Omelia (26-12-2021) |
don Alberto Brignoli |
Nulla di diverso da tutti noi Continuiamo a dare per scontato che esista un solo modello di famiglia, il modello classico composto da papà e mamma tra loro regolarmente sposati, con figli, protetti da una "pellicola" di serenità che viene dalla vita di fede e che fa della famiglia cristiana un modello per la società, come la famiglia che vive nei pressi del bianco mulino immerso tra campi di grano, capace ancora di fare colazione tutta unita alle 7.30 col sorriso sulle labbra... A mio avviso, la famiglia del bianco mulino è una famiglia problematica, anche solo per un motivo molto semplice: che non è vera. Come non è vera, e non esiste, la famiglia cristiana "ideale" e "idealizzata", che risponda ai criteri e ai canoni della fede: e questo, è quanto molti ancora si ostinano a credere che sia non solo possibile, ma anche giusto e doveroso. Ammesso che ci sia stato un periodo in cui tutto era lineare e sereno all'interno delle nostre famiglie, di certo questo periodo non c'è più, e non c'è più da parecchio tempo, ormai. Non possiamo vivere di illusioni e di visione idealizzate: un modello tradizionale di famiglia oggi non esiste più. Esiste una pluralità talmente ampia di espressioni di vita familiare che nessuno più, oggi, è in grado di dire quale sia quella prevalente o quella che possa essere presa a modello. E questo, non per essere qualunquisti, non per dire che "qualsiasi cosa va bene", ma proprio per l'esatto contrario: ovvero che il concetto classico e tradizionale di famiglia che reggeva fino ad alcuni decenni fa, oggi non va più bene per qualsiasi altra forma di vita di coppia o di vita con figli. Cosa sia meglio o cosa sia peggio, nessuno lo può dire, anche perché ogni caso va valutato singolarmente: sta di fatto che non possiamo più ostinarci a rimanere fermi su un concetto univoco di "modello" di famiglia come un ideale da raggiungere. Perché a guardare bene, neppure la famiglia di Nazareth può essere presa a modello nel senso di "ideale di perfezione" da raggiungere. Il suo essere modello viene piuttosto dalla sua vicinanza, dal suo essere simile a tante delle nostre espressioni familiari. Simile nella sua quotidianità, nella sua semplicità, ma anche nella ingenuità delle sue scelte, nella poca attenzione a tutti i momenti della vita di famiglia, nella incapacità a trovare un modello educativo che vada bene in ogni situazione, nella fatica a comprendere quale sia il bene di ogni componente della famiglia. Leggevo nei giorni scorsi la vicenda di un ragazzo che, fermo per una sosta in autogrill della comitiva che viaggiava in pullman per una gita alla quale partecipavano anche i suoi genitori, alla ripartenza non ha preso lo stesso autobus, bensì uno di un'altra comitiva che andava verso una destinazione diversa. I suoi genitori erano seduti davanti sul loro pullman, con altre coppie, chiacchierando allegramente, convinti che il figlio fosse con gli altri ragazzi sul fondo del bus. Lo stesso pensavano gli altri: visto che era un tipo solitario e taciturno, pensavano si trovasse seduto da solo o con i genitori. Fatto sta che ci si è accorti della sua assenza sul pullman dopo diverse ore di viaggio. Rintracciarlo con il cellulare era impossibile, perché non ne era in possesso, e allora parte una caccia al ragazzo che, grazie al circuito di telecamere delle autostrade, viene rintracciato a circa 450 km rispetto a dove avrebbe dovuto trovarsi. E nel momento del ricongiungimento con i suoi, al rimprovero del padre e della madre, risponde beatamente che nessuno di loro si era preoccupato di cercarlo prima che il pullman ripartisse, segno che più di tanto non stava loro a cuore. Episodio drammatico terminato felicemente, ma di fronte al quale ci verrebbe voglia di urlare contro la sbadataggine del ragazzo e contro l'irresponsabilità dei genitori. Ma nemmeno per l'anticamera del cervello ci potrebbe passare il pensiero che questo avvenne anche duemila anni fa sulla strada che da Gerusalemme portava a Nazaret, e non a una famiglia di irresponsabili sbadati, ma a quella famiglia che noi idealizziamo sempre come la famiglia "perfetta" a cui ispirarci. Perché, invece di idealizzare la famiglia