Omelia (19-12-2021)
don Giacomo Falco Brini
Maria, il saluto di Dio

Maria è stata raggiunta da un annuncio clamoroso: sarà la madre del Messia. Ma questa lieta notizia non la fa ripiegare in un compiacimento narcisistico per l'elezione che Dio le ha riservato. Raggiunge subito Elisabetta sua parente che si trova al sesto mese di gravidanza, dunque in gestazione abbastanza avanzata. Certamente per verificare di persona il segno datole dall'arcangelo Gabriele, ma soprattutto perché per Maria l'altro, con i suoi bisogni, viene prima di tutto. Nel partire subito per assistere sua cugina vediamo già un amore più maturo della sua giovanissima età. Del resto Maria è donna piena di grazia (Lc 1,28): cosa significasse ciò non lo sapeva neppure lei; anzi, non dimentichiamo che questa affermazione le procurò un'iniziale grande turbamento (Lc 1,29). Reazione di una giovane donna che ha la giusta misura di sé stessa, segno di un'umiltà che non permette alla mente di pensare che quel che si ha o che si è ricevuto, possa essere prodotto suo.
Piena di grazia: così piena da bastarle un semplice saluto per generare, in chi lo riceve, una risposta d'amore grata, espressa in una lode benedicente (Lc 1,40-41). Elisabetta è consapevole di quel che avviene e spiega ad alta voce che quel saluto è il detonatore della sua gioia (Lc 1,44). Infatti, quel saluto porta la salvezza in carne e ossa in casa sua! Saluto, salute, salvezza: sono parole che hanno significativamente la stessa radice. Chi incontra Maria incontra tutto ciò, poiché incontra la nuova Arca della presenza divina, il tabernacolo della nuova Alleanza che Dio stabilisce non più scrivendola sulla pietra, ma prendendo forma personalmente nella nostra carne umana. Elisabetta, nel suo stato, vive in simbiosi di gioia con suo figlio. Come Davide all'arrivo dell'Arca dell'Alleanza (2Sam 6,13-15), Giovanni danza nel grembo di sua madre, spingendola a pronunciare parole inaudite e profetiche: a che debbo che la madre del mio Signore venga a me? (Lc 1,43) Quanto più il dono è imprevisto e non proporzionato alla nostra umana attesa, tanto più il cuore avverte che il Dio in cui si crede è "il Dio delle sorprese", un Dio che sarà sempre "più" di quanto si possa immaginare.
Dopa averla benedetta, Elisabetta, sempre mossa dallo Spirito, proclama anche la beatitudine di Maria, perché ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto (Lc 1,45). La sua fede ha permesso al Signore di innescare un processo storico che ha cambiato le sorti della umanità, processo che la stessa Maria decanta nel suo magnificat a Dio. Proprio non capisco come mai, nella odierna liturgia della quarta domenica di Avvento, la chiesa non abbia previsto di farlo proclamare. In fondo, il vangelo di oggi è la solenne celebrazione della vita nell'incontro di due madri visitate dalla imperscrutabile misericordia di Dio. Due donne che lo glorificano con tutto sé stesse, perché hanno "toccato con mano" la presenza divina che compie i suoi disegni e le sue promesse tra i poveri e gli umili della terra. In questa prospettiva, il Natale di Dio tra gli uomini ormai vicino sarà cartina di tornasole del suo inequivocabile modo di operare nella storia, ma anche possibile diagnosi sullo stato della nostra fede. Se sussulteremo di gioia davanti all'annuncio degli angeli, sarà realmente un Natale di sostanza. Diversamente, sarà la solita festa patinata piena di regalini e decorazioni, piena di dolcezze e di auguri, piena di prelibatezze e di musiche intrattenitrici. Piena di tutto, ma che non fa spazio a Dio.