Omelia (25-12-2021) |
diac. Vito Calella |
Gesù nei poveri attraverso il segno del bambino in fasce deposto nella mangiatoia Il racconto della nascita di Gesù è stato ispirato dallo Spirito Santo all'evangelista Luca, alla luce dell'evento della morte e risurrezione di Gesù. Luca insiste nel ripetere tre volte la scena di «un neonato avvolto in fasce e adagiato in una mangiatoia» (Lc 2,7.13.16). Il crocifisso, avvolto nel lenzuolo funerario e deposto nel sepolcro è ora il Vivente per sempre che ci ha lasciato il segno della sua presenza viva nel cibo del pane e del vino trasformati nel suo corpo e sangue, per la nuova ed eterna alleanza di tutta l'umanità con il Padre unito al Figlio nello Spirito Santo. La mangiatoia di Betlemme è per noi oggi il segno di Gesù che si è fatto "alimento" per liberarci dalla nostra situazione di miseria materiale e morale di peccatori. La prima parte del racconto della nascita di Gesù inizia con la storia del censimento ordinato dall'imperatore romano Cesare Augusto. Questo evento imperiale è come la cornice di un dipinto, che rappresenta la gloria umana dei potenti dell'epoca, rappresentati dall'imperatore romano e dal governatore della Siria. Quando nacque Gesù, ci fu una stagione di pace nell'impero romano. Non ci furono più guerre di conquista, non più rivolte popolari contro i romani, né lotte interne di potere per impadronirsi del trono imperiale; questa stagione fu chiamata "pax augusta". L'imperatore romano poteva organizzare il censimento per cominciare a sfruttare i popoli conquistati con la riscossione dei tributi. La propaganda dell'impero romano esaltava la figura dell'imperatore come se fosse il Signore, il Salvatore, il legittimo pacificatore. Ma era una pace garantita dal controllo militare e amministrativo di tutti i territori conquistati; era quella pace in favore dei più forti, che continua a ledere la dignità dei più deboli e dei più umili della nostra umanità. La pace dei potenti è la cornice del quadro che vuole mostrare a tutti noi chi è il vero promotore di pace nel mondo: il Cristo risuscitato. La storia del censimento romano motivò il lungo viaggio di Giuseppe, con Maria incinta, che partì da Nazaret per raggiungere Betlemme. Erano circa 150 chilometri di viaggio, poiché Betlemme è vicina a Gerusalemme, in Giudea, nella regione meridionale, mentre Nazareth è una villaggio di Galilea, situato nella regione settentrionale del territorio di Israele. Giuseppe era un discendente del re Davide. La famiglia di Davide era originaria di Betlemme e il profeta Michea aveva profetizzato che il Messia Salvatore sarebbe nato nella città natale del re Davide (cfr Michea 5,1-4 e Mt 2,4-6). La manifestazione dell'evento divino del Figlio di Dio, che si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi, avvenne nella più grande semplicità e povertà: «Quando furono a Betlemme, i giorni del parto furono compiuti. e Maria diede alla luce il suo figlio primogenito. Lo fasciò e lo depose nella mangiatoia» (Lc 2,6-7). Maria e Giuseppe non trovarono un posto per essere ospitati. Dovevano trovare un riparo di emergenza in una delle grotte che serviva da stalla per gli animali, per avere il fieno come cibo, posto nella mangiatoia. Maria e Giuseppe rappresentano oggi noi cristiani che vogliamo diventare «poveri in spirito», scegliendo di percorrere nella nostra vita il cammino dell'umiltà, come Gesù. Nella seconda parte del racconto avviene l'annuncio della nascita di Gesù bambino. La scelta divina è chiara: i primi destinatari della buona novella della nascita del «Salvatore Cristo Signore» (Lc 2,11b), sono i pastori, che erano una categoria di persone disprezzate, considerate impure, allontanate la religione ebraica, poiché svolgevano l'ingrato lavoro di tenere gli animali fuori città, convivendo con essi in condizioni molto precarie. «In quella regione c'erano pastori che pernottavano nei campi, custodendo il gregge» (Lc 2,8). Cornice di questo secondo quadro del racconto della nascita di Gesù è la gloria divina che si rivela attraverso la luce che avvolge i pastori nelle tenebre della notte: «Un angelo del Signore apparve ai pastori e la gloria del Signore li avvolse di luce ed ebbero molta paura» (Lc 2,9). Si sta