di Nazareth, non la sentiamo vicina a noi in tutte queste sue imperfezioni e in tutte le sue bellezze? Perché non iniziamo a guardare al rapporto di Gesù con i suoi genitori come a un rapporto molto simile a quello dei nostri adolescenti con i loro genitori, spesso conflittuale e fatto anche di risposte poco carine da parte dei figli? Perché non vediamo nelle domande spesso senza risposta dei genitori riguardo ai comportamenti dei figli la stessa domanda di Maria al figlio perdutosi nel tempio? In quel "Perché ci hai fatto questo?" di Maria a Gesù ritrovato dopo tre giorni nel tempio possiamo ritrovare tante domande angosciate di genitori che non riescono a comprendere fino in fondo i comportamenti dei loro figli. Questa angosciata espressione di Maria sta a significare come si investe sempre molto sui figli e sul loro futuro, ma poi spesso le loro scelte e i loro comportamenti ce li rivelano diversi da come noi li vorremmo. Penso che il nocciolo della questione, per un genitore credente che desidera prendere a modello per la propria famiglia quella di Nazareth, stia proprio qui: i figli e le loro scelte di vita sono il frutto della nostra educazione oppure con loro c'è di mezzo un Dio che li deve "occupare nelle sue cose" come è stato per Gesù sin da fanciullo? Dobbiamo indirizzare i figli verso scelte di vita che a noi paiono adeguate a loro, oppure dobbiamo impostare le nostre scelte educative e quindi la vita di famiglia su un'idea di libertà per cui ognuno in famiglia sceglie le proprie inclinazioni, giuste o sbagliate che esse si rivelino? Forse tutto parte da un concetto molto presente nella vita della famiglia di Nazareth, e cioè che i singoli membri di una famiglia e le loro scelte di vita vanno certamente lasciati liberi, ma perché in fondo non ci appartengono, non sono nostri, bensì di Dio, ed è lui che dispone, secondo il suo disegno, della vita di ognuno. Accettato e compreso questo concetto di fondo, ne viene di conseguenza pure l'accettazione di quello che oggi la Liturgia ci propone come "modello" di vita familiare: • i figli sono "offerti al Signore" (così come si esprime Anna nella prima lettura) per ciò a cui egli li chiama, perché essi non appartengono ai loro genitori, ma sono dei doni ricevuti da Dio e come tali non dobbiamo appropriarcene avidamente, ma ringraziare Dio per le scelte di vita a cui lui li vorrà chiamare. E se i figli fanno scelte che non stravolgono la natura delle cose, la difesa della vita e i valori e i principi a cui li abbiamo educati, vanno assecondati nelle loro scelte, anche se a noi possono risultare poco comprensibili; • i genitori devono essere messi nella possibilità di comprendere il "perché i figli ci hanno fatto questo", quando li interrogano al riguardo. Gesù ha risposto a sua madre motivando la sua scelta di rimanere nel tempio: per cui, è doveroso che i figli sappiano motivare il perché di scelte che a loro possano sembrare strane. La cosa peggiore è fare scelte di qualsiasi tipo di nascosto, senza mai motivare nulla in casa, pensando spesso di farla franca. Si fa solo del male ai propri cari...; • i genitori rimangono comunque dei punti di riferimento a cui "stare sottomessi", per poter crescere in "età, sapienza e grazia". "Stare sottomessi" non è un invito alla schiavitù o alla padronanza, ma è la presa di coscienza che chi ha più anni di noi è come chi sta su una collina in un punto più in alto di noi: vede meglio di noi il panorama della vita, perché quella strada, lui, l'ha già percorsa, capendone i limiti e valorizzandone gli elementi positivi. E perché i figli stiano sottomessi servono genitori che siano "sopra messi", che stiano sopra, e non allo stesso livello dei figli... • infine, la vita va vissuta come faceva Maria, "meditando in silenzio queste cose nel suo cuore". Significa che non sempre nella vita di famiglia riusciamo a capire i pensieri degli altri, le loro scelte, i loro comportamenti, le loro inclinazioni, spesso nemmeno i loro sentimenti: ma la vita va vissuta lo stesso con intensità e fiducia negli altri, certi che Dio ci aiuta, a poco a poco, a farci comprendere quale disegno ha su coloro che condividono con noi un pezzo di questo sentiero della vita. |