Omelia (26-12-2021)
Paolo De Martino
Una famiglie come le altre

Con questo episodio, Luca termina la sezione dedicata all'infanzia di Gesù. Forse inserisce qui un racconto preesistente di cui non conosciamo più le origini.
A dir la verità sappiamo ben poco della famiglia di Nazareth, della quotidianità. La vita familiare di Gesù con Maria e Giuseppe è coperta dal silenzio, tranne questo episodio.
I genitori di Gesù si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Ogni uomo ebreo doveva recarsi nella città santa almeno tre volte l'anno (per le feste di Pasqua, Pentecoste e Capanne). Se abitava troppo lontano (ed era questo il caso di Giuseppe) poteva andarci solo una volta l'anno con moglie e figli.
La scena ci presenta una situazione dura, ostica, della famiglia di Nazareth. Gesù ha dodici anni: per gli ebrei era l'età del passaggio all'età adulta. Perché questo particolare? Perché Luca rivede nella figura di Gesù uno dei grandi profeti della storia di Israele, il profeta Samuele che, secondo la tradizione, incominciò a profetare proprio all'età di dodici anni.
Questo episodio non riguarda la cronaca, la storia, ma la teologia, la fede. Non riporta un fatto ma una verità. Non a caso, in questa scena tutti i personaggi sono anonimi perché sono rappresentativi. L'unico che ha un nome è Gesù.
Perdere
«Il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero». Prima o poi a tutti è sorta questa domanda: com'è possibile che i genitori non si siano accorti dell'assenza di Gesù? Luca dice ciò che accade o dovrebbe accadere in ogni famiglia. I genitori, devono coscientemente perdere il proprio figlio e questo provoca dolore, devono cioè accettare che quel figlio non è loro, ma di Dio. Ha la sua strada, deve andare verso la sua Gerusalemme, a qualsiasi costo. Dev'essere stata dura per Maria e Giuseppe lasciare andare Gesù. E' così difficile lasciare andare un figlio, lasciare che ci provi, che possa sbagliare.
E' interessante che Luca non censuri questo episodio in cui, diciamocelo, nessuno, apparentemente, fa una gran bella figura. E' lì a ricordarci il rischio di dare per scontato che Gesù sia nella carovana della nostra vita, quando invece magari non c'è. Guai a dare per scontata la nostra fede.
L'angoscia che Maria e Giuseppe sentono quando non riescono più a trovare il piccolo Gesù, dovrebbe essere la nostra angoscia quando siamo lontani da Lui. Sono certo, invece, che molti cristiani riescono a stare senza troppi patimenti, più di tre giorni, senza ricordarsi di Lui, senza leggere ad esempio qualche pagina di vangelo. Maria e Giuseppe si muovono e lo trovano. Amico lettore, ciò che conta non è perderlo di vista, ma mettersi a cercarlo quando ci si accorge che non è più "in mezzo" a noi. Dobbiamo andare noi dietro di Lui e non Lui dietro a noi, ecco perché il Maestro ci chiede di non perderlo di vista. Gesù lo si perde quando siamo davanti, quando lo si supera, cioè quando si crede di conoscere già la strada che vuole fare. Sappiamo pochissimo della strada, ci conviene seguirlo.
Incomprensioni
Gesù non è molto tenero con i suoi genitori. E' duro, quasi stizzito: «Non sapevate che devo occuparmi delle cose del padre mio?». E' il momento della rottura: Maria e Giuseppe sentono di aver perso il figlio. A ben vedere la storia di Maria e di Giuseppe è costellata dall'incomprensione, sin dall'annuncio della nascita. Allora, amico lettore, ti chiedo: perché pretendi di capire tutto? Perché dovresti avere chiaro il progetto della tua vita in tutti i suoi particolari? E se ti lasciassi semplicemente condurre? E se smettessi di voler capire tutto e ti fidessi di Dio?
