Omelia (26-12-2021)
diac. Vito Calella
Pregare la Parola, centro della vita familiare

L'incontro orante con la Parola di Dio permette la vera testimonianza di pace e di gioia nella vita quotidiana delle nostre famiglie cristiane.
Metti in pratica il quinto comandamento: onora tuo padre e tua madre.
Ascoltando i consigli del libro del Siracide, è come ricevere un commento al quinto dei dieci comandamenti: «Onora tuo padre e tua madre. Così prolungherai la vita sulla terra che Jhwh tuo Dio ti dà» (Es 20,12).
Il prendersi cura dei genitori, soprattutto quando entrano nella terza età, diventa un atto di carità che ha il potere di perdonare molti peccati commessi nel corso della vita: «Chi onora il padre espia i peccati» (Sir 3,4); «L'opera buona verso il padre non sarà dimenticata, otterrà il perdono dei peccati, rinnoverà la tua casa. Nel giorno della tua tribolazione Dio si ricorderà di te, come brina al calore si scioglieranno i tuoi peccati» (Sir 3,14-15).
Un aiuto reciproco tra la comunità e le famiglie cristiane.
Ciò che Cristo risorto ci propone attraverso le parole ascoltate attraverso la la lettera dell'apostolo Paolo ai Colossesi, può essere sperimentato sia nella nostra comunità cristiana che nella vita quotidiana delle nostre famiglie.
Avviene un aiuto reciproco.
La comunità cristiana puó diventare una scuola di relazioni rispettose, basate sul perdono.
Non è facile collaborare insieme, camminare insieme, vivendo tra persone diverse per età, nazionalità, culture, condizione sociale, livello di istruzione, ognuna esercitando il proprio servizio gratuito.
Tutti siamo consapevoli della nostra comune dignità di figli amati dal Padre, poiché attraverso il battesimo siamo «uno in Cristo» (Gal 3,26), camminiamo insieme uniti dallo stesso dono dello Spirito Santo, che abita nei nostri cuori. È il dono dello Spirito Santo in noi a realizzare il nostro «essere rivestiti d sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità» (Col 3,12).
Non esistono comunità cristiane prive di conflitti dovuti alle relazioni umane.
Ma ciò che ci fa guardare oltre i nostri problemi di relazione è il centrare la nostra vita cristiana sulla lettura orante della Parola di Dio: «La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri cuori».(Col 3,16).
L'incontro orante con la parola di Dio rafforza l'azione dello Spirito Santo.
Illuminati dalla Parola e guidati dallo Spirito Santo, possiamo vivere veramente in modo autentico la nostra comunione con il Corpo e il Sangue di Cristo nell'Eucaristia.
Come Gesù al momento della sua morte in croce, «ci ha perdonati» (Col 3,13b), così anche noi abbiamo l'audacia di testimoniare la radicalità della gratuità dell'amore divino mediante il «sopportarci a vicenda e perdonarci gli uni gli altri, se qualcuno di noi avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro» (Col 3,13a.c). Attraverso l'esperienza del perdono reciproco, possiamo diventare cristiani ricolmi della «pace di Cristo nei nostri cuori» e fedeli alla chiamata ad essere «membra di un solo corpo» (Col 3,15): il corpo di Cristo, corpo di unità nella carità nel luogo in cui si trova la nostra comunità.
Questa esperienza comunitaria si riflette nella vita quotidiana delle nostre famiglie, soprattutto nei rapporti di rispetto tra marito e moglie, tra genitori e figli.
Così ci insegna la parola di Dio attraverso l'apostolo Paolo.
La fede celebrata nella comunità richiede che «tutto ciò che facciamo con le parole e con le opere nella nostra vita quotidiana sia fatto nel nome del Signore Gesù Cristo, rendendo grazie a Dio Padre» (Col 3,17) per questa testimonianza di riuscire a fare il legame tra fede celebrata e vita concreta.
Preghiamo allora affinché nelle nostre famiglie si recuperi ciò che sembra così difficile da garantire al giorno d'oggi, data la fretta della vita moderna: la preghiera quotidiana incentrata sulla parola di Dio, pregata insieme tra i familiari o scelta da ciascuno in momenti diversi della giornata.
