Tre doni per la gioia
Ci sono a volti dei doni che si ricevono senza rendersi conto di quanto siano belli. Oppure semplicemente non si capiscono, e li si guarda con curiosità o forse un pizzico di malumore, perché non erano proprio quello che ci si aspettava. Quando poi si scopre la loro fondamentale importanza, allora il cuore si riempie di stupore, oltre che di gioia.
Non sappiamo cosa abbiano compreso Maria e Giuseppe dei tre doni che portarono i Magi al loro figlioletto nato da poco. Forse la sorpresa e il senso di inadeguatezza si mescolarono, tanto da credere che quegli uomini saggi si erano sbagliati, o avevano esagerato: oro, incenso, mirra... che cose preziose!
Noi oggi, senza forse accorgerci, riceviamo altrettanti doni: proprio tre.
E sono pure assai preziosi. Non vengono dai re di oriente, ma da un profeta poco avvezzo alle situazioni lussuose. Sono i regali che Giovanni il Battista fa a noi, come alle folle che lo ascoltano e lo cercano sulle rive del Giordano. Sono in realtà qualcosa che attendiamo da tempo, perché rispondono ad una delle domande più cruciali per ogni esistenza di uomo e donna sulla terra: "Che cosa dobbiamo fare?" (vv. 10.12.14a).
Tre volte viene posta, da tre categorie di persone diverse. Tre volte il Precursore risponde, e per noi diventano tre doni e una scuola di vita.
Primo dono: la condivisione.
"Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto" (v. 11). Mettere in comune quel che si ha, non con chi ci sta simpatico, ma con chi ne ha bisogno. E non risparmiando per assicurarsi che ne resti a noi abbastanza, tanto meno che ne possiamo avanzare per accumulare le scorte: dare semplicemente, con un criterio di equità e giustizia radicale. Dare per essere alla pari: una a me, e una a te. Senza discriminazioni di merito. Quanta libertà in questo stile di solidarietà essenziale!
Secondo dono: l'onestà.
"Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato" (v. 13). Rifiutare il guadagno illecito non si fa soltanto per avere la coscienza tranquilla, ma perché "il di più vi sarà dato in aggiunta"(cfr. Mt 6, 33). Fare tesoro soltanto di ciò che è giusto significa riconoscere che in realtà nulla abbiamo portato in questo mondo e nulla ci porteremo via, se non l'amore. E che c'è Qualcuno che, se qui ci ha voluti, di noi si prende cura. L'onestà non è la virtù di chi ha uno spiccato e a volte ossessivo senso del dovere (anche se fare il proprio dovere è cosa buona e giusta), bensì un tratto di autentica figliolanza, e quindi di una fraternità praticata nel necessario, piuttosto che col superfluo.
Terzo dono: la pace.
"Non maltrattate e non estorcete" (v. 14b) è il paradigma della non violenza. Risolvere i conflitti con la capacità di moderazione e di mitezza è caratteristica di personalità forti. Si tratta di orientare la naturale aggressività verso il bene, a partire dal rispetto della persona, soprattutto dei più deboli.
"Il regno di Dio - infatti - è dei violenti" (cfr. Mt 11,12): il che significa che per diventare discepoli del Re bisogna essere dotati di grinta e determinazione, che sono il modo più conveniente per catalizzare le energie di vita insite nella rabbia di ciascuno. Ci vuole la spada per essere pacifici, una spada usata per penetrare d'amore i cuori fino alle giunture del discernimento.
Tre doni ricevuti dall'esempio del Battista, prima che dalle parole.
Ma a quale scopo?
Per trovarsi nella gioia. Perché la gioia, invece, non è un pacco regalo che si raccoglie e si decide di aprire un giorno per sempre. È piuttosto un bagno in cui immergersi, quello del battesimo in Spirito Santo e fuoco, che è il modo con cui l'Altissimo ha deciso di avvolgerci nel suo amore sodo e tenero insieme. La gioia, così, diventa una coperta, o meglio ancora una bruciante rugiada di senso e di passione che rende la vita calorosamente bella!