Spesso mi chiedo, chissà cos'avrà pensato Gesù nel vedere che i suoi genitori non capivano. Immagino si sia detto: "Ma non lo sanno? Eppure l'angelo è stato chiaro. Non sanno che sono il Messia, il figlio di Dio?". E' bello sapere che anche Gesù ha dovuto scontrarsi con il limite umano dei suoi genitori che non comprendevano, ha dovuto avere pazienza con Maria e Giuseppe.
Gesù, però, resta con i genitori. Ha capito cosa deve fare ma non ha ancora le forze per realizzarlo, è piccolo, ha bisogno di tempo. Giuseppe e Maria hanno capito che Gesù non appartiene a loro, ma per ora gli restano vicini, consapevoli che un giorno lui se ne andrà. Nella Bibbia, insieme ci si smarrisce ma insieme anche ci si ritrova: è insieme che si apre la strada della salvezza.
E se Giuseppe e Maria non l'avessero lasciato andare? Ci avete mai pensato? Pensate se gli avessero proibito di fare ciò che ha fatto. Forse non ci sarebbe il cristianesimo. Non vi fa tremare?
Quotidianità
Gesù lascia i maestri del tempio per andare con i maestri di vita, i genitori. Per circa trent'anni ha imparato a essere uomo guardando Maria e Giuseppe. E' da loro che ha visto e vissuto le beatitudini: erano puri nel cuore, miti, costruttori di pace, misericordiosi. Il loro parlare era trasparente, lineare: sì, sì; no, no. Con suo Padre adotterà il linguaggio di casa, il linguaggio che adoperava con Giuseppe: "Abbà", cioè babbo. Amico lettore, è la famiglia, il luogo dove s'impara la familiarità con Dio.
Da questo momento, cala il silenzio sulla famiglia di Nazareth. Saranno i vangeli apocrifi che sentiranno il desiderio di colmare questo vuoto imbarazzante. Non poteva iniziare prima a predicare il Regno? Perché è rimasto nell'anonimato? Chissà quanti malati avrebbe potuto guarire? A queste domande Luca non risponde. I primi trent'anni della vita familiare di Gesù con Maria e Giuseppe sono coperti dal silenzio, un silenzio che rivela però una grande novità portata da Gesù: è il silenzio della quotidianità, della normalità. Da millenni lo attendevano e Lui cosa ha fatto per trent'anni? Ha passato il tempo in casa ad aiutare mamma e papà.
Ecco, amico lettore, il nostro Dio. Te lo aspettavi diverso vero? Quel silenzio mostra che la via della santità abita la banalità delle nostre giornate. E' il tempo ordinario, e non quello festivo, il luogo decisivo delle scelte. La santità cui la famiglia di Nazareth ci richiama è quella della vita ordinaria. Esiste una spiritualità del pannolino, una mistica del ferro da stiro, una teologia del mercato. Tuttavia c'è una profondità, in quella famiglia, che resta nascosta agli occhi dei contemporanei, ma che Luca svela ed è la "centralità" di Gesù in quel nucleo familiare. Questo è il "tesoro" della "vita nascosta". La famiglia di Nazareth è santa perché centrata su Gesù.
Saremo credibili, se i nostri gesti quotidiani, le nostre faccende domestiche, i nostri incontri per strada, trasuderanno di vangelo; insomma saremo veri cristiani, se i nostri gesti parleranno di Lui, anche se noi staremo zitti.
Che bello vedere che Dio dà a Gesù, come unico bagaglio per venire al mondo, una famiglia. Per Dio, Maria e Giuseppe sono l'unica cosa necessaria di cui ha bisogno suo figlio perché tutto è possibile nella vita di un uomo quando sa di non essere solo. La famiglia è il luogo strutturale dell'uomo.
La bella notizia di questo brano? Dio ha vissuto tra giochi, stoviglie e rimproveri e non ha fatto nulla per evitarli perché niente sulla terra può essere d'inciampo verso il cielo.

E' appena uscito il mio ultimo libro: "Dio ti ama gratis. In cammino con Luca"