Omelia (25-12-2021) |
don Alberto Brignoli |
Solo a Natale puoi? "Il Natale è davvero magico quando lo gustiamo insieme", recita lo slogan della campagna pubblicitaria natalizia di un famosissimo marchio (o "brand", come si dice oggi). Certo, non ci piove: vivere il Natale in compagnia, e soprattutto in compagnia delle persone a cui vogliamo più bene, è quanto di più bello ci si possa aspettare da questo giorno così particolare e "magico". Se poi lo si riesce a vivere anche insieme ad altre persone alle quali solitamente non dedichiamo un solo istante di attenzione, allora la magia di questo giorno diviene ancor più grande. Magia che raggiunge il suo culmine se questo giorno nel quale ci sentiamo tutti più uniti lo "bagniamo" con le frizzanti bollicine del brand di questa pubblicità: a quel punto, diventa una cosa irresistibile, e ringrazi il Cielo per averti fatto riscoprire la bellezza di stare insieme a Natale grazie a una bibita. Ma il Natale non è solo questo, ovviamente. Perché "a Natale puoi fare quello che non puoi fare mai: riprendere a giocare, riprendere a sognare, riprendere quel tempo che rincorrevi tanto. È Natale, e a Natale si può fare di più; è Natale, e a Natale si può amare di più; è Natale, e a Natale si può fare di più per noi: a Natale puoi!". E mi raccomando: dal momento che a Natale puoi fare di più, fallo! Visto che a Natale puoi fare quello che non puoi fare mai, non tralasciare di farlo! Non perdere l'occasione di fare quello che negli altri giorni dell'anno non ti ricordi di fare: e qualora anche il Natale ti passasse tra le mani come fosse un giorno uguale a tanti altri, stai tranquillo, che ci sarà sempre una fetta di pandoro a ricordarti che "a Natale puoi"... No, tranquilli: non ce l'ho con le campagne pubblicitarie di Natale, che altro non fanno se non quello che "non possono fare mai" negli altri giorni dell'anno, ovvero vendere prodotti occasionali facendo leva sulle emozioni, sulla sensibilità degli utenti, sulla magia del momento che rende tutti più buoni e più generosi, e quindi più propensi a spendere per arricchire le case produttrici. Per carità, non fanno altro che il loro mestiere, e se lo fanno in maniera onesta, "facendo di più" anche nei confronti dei loro dipendenti perché possano continuare a "gustare il Natale" insieme ai loro cari anche il prossimo anno, ben venga! A me, personalmente, molesta solo l'idea che questi - come molti altri messaggi - riescono a veicolare in occasione del Natale: ossia, che a Natale dobbiamo essere tutti più buoni e più attenti agli altri. Lasciando sottintendere in maniera velata (ma neanche più di tanto...) che tutto questo può terminare il giorno successivo, oppure due giorni dopo, se il giorno di Natale è seguito ancora da un giorno festivo (quest'anno, doppiamente festivo, dal momento che Santo Stefano ci viene "bruciato" dalla domenica). Come se non fossimo già sufficientemente ipocriti nella vita di ogni giorno, una visione eccessivamente romantica del Natale ci porta a viverlo con questa dimensione di "bontà a orologeria", di "gentilezza a tempo determinato", di "cortesia a breve scadenza" che più di tanto non ci costa, che male - tutto sommato - non ci fa, e che non impegna in maniera eccessiva le sfere dei nostri sentimenti, cosa che ci permetta di tornare al lavoro il lunedì successivo al Natale (o al più, ai primi giorni del prossimo anno) indossando quelle maschere di ipocrisia di fronte alle quali le mascherine - che da oltre venti mesi fanno ormai parte del nostro outfit quotidiano - risultano essere tutto sommato piacevoli e quasi simpatiche da portare. No, non possiamo essere buoni solo a Natale; non possiamo "fare di più" solo a Natale; non possiamo ricordarci di chi soffre solo a Natale; non possiamo sentirci uniti solo a Natale. Altrimenti, cadiamo pure noi nella logica del prodotto di stagione, come se il bene fosse qualcosa da consumare solo in determinati periodi dell'anno. Se la globalizzazione commerciale ci ha portato un beneficio apparente (più che un beneficio, è un capriccio, in realtà), è quello che ora possiamo trovare prodotti di ogni stagione in ogni periodo dell'anno praticamente in tutti i luoghi della grande distribuzione. Se vogliamo trasformare questa pratica (non del tutto onesta) in qualcosa di significativo per la nostra vita, potremmo fare in modo che sulle bancarelle del mercato delle relazioni umane si abbia sempre l'opportunità di trovare il prodotto del bene. E grazie a Dio, in molti casi e in molte situazioni avviene proprio così: quanto bene fatto anche al di fuori del periodo natalizio; quanta silenziosa solidarietà messa in atto giorno dopo giorno, 365 giorni all'anno, da chi davanti a sé non suona la tromba per annunciare il bene che fa; quante porte spalancate all'accoglienza ogni giorno, senza che alcun tipo di spot pubblicitario le metta in risalto sui social. In un mondo nel quale tutto ciò che fai lo devi mostrare agli altri, nel quale ciò che gli altri fanno lo devono mostrare a te, nel quale se non "condividi" le banalità quotidiane sei un disadattato sociale, è meraviglioso sapere che esiste ancora un'umanità che fa il bene in silenzio, in maniera costante, quotidiana, senza tanti fronzoli e senza gesta straordinarie, ma nella convinzione che la quotidianità del bene, donato e ricevuto, ha un valore inestimabile, che non si svaluta mai, che non si lascia travolgere dalle crisi di alcun tipo, e che ha un indice di contagiosità talmente elevato da far sfigurare "delta", "omicron", e tutte le varianti che in questi mesi hanno occupato le prime pagine di tutti i giornali, e continueranno a farlo. Rendiamo contagioso il bene, nel momento in cui lottiamo per sconfiggere il contagio di questo famigerato virus; e lottiamo anche per sconfiggere un altro virus, ben più pericoloso, ovvero quello dell'indifferenza che si riveste della variante dell'ipocrisia. Perché di bambini poveri per i quali non c'è posto nell'albergo ne nascono a migliaia ogni giorno, in ogni parte del mondo. E se è vero che "a Natale puoi", allora in questo Natale puoi chiedere al bambino di Betlemme che ti apra gli occhi sulle miserie umane e che, cortesemente, te li lasci aperti ben oltre il 6 gennaio prossimo. |