiera dell'Avvento riusciamo anche a cogliere il significato commovente del testo della Lettera agli Ebrei.

Gesù non viene nel mondo per offrire sacrifici di animali. Riceve dal Padre un corpo. Offre il suo corpo.
Gesù si mischia totalmente al fango umano, fragile e sofferente. "Ecco io vengo, Padre, per fare la tua volontà. Donerò come sacrificio, una volta per sempre, il mio corpo".

Sperimentiamo due fatti incredibili: il Figlio di Dio si fa carne mortale, in tutto simile a noi fuorché nel peccato; il Figlio di Dio si offre a noi come Pane di Vita: "Prendete e mangiate: questo è il mio corpo".

Gesù che si abbandona a Dio per diventare nostro fratello e sorella, è lo stesso che intraprende in fretta un viaggio lungo nel grembo vergine di sua madre vergine. Porta la primizia dell'Amore ad Elisabetta che aspetta anche lei un figlio nella sua tarda età.

Maria, la Madre, non ha paura di affrontare un viaggio lungo e pericoloso verso la regione montuosa, in una città di Giuda.

All'arrivo entra nella casa di Zaccaria, e saluta Elisabetta.

E' il momento di un'inebriante danza di gioia da parte di quel figlio che si sta formando nell'utero di una donna una volta sterile, mentre il figlio appena concepito da Maria è il Maestro della danza. La vita di Dio scoppia nella sua pienezza in mezzo a noi e si traduce in un tripudio sconosciuto alla storia.

Elisabetta è inondata dallo Spirito Santo e canta il suo inno vibrante, atto di gioia e di fede: "Benedetta tu, Maria, fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto".

La gioia conosce il cuore di Dio. E' Dio stesso che la dona. E' niente, ma è tutto se Dio la dona. Anche a noi.


Gesù, intravvedo la grotta naturale delle campagne di Betlemme rifugio di animali e di pastori insignificanti. Sarà tua casa. Troverò Te felice di nascere in mezzo ad un'umanità provata. Troverò Te che per nascere scegli Betlemme, "Casa del Pane".

Quante volte sei nato tra le mie mani macchiate di peccato come Pane di vita! Non ti sei mai rifiutato di venire.

Gesù, tu hai sempre scelto l'amore più forte del mio peccato, capace di distruggere il mio peccato.

Non immagini quante volte ho avuto la tentazione di far prevalere la mia indegnità e far prevalere il rinnegamento dell'amore fiducioso verso di Te. Nudo volevo intraprendere viaggi verso case ricche e accoglienti.

La nostalgia dell'odore del gregge, dei pastori, dello sterco della grotta hanno sempre prevalso contro il miraggio di andarti a cercare proprio dove tu non sei.

Betlemme è nulla. La grotta è meno di nulla. Chi la abita abitualmente non ha volto né dignità.

Non esiste. Quelli che contano abitano altrove.

Preferisco Betlemme, Gesù. Preferisco gli inquilini di questo condominio universale destinato ai poveri.

Preferisco Betlemme perché Tu l'hai preferita. Perché Maria tua madre l'ha preferita. Perché Giuseppe l'ha preferita.

In quell'antro oscuro appare la Luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo.

Si fa carne il Pane che sazia la fame di Dio che alla fine salverà il mondo.

Gesù, la tua grotta rassomiglia molto alle oscure camere della mia vita. Sempre chiuse e sconosciute.
Ho terrore ad entrarvi. Eppure Tu, Bambino, mi aspetti a braccia aperte in quel buio.

Io temo e ho gli incubi. Tu sei a tuo agio. Accoglimi e abbracciami. Il freddo mi assale. Il caldo del tuo Amore mi aspetta. A casa mia.