Omelia (26-12-2021)
don Mario Simula
La famiglia che vorrei

In quella casa aleggia la normalità. La virtù semplice, senza ostentazioni, vissuta come una consuetudine. La virtù e ogni virtù che distingue le persone abituate ad accorgersi di chi gli sta accanto.
Ne conosce, quindi, i gusti, le esigenze, le venature di tristezza e gli scoppi di gioia, le difficoltà interiori e quelle legate ad una quotidianità spesso difficile e impegnativa.

Giuseppe, padre senza esserlo, ma capace di vivere la paternità come una missione altissima e carica di trepidazione. Uomo ancorato al silenzio interiore, lui che tutto aveva capito della sua vita e della sua vocazione, proprio attraverso il silenzio. Sposo tenero e solerte. Attento ad ogni bisogno, premuroso, vigilante, come una sentinella, sulla vita sempre fragile di una giovane donna e di un bambino. Maestro di virtù per Iddio, con quella umiltà di chi sa di essere stato coinvolto in un compito più grande di lui, ma al quale Dio lo ha formato nell'assiduità della preghiera. Uomo capace di amore, quello richiesto dalla condizione di una Donna prediletta dal Signore: casto, dolcissimo, misurato e totale. Maria, sposa di Giuseppe e dello Spirito; madre del figlio nato da donna, e di Dio increato. Mistero in se stessa, come un libro nel quale il Signore ha racchiuso i racconti più commoventi dell'amore. Capace di amare il suo sposo come sa fare chi da Dio, ogni giorno, apprende l'arte del dono pieno di sé. Purissima e tenerissima, donata a Giuseppe e riservata sempre per Iddio. Donna di casa e delle case. Della sua famiglia e delle famiglie. Tutta di casa e tutta dei vicini, del prossimo. Immagino questa donna dai tratti fini e delicati, che solo la mano di Dio ha potuto progettare, disegnare e modellare. Ogni giorno aperta a qualsiasi vita che chieda tutto l'amore. Madre di un Figlio che nasconde la divinità vertiginosa di Dio e manifesta, ogni giorno, il nascondimento sconvolgente dentro la scorza della nostra umanità. Dio fatto carne.

Maria è lì, accanto ad una Presenza che non la imbarazza. Al massimo può crearle desiderio: quello di essere tutta e tutto per Lui. Attenta, educatrice che sa apprendere, maestra di vita soprattutto per quanto riguarda gli affetti, le relazioni, il tratto umano. Gesù il Figlio al di sopra di ogni creatura, diventato creatura. Cresce perché è vero uomo. Ama e soffre perché ha cuore di uomo. Sceglie perché ha volontà di uomo. Obbedisce perché dell'uomo sperimenta il limite. I suoi occhi sono sempre dentro quelli del Padre-Dio e dentro ogni sguardo umano che abbia bisogno di forza e di tenerezza. Sono gli occhi che guardano, contemplandola, la Madre. Occhi che guardano con commozione il "padre". Occhi che sanno fissare l'esistenza di ciascuno con coinvolgimento compromettente, perché Gesù non attraversa la nostra vita senza compromettersi in essa.

Gesù, Maria e Giuseppe pregano insieme, immagino con quale gioia e confidenza. Insieme consumano i pasti di ogni giorno, con la sobrietà e l'umiltà riconoscente dei poveri. Costruiscono insieme le sorti di una famiglia legata al lavoro quotidiano e che forse non permette di arrivare "alla fine del mese", con le poche risorse che riesce ad offrire. Insieme affrontano i problemi dell'adolescente Gesù che lascia nell'angoscia i genitori, perché decide di trattenersi a Gerusalemme a parlare del Padre-Dio con i dotti del Tempio. Tra di loro circola la Bellezza e il Fuoco dello Spirito. Come Gesù, Maria e Giuseppe crescono, negli anni, nella saggezza e nella grazia. Percorrono la strada che porta all'incontro dell'Amore. Uno sostegno, esempio, vita dell'altro. E' proprio difficile comprendere. Ma come è bello e consolante comprendere!


Gesù, tu hai vissuto come me in una famiglia. Ci pensavo, cercando di tornare indietro nel tempo.

Ricordo che nella mia famiglia, come in una piccola chiesa domestica, i momenti di preghiera si ripetevano durante la giornata.

Il primo gesto del risveglio era il segno della croce. Diventava anche l'ultimo sigillo prima del riposo.

Mio padre e mia madre erano i maestri di questa e di ogni altra preghiera.

Insieme con i miei fratelli e sorelle celebravamo il rosario.

Ogni giorno andavo alla messa del mattino con mia mamma. Un po' recalcitravo per l'ora. Poi mi sentivo addosso il caldo della sua mano. Bastava questo amore per non opporre resistenza.

La preghiera era il respiro della casa.

Gesù, Nazareth era molto di più. Credo che i miei genitori guardassero molto il vostro esempio. Gesù nella tua famiglia, a Nazareth, era evidente la povertà e la sobrietà. Vivevate del lavoro quotidiano, non certamente redditizio, ma vissuto con nobiltà e dignità. Tu stesso, Gesù, svolgevi il tuo compito assiduo, affidabile e umile. Le poche risorse non chiudevano la porta ai più poveri. La condivisione generosa prevaleva su tutto.

Gesù, forse ricordi tutte le volte nelle quali mamma mandava noi, figli ancora fanciulli, dalla vicina in difficoltà per offrire con delicatezza il nostro aiuto. La raccomandazione era questa:"Siate sorridenti e che nessuno vi noti". L'apprendimento del vangelo è avvenuto in famiglia.

Gesù, oggi comprendo quanto bisogno ci sia di famiglia. Nell'ambiente carico di cuore e di essenzialità si arriva a sperimentare silenzio, ascolto, perdono, accoglienza, umanità.

Gesù, sento il bisogno di dirti che mio padre impulsivo, a volte, ma sempre incorruttibile oltreché credente rude, era parte in causa per primo in questo percorso educativo. Gesù, non voglio vivere di ricordi nostalgici.

La preghiera che ti rivolgo è soltanto il mio grazie.

Tu, Gesù, sei testimone che se mi chiedono il racconto della mia vocazione non so rispondere. È stata una risposta alla vita di famiglia. Quotidiana e naturale. Gesù, le cose si sono complicate quando ci hai messo le mani tu per chiedermi amore e decisione.

A pensarci bene, le cose erano andate allo stesso modo anche per i miei genitori: ogni tuo amore è ugualmente esigente.

Gesù, lo sarà sempre. Anche oggi e domani e fra millenni.