adempiendo la profezia del profeta Isaia: «Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; a quelli che abitavano nelle tenebre della morte una luce rifulse» (Is 9,1). La cornice della gloria divina si completa con il coro degli angeli che appare e canta la pace per tutta l'umanità: «All'improvviso, una moltitudine della schiera celeste si unì all'angelo. Cantava lodi a Dio, dicendo: "Gloria a Dio nell'alto dei cieli e in terra, pace agli uomini che egli ama!"» (Lc 2,13-14). Questa gloria divina si attualizza oggi in tutti i cristiani e cristiani che diventano gli "angeli" dei più poveri, li visitano per risvegliare nella loro vita sofferta la luce mirabile della dignità di figli amati, già presente in ogni essere umano, anche in quello più perso di questo mondo. La luce divina dello Spirito Santo è già donata, riversata nel cuore di ogni uomo e donna, grazie alla morte e risurrezione di Gesù. La gloria divina cantata dal coro degli angeli è oggi la testimonianza di tutti i santi che ci confermano questa verità: siamo tutti figli prediletti del Padre e questa scoperta è la vera fonte di gioia e di pace. I pastori sono invitati a non avere paura e a riempirsi di gioia. Gesù è presentato dall'angelo con gli stessi titoli divini con cui noi cristiani oggi professiamo la nostra fede in Lui risuscitato dai morti: Salvatore Cristo Signore: «Non temere! Vi annuncio una grande gioia, che sarà anche quella di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi il Salvatore, che è Cristo Signore!». (Lc 2,10-11). L'apostolo Paolo, scrivendo a Tito, esprime lo stesso annuncio dell'angelo ai pastori con altre belle parole, fonte di gioia e di coraggio per tutti noi: «Si è manifestata la grazia di Dio, che reca salvezza a tutti gli uomini» (Tt 2 ,11 ). Il Salvatore Cristo Signore è presente nel segno che i pastori troveranno: «un neonato, avvolto in fasce e adagiato in una mangiatoia» (Lc 2,12). Ma perché Dio ha voluto che i pastori ricevessero per primi l'annuncio della nascita del Salvatore Cristo Signore? Perché oggi la grotta di Betlemme è il luogo dove troviamo gli affamati, gli assetati, i denudati, i senza terra, i senzatetto, i malati, i carcerati, gli emarginati, i più sofferenti che vivono accanto alla nostra casa. Fin dalle prime ore della visibilità del Figlio di Dio fatto uomo in questo mondo, era volontà del Padre che il bambino Gesù ospitasse in primo luogo i pastori, i più poveri, i più disprezzati, i senza voce, perché Gesù risuscitato ci ha lasciato questo monito: «Ogni volta che condividi la tua vita con i sofferenti, tu mi trovi in loro». Nella terza parte del racconto della natività di Gesù, la cornice del quadro è data dai pastori che evangelizzano. Oltre a riferire a Maria e a Giuseppe «le parole che erano state loro dette riguardo al bambino» (Lc 2,17), l'evangelista Luca scrive qualcosa di strano: «Tutti quelli che ascoltavano i pastori si meravigliavano di ciò che dicevano» ( Lc 2,18). Chi c'era, nella grotta di Betlemme, oltre a Maria, a Giuseppe e ai pastori? Luca non aggiunge altri personaggi. Immagina che siamo noi, oggi, gli ascoltatori e lettori. Lasciamoci allora evangelizzare dai poveri che hanno vissuto la grande gioia di scoprire la loro dignità di figli amati dal Padre, grazie alla venuta del Figlio di Dio in mezzo a noi! La scena di Maria e Giuseppe con il bambino adagiato nella mangiatoia rappresenta per noi ora la nostra comunità raccolta attorno all'Eucaristia, comunità cristiana che sa accogliere con semplicità tutti i poveri, aiutandoli a scoprire la loro dignità di figli amati. Quando ciò accade, sono loro che si fanno i nostri evangelizzatori, offrendoci la testimonianza che è possibile realizzare in mezzo a noi il regno del Padre, regno di giustizia e di pace, mettendo da parte tutto il male e le passioni provenienti dalla radice del male che è il nostro egoismo. Al centro della terza parte del racconto, ci lasciamo attrarre da Maria che «serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19). Ci aiuti Maria a meditare la centralità dei poveri nel disegno divino della salvezza e ci faccia vivere in comunione con loro la gioia e la pace della quotidianità nel regno di Dio che non finisce il giorno di Natale. |