Omelia (19-12-2021) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Amore e onnipotenza La nascita di Dio nella carne è un evento unico e, dal punto di vista puramente umano, inconcepibile e paradossale. Se si considera infatti il solo aspetto della razionalità, la posizione della scienza e il corso naturale degli eventi di gestazione, è impossibile ammettere che un Dio infinito e onnipotente possa incarnarsi eleggendo un seno materno vergineo. Anche per questo motivo il cristianesimo è stato sottoposto ad accuse di varia natura e di varia provenienza. Nel Dialogo di San Giustino con il Giudeo Trifone, quest'ultimo afferma di non poter accettare che il Figlio di Dio possa nascere da una vergine e soprattutto che lui Creatore del cosmo, preesistente con Dio Padre e fautore di ogni cosa fin dall'eternità, possa aver accettato di essere generato e farsi uomo: "Mi sembra non solo paradossale, ma addirittura folle." Assurdo e impensabile per la mentalità miscredente e non cristiana che Dio possa incarnarsi miracolosamente facendosi bambino; inammissibile per chi è abituato a discorsi sottili di ragionevolezza. Ai tempi del liceo classico il mio professore, di mentalità laica anche se non anticlericale, durante una lezione proruppe con un'esclamazione concitata: "Ragazzi, ma voi davvero ritenete possibile una rivelazione di Dio nella forma così irrazionale, addirittura ridicola? Che Dio, Infinito e Trascendente possa farsi uomo??" Impossibile se le cose si guardano dalla prospettiva umana; non però se si ha l'umiltà di considerare il punto di vista di Dio. Un Giudeo zelantissimo convertitosi alla causa di Gesù Cristo, Paolo, affermava infatti che "Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti; Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti; Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato per ridurre a nulla le cose che sono" e sempre Dio ha considerato stolta la sapienza di questo mondo manifestando la sua potenza proprio in tutto quello che gli uomini ritengono debole e irrazionale(1Cor 1, 27 - 29). Ciò che l'uomo ritiene assurdo per Dio è pienamente fattibile; ciò che per l'uomo è stoltezza e irragionevolezza, per Dio è salvezza e motivo di gioia e di vita. E soprattutto, a Dio nulla è impossibile, neppure ciò che sfugge alla nostra mente e alle nostre concezioni; pur di raggiungere l'uomo fino in fondo e di volerlo recuperare a se stesso, Dio può questo e altro, anche perché egli ci si è rivelato sotto un altro aspetto, quello dell'amore e della misericordia. Gli aspetti inverosimili della rivelazione di Dio vanno sostenuti come veritieri appunto perché umanamente inverosimili ma saggi dal punto di vista di Dio e l'eroismo consiste proprio nell'accoglienza dell'assurdo. "Credo quia absurdum" diceva Tertulliano. Occorre che prescindiamo dalle prerogative di razionalità e di sapienza conclamate da questo mondo, che peraltro non di rado hanno mostrato la loro fallacia e la loro contraddittorietà su tanti fronti; occorre collocarsi nell'ottica di Dio, accettando che Questi sia quello che davvero ci si è rivelato: Amore Onnipotente. Come colui al quale cioè per amore dell'uomo ogni cosa è possibile, anche prevaricare le ordinarie aspettative dell'umano, anche interrompere il regolare corso della natura senza manometterlo e realizzare, sempre a vantaggio dell'uomo, quello che di per sé è irrazionale e inconcepibile. Il profeta Michea (I Lettura) compendia questi parametri elettivi da parte di Dio nella scelta deliberata di una cittadina sperduta di Betlemme. Winling a questo proposito nota una variazione fra questo brano dell'Antico Testamento e la sua citazione nel Vangelo di Matteo: "E tu Betlemme di Efrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda" diventa per Matteo "E tu Betlemme terra di Giuda non sei davvero l'ultima delle città principali di Giuda". Questo evidentemente non perché si voglia smentire la citazione di Michea, ma perché si voglia esaltare la sua profezia elevando a grande luogo degno di menzione un piccolo villaggio della Galilea: un paesino finora poco considerato dalla geografia giudaica diventa un capoluogo importante per il compimento delle promesse messianiche che ivi si realizzano. In entrambi i brani si parla infatti di un "dominatore", "capo" che sarà pastore universale, l'Emmanuele Dio con noi che tutti attendevano come sacerdote, re e profeta. Questo nascituro è un bambino divino che, senza temporeggiare ma con molta adesione e trasporto entusiasta, Elisabetta riconosce essere "il suo Signore" non appena Maria giunge nella sua casa. Maria viene infatti identificata senza riserve "Madre del Signore", attraverso la quale Dio Figlio per volontà del Padre in forza dello Spirito Santo raggiunge la nostra umanità, diventando uno di noi, bambino per poi essere ragazzo, adolescente quindi uomo. Vero Dio e vero Uomo. Anche Maria, come già Elisabetta, è un luogo di manifestazione della divina onnipotenza che non si mostra tale senza configurarsi come amore e che sconfessa la concezione umana di razionalismo: in lei si riversa la vera potenza di Dio, che si mantiene ben lungi dal voler prescegliere, fra tutte le donne, la regina, l'imperatrice, la blasonata elitaria dell'alta società; non sceglie la massima esponente della cultura o la raffinata dotta speculatrice della capitale o di una città importante. Per portare a termine il suo progetto di salvezza con l'incarnazione Dio si mostra dialogico e ben disposto nei confronti di una giovanissima donna di paese quale la si può incontrare tutti i giorni in piazza o alla fontana del villaggio mostrando ancora una volta che la stoltezza di Dio confonde i sapienti e intanto eleva persone considerate comunemente mediocri o insignificanti. Sintetizzando per noi questa quarta e ultima Domenica di Avvento, ritengo che essa ci inviti all'imminenza del Verbo Incarnato concedendo il dovuto spazio alla fede e all'apertura del cuore verso il mistero, senza preoccuparci se esso non collima con le aspettative di pensiero dei nostri tempi: se si vuole restare affascinati, è meglio credere e aderire piuttosto che speculare, oltretutto perché è anche vero che la presunta capacità di raziocinio da parte degli uomini non di rado ha contraddetto le esigenze della ragione medesima. La fede invece apre tante porte, quante sono le vie che Dio può percorrere per raggiungere l'uomo identificandosi con lui. |