Senza la preghiera familiare tutto diventa più difficile e si rischia di avere un atteggiamento positivo nella nostra comunità cristiana, mentre nell'ambiente familiare rischiamo di scaricare tutta la potenza negativa dei nostri istinti egoistici, provocando situazioni di divisione, mancanza di dialogo, individualismo, perché la famiglia senza preghiera può diventare più un albergo che un ambiente rispettoso della dignità umana di ciascuno.
L'incontro orante con la Parola di Dio ha plasmato la vita della sacra famiglia.
Guardare alla sacra famiglia è una forza in più per le nostre famiglie, affinché possano diventare piccole "chiese domestiche", dove ciò che si apprende nella comunità cristiana può essere realmente vissuto nella vita quotidiana dei rapporti familiari.
Il racconto del primo pellegrinaggio di Gesù al tempio di Gerusalemme, all'età di dodici anni, insieme a Maria e Giuseppe, ci rivela quanto fosse importante l'incontro orante con la Parola di Dio nella vita quotidiana della santa famiglia di Nazaret.
Se Maria e Giuseppe portarono Gesù in pellegrinaggio al tempio di Gerusalemme quando Gesù aveva dodici anni, è segno che i genitori di Gesù si nutrivano ogni giorno di preghiera incentrata sull'ascolto dei comandamenti della parola di Dio. Essi stavano fedelmente adempiendo ciò che indicava la tradizione religiosa del popolo d'Israele. Cominciarono a istruire il loro figlio Gesù fin dall'età dell'infanzia affinché, all'età di dodici anni, potesse essere riconosciuto come Bar Atorah, figlio della Legge, o Bar Mizvah, figlio del comandamento.
Gesù, infatti, dette prova di essere in grado di leggere, comprendere e interpretare le Sacre Scritture, poiché la scena principale del vangelo lo mostra adolescente che condivide la parola di Dio tra i dottori della Legge nel tempio di Gerusalemme.
Inoltre, il quotidiano incontro orante di Gesù con la parola di Dio, insieme a Maria e Giuseppe, gli permise di compiere la sua scelta fondamentale nella vita: «essere nelle cose del Padre» (Lc 2,49).
Quando Maria e Giuseppe chiesero a Gesù perché fosse rimasto a Gerusalemme, lasciandoli ansiosi in quella angosciosa ricerca, l'evangelista Luca scrive così la risposta di Gesù: «Perché mi cercavate? Non sapevate che devo essere nelle cose di mio Padre?» (Lc 2,49).
«Essere nelle cose del Padre» o «occuparsi delle cose del Padre» (traduzione CEI), non significa semplicemtne "stare nel tempio di Gerusalemme", poiché era considerato la casa di Dio.
Significa molto di più:
- meditare e masticare la parola di Dio con calma e saggezza;
- saper vedere i segni della presenza di Dio nella natura, nei fatti della vita quotidiana;
- imparare con pazienza ad esercitare la propria libertà umana orientando tutte le scelte secondo il discernimento della volontà di Dio Padre;
- percepire in lui l'essenza della presenza divina e dell'azione dello Spirito Santo, che era la forza della sua comunione con il Padre e dei suoi rapporti di rispetto con tutti, a cominciare dai più poveri.
«Essere nelle cose del Padre» per l'adolescente Gesù significava fare dell' "obbedienza" la sua scelta fondamentale per rimanere saldo fino alla fine della sua vita nella via dell'umiltà.
Per la seconda volta, l'evangelista Luca annota che «Maria custodiva tutte queste cose nel suo cuore» (Lc 2,51) mentre il silenzio fermo e sicuro di Giuseppe accompagnava lo sguardo contemplativo della moglie.
Il silenzio di Giuseppe e l'atteggiamento attento di Maria ci aiutino a prenderci cura della vita delle nostre famiglie scegliendo l'essenziale della lettura orante della Parola di Dio, l'essenziale della preghiera fatta in casa.
Potremo così assaporare la benedizione divina recitata attraverso tutte le belle parole del Salmo 127, considerata una delle preghiere più significative sulla vita familiare: «Beati quelli che temono il Signore e camminano nelle sue vie» (Sal 